Più poveri per colpa del Covid, la Casa della Carità della Brunella aggiunge posti a tavola
Viaggio nella struttura di Varese che accoglie gli emarginati e ora anche i "nuovi poveri". Quasi 90 i pasti giornalieri serviti ma nei momenti del lockdown si è arrivati anche a 150. Il racconto di Don Marco Casale e dei volontari
Nell’angolo dell’emporio c’è una piccola sedia con un tavolino e sopra fogli e pennarelli. Mentre mamma e papà girano per le corsie, solo due come in un piccolo negozio, i bimbi possono giocare e colorare. Un piccolo angolo di normalità in un luogo che ha fatto dell’accoglienza la sua ragione di vita.
L’emporio è nella Casa della Carità di via Crispi, alla Brunella, dove un tempo c’erano “i frati”. La chiesa è imponente e spicca sulla piazza ma il vero “monumento” sta dietro il santuario. Un luogo che da sempre accoglie gli indigenti, gli “ultimi”: li sfama, li veste, non li fa sentire soli. E da quando la pandemia ci ha investito e travolto, accoglie anche i “nuovi poveri”, quelli che fino a ieri avevano un lavoro e una vita regolare ed oggi non riescono a mettere in tavola un piatto caldo.
A gestire la Casa della Carità c’è Don Marco Casale, insieme ad un nutrito gruppo di volontari, quasi 150 e ai dipendenti della cooperativa San Luigi. L’organizzazione è complessa una sorta di rete che parte da “Farsi Prossimo” l’associazione che riunisce le parrocchie del decanato di Varese, e che coinvolge la Caritas, l’associazione Pane di Sant’Antonio e l’Emporio Solidale della cooperativa Intrecci. Le maglie di questa rete sono così fitte che qualunque bisogno primario trova, anche se solo in piccola parte, soddisfazione.
I numeri, freddi come sempre, mettono in luce una situazione davvero cupa: i pasti erogati nel 2020 sono stati 32.024 con un aumento del 40% rispetto al 2019.
Maggio 2020 è stato il mese con maggior numero di pasti serviti (3.940). Il giorno con più affluenza è stato il 29 aprile 2020 con 153 persone.
L’aumento più significativo è stato tra aprile e giugno durante il primo lockdown. 87 la media dei pasti giornaliera serviti. In coda per il pranzo, dalle 10.30 del mattino, non ci sono solo stranieri, da molti mesi a questa parte ci sono anche famiglie italiane. Le riconosci anche perché sono smarrite, persino imbarazzate. E a quel punto è chi le accoglie che fa tutta la differenza del mondo.
Accanto a Don Marco Casale, c’è Matteo Aimetti, giovane ex scout che chiama tutti per nome, sorride e trova qualcosa da dire a ognuno, Dario Giacobazzi, responsabile dell’Emporio e Davide Zanzi che lavora nella cooperativa San Luigi. Solo alcuni delle persone impegnate nella Casa della Carità.
L’accoglienza
«C’è chi arriva con in mano la bolletta della luce o del gas – spiega Tania Jemoli, la volontaria che si occupa dell’accoglienza – Tocca a noi spiegare che non possiamo pagare le loro bollette ma diciamo come possono fare per chiedere contributi comunali o statali. Poi cerchiamo di capire quali sono i bisogni reali: se hanno una casa, figli piccoli, se sono già seguiti dai servizi sociali. Se una famiglia non ha il gas, non può lavarsi o cucinare, quindi forniamo pasti caldi da portare a casa e mettiamo a disposizione le docce».
Chi si rivolge alla Casa della Carità riceve una tessera che lo rende “riconoscibile” e permette una gestione precisa e puntuale dei servizi: i pasti, la spesa a costo zero con tessera punti a scalare, l’accesso all’armadio, alle docce e alla farmacia. Insomma, chi passa il tornello dell’entrata utilizzando la propria tessera poi viene seguito passo passo.
Don Marco Casale
«La Casa della Carità accoglie quasi mille persone. Il nostro compito è prima di tutto aiutare e sostenere chi si trova in un momento d’emergenza e di bisogno e poi accompagnarlo a ritrovare la propria autonomia – spiega Don Marco – . Questo luogo nasce nel 2013 dopo che i frati hanno lasciato il convento e l’attività della mensa e dell’armadio del povero. Io, responsabile della Caritas, ho avuto il compito di riorganizzare i servizi. Negli anni abbiamo aggiunto il servizio di accoglienza e un ambulatorio di medicina di base con la distribuzione gratuita di farmaci. I primi nostri ospiti sono quelli che subiscono la grave emarginazione, quelli che non hanno nulla: non hanno casa e non sono in grado di provvedere al cibo. Ma ci sono anche nuclei con minori a carico quelli che si definiscono le nuove povertà: famiglie che sono diventate povere senza esserlo mai state prima. Sono 50 per cento di italiani e 50 per cento stranieri, una situazione molto diversa rispetto a qualche anno fa quando era netta la prevalenza di stranieri. Il nostro compito però non è solo quello di sostenere e aiutare gli indigenti – continua Don Marco -, noi dobbiamo cercare di fare in modo che queste persone che si affacciano alla soglia di povertà non cadano in una situazione irreversibile, che impedisca loro di risalire e tornare ad una situazione di normalità e autonomia».
La Casa della Carità vive di donazioni e dei contributi delle parrocchie. Non è semplice quando la cifra che occorre reperire si aggira sui 250 mila euro l’anno. «Al 90 per cento la casa della carità vive del lavoro dei volontari, di quanto donano le parrocchie, di donazioni dell’associazioni, delle aziende e dei singoli – conclude Don Marco-. Vale qualunque atto di generosità: anche piccole donazioni di tanti. Ma per noi sono importanti perché questo è il modo in cui la città dimostra di stare al fianco delle persone povere ed emarginate. Abbiamo davvero bisogno dell’aiuto di tutti» (per informazioni 0332 2326 35 oppure 331 3546438 tutte le mattine, dal lunedì al venerdì)
Emporio solidale Cooperativa Intrecci
Attivo dal 2015 è un progetto di Caritas Ambrosiana. E’ un piccolo minimarket, a tutti gli effetti, con prodotti essenziali. Invece del cartellino con il prezzo, c’è il valore in “punti”. Il perché lo spiega Dario Giacobazzi: «Le famiglie che vengono qui a fare la spesa – dice – sono segnalate dalla Caritas. Ognuna di loro riceve una tessera punti a scalare. Possono venire due pomeriggi la settimana e decidere se fare una spesa unica oppure tante piccoli acquisti, l’importante è che stiano entro il loro budget mensile. Si tratta di famiglia vulnerabili, ovvero persone che a causa della crisi economica e del covid vivono situazioni di disagio dal punto di vista economico. Si cerca di aiutarle a non sprofondare nella povertà estrema insegnando anche la lotta allo spreco. Molti prodotti hanno una scadenza ravvicinata ma noi spieghiamo la differenza tra la data di scadenza e il termine minimo di conservazione. All’emporio conserviamo gli alimenti alla giusta temperatura e quindi i nostri prodotti si possono consumare in tutta sicurezza anche oltre la data di conservazione».
Anche l’Emporio conta sulle donazioni che permettono di rifornire gli scaffali di cibo e non solo. Leroy Merlin di Solbiate Arno, ad esempio, si è fatta promotrice di un progetto interessante; la lampadina solidale: «Ci hanno donato lampadine a basso consumo – spiega ancora Dario – che possono essere acquistate a prezzo quasi simbolico. Inoltre ci hanno messo a disposizione attrezzi, come trapani o frese, che possono essere prese in prestito e poi restituite all’emporio».
Ma sugli scaffali ci sono anche i quaderni, le penne gli album da disegno perché anche comprare il materiale scolastico può essere un problema se non hai i soldi neppure per il pane.
La Cooperativa San Luigi Onlus
Matteo Aimetti è coordinatore della cooperativa San Luigi Onlus. È giovane ma ha fatto una serie di esperienze anche all’estero che lo ha portato a scegliere di vivere accanto a chi non ha nulla e aiutare le persone ad uscire dall’emarginazione. E’ suo il compito di affiancare Don Marco nella gestione e nell’organizzazione della Casa della Carità: dalla mensa alle docce, dall’armadio alla distribuzione delle medicine. Insieme a Davide Zanzi, con l’arrivo della pandemia, ha riorganizzato il servizio mensa. «La pandemia è stata l’occasione per ripensare qualche servizio: le docce, ad esempio, strutturandole su appuntamento, così come il guardaroba. La mensa è stata riorganizzata: c’è stato un momento in cui non potevamo più accogliere alla Casa della Carità chi veniva a mangiare e abbiamo cominciato a distribuire il cibo dal cancello, in via Marzorati. Ora siamo riusciti ad aprire un locale dedicato ai senza fissa dimora dover riusciamo ad accogliere 40/45 persone. L’accesso è libero ed è il luogo in cui non solo si trova un pasto caldo ma anche il posto in cui ci si può confrontare e fare due chiacchierare».
«Sono prevalentemente uomini – spiega invece Davide – Alcuni hanno storie complesse. La parrocchia ci ha messo a disposizione un locale che abbiamo attrezzato con tavoli e divisori in plexiglass. In cucina abbiamo anche cuochi di ristoranti famosi che si sono offerti, un giorno alla settimana, di venire a preparare i pranzi per i nostri ospiti. Loro non lo sanno, ma quel giorno mangiano “stellato”»
E’ Matteo (a sinistra nella foto, a destra Davide) che ha in pugno i numeri: « Da gennaio a dicembre 2020 le persone hanno usufruito di 1.148 docce, con la distribuzione di prodotti anti Covid. Gli uomini erano l’86% dei beneficiari, mentre il restante 14% era costituito da donne.
La farmacia invece è gestita da quattro farmacisti professionisti volontari. Il totale degli accessi è pari a 775, gli utenti che hanno usufruito del servizio sono 231. Lo sportello accoglienza, oltre alla registrazione delle tessere, ha come obiettivo il coordinamento con gli uffici Caritas e con i Servizi Sociali dei Comuni per identificare meglio le necessità delle persone bisognose. Il totale dei nuovi accessi nel 2020 è stato di 312 persone.
Hanno usufruito del guardaroba 1322 persone, con cambi effettuati nei giorni stabili per uomini, donne e famiglie. All’emporio invece hanno avuto accesso 1.357 famiglie in difficoltà».
A fare la spesa ci sono Luigi e Nayal (i nomi sono di fantasia): due storie diverse, un destino comune. Luigi ha 62 anni: aveva un lavoro come muratore, una casa. Poi la figlia di 22 anni è morta in un incidente stradale e il dolore gli ha letteralmente spezzato il cuore; un infarto l’ha reso inabile. Piano piano è scivolato nella povertà: ha perso la casa, non ha più avuto i soldi per comprare da mangiare per sé e per la moglie. E allora si è rivolto alla Casa della Carità: «Non mi vergogno affatto. Non vado a rubare, qui mi hanno dato una mano, mantengo la mia dignità. Il Comune di Varese ora mi ha dato un piccolo appartamento e un pezzettino di orto da coltivare. Sto tornando a vivere».
Nayal invece viene dalla Spagna, ha due bimbi piccoli e cerca lavoro: sorride, parla e sorride. «Ho due bimbi piccoli, mio marito fa il parrucchiere a Gallarate. I nostri parenti sono lontani e nessuno può darci una mano. Il Covid ci ha messo in difficoltà: il negozio è rimasto chiuso per tanto tempo, io non ho un lavoro. Aspettiamo e intanto veniamo qui a fare la spesa e a prendere qualche vestito». Ringrazia di averla ascoltata, prende il suo carrello pieno di prodotti alimentari che non valgono denaro, ma molto di più, e si allontana.
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