Aprire i negozi anche in zona rossa. Federmoda Busto Arsizio propone il “marchio di garanzia”
I fiduciari cittadini di Federmoda Confcommercio lanciano l’idea: «Un logo all’ingresso per annunciare ai clienti che all’interno il personale è stato sottoposto a tampone o (si spera al più presto) è stato vaccinato»
«Siamo disposti a garantire ai clienti l’accesso sicuro al cento per cento nei nostri negozi. Come? Esponendo all’esterno un marchio “Covid free” con il quale si certifica che il personale all’intero si è sottoposto a tampone. Aspettando le vaccinazioni che, speriamo al più presto, assicurerebbero il livello più alto di sicurezza. Proprio come si sta pensando dio fare nelle scuole». La proposta parte da Busto Arsizio e ha l’ambizione di allargarsi a livello provinciale e regionale. A formularla sono i tre fiduciari cittadini di Federmoda Confcommercio: Cristina Riganti (vicepresidente provinciale), Davide Usuelli e Roberto Colombo (consiglieri provinciali).
Abbigliamento e calzature: i numeri di Busto
Abbigliamento (adulti e bambini); tessuti; biancheria intima; cappellerie; calzature e accessori, sono le principali attività (170 quelle bustocche per oltre 500 addetti) che fanno capo alla Federazione. Questi i numeri in città di un settore tra i più penalizzati dai vari lockdown: 19 chiusure nel periodo gennaio 2020/febbraio 2021 (fonte Camera di Commercio Varese); una perdita media di fatturato tra le attività cittadine del 20% (fonte Ascom Busto Arsizio); andamento choc dei saldi invernali con oltre il 40% di calo in gennaio e più del 20% in febbraio (fonte Confcommercio nazionale). E come se non bastasse, la Lombardia dallo scorso lunedì 15 marzo è in zona rossa, con la conseguente richiusura dei negozi.
Nel frattempo, è arrivato il Decreto sostegno, nel quale erano riposte molte aspettative e che invece, a conti fatti, «prevede ancora una volta contributi economici assolutamente inadeguati alle perdite subite».
Un “marchio” di garanzia a tutela dei clienti
Ma i tre portavoce di Federmoda, nonostante tutto, vogliono guardare avanti. Non vogliono che gli investimenti fatti (parte dei quali coperti dai bandi camerali e regionali) per mettere a norma i negozi vengano vanificati. Anzi, rilanciano: «In attesa di una accelerata della campagna vaccinale, proponiamo sin da ora l’introduzione di una sorta di “marchio di garanzia” con il quale assicurare al cliente di turno che nel negozio nel quale sta entrando non c’è rischio di contagio, perché il personale è stato sottoposto a tampone. Un po’ quello che si sta pensando di fare nelle scuole: uno o due tamponi alla settimana che potremmo certificare, avvalendoci di una apposita misura da inserire nei nostri protocolli. In tutto, ovviamente, continuando a rispettare le norme in vigore».
«Come dovrebbe accadere per gli studenti», proseguono, «il tampone da utilizzare sarebbe quello meno di fastidioso, ovvero quello salivare. Per quanto riguarda la copertura dei costi, invece, la Regione potrebbe riservare degli appositi fondi, magari tramite un bando ad hoc, sulla falsa riga di quelli che ci hanno consentito di coprire parte degli investimenti per adeguarci alle norme di sicurezza anti Covid. Crediamo possa essere questo un modo per evitare di abbassare le saracinesche ogni due o tre settimane e di restare aperti anche in zona rossa con continuità fino a quando l’emergenza sanitaria non terminerà».
Riganti, Usuelli e Colombo, propongono insomma un ulteriore passo avanti, nonostante tutti quelli compiuti: «Già oggi con il rispetto dei protocolli previsti per la nostra categoria, garantiamo un altissimo livello di sicurezza certamente superiore a quello, ad esempio, della grande distribuzione, dove assembramenti e distanziamenti non sempre sono quelli previsti dalle misure in atto».
Programmazione, regole certe e controlli
Infine, in attesa che la soluzione dei negozi “Covid free” venga presa in considerazione, i tre fiduciari di Federmoda chiedono «una seria programmazione su aperture e chiusure, oltre a regole certe accompagnate da controlli puntuali per i evitare che qualcuno approfitti delle concessioni “settoriali” per vendere ogni tipo di capo».
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