Il confine che “separa“ dagli affetti: 2000 famiglie scrivono a Roma
Troppo macchinoso il ricongiungimento famigliare fra persone che lavorano in un Paese e vogliono muoversi nell’altro, dove vivono i famigliari. La missiva inviata a Roma a firma: “Coppie Italia Svizzera e non solo"
Caro Governo, occupati dei nostri affetti famigliari oltreconfine messi a dura prova dalle regole anti covid. Firmato: “Coppie Italia Svizzera e non solo“.
In questi giorni l’apertura delle frontiere, che rappresenta una necessità anche economica rappresentata dalle richieste di amministratori e parlamentari, costituisce un sogno anche per diverse famiglie alle prese con le misure imposte dalle regole per limitare la pandemia che impongono giorni di quarantena se si vuole raggiungere i propri famigliari per un semplice ricongiungimento.
Così un gruppo di cittadini che si firma “Coppie Italia Svizzera e non solo” ha inviato una mail al Governo italiano per investirlo della questione. Portavoce della richiesta Pietro Ceccuzzi, ricercatore, naturalista e insegnante, uno dei tanti che fa “un po’ di qua e un po’ di là“ dalla frontiera. Non è un frontaliere, insomma, ma ha la cebessità per questioni famigliari di spostarsi.
Scrive Ceccuzzi, nella lettera ai ministri Speranza e Di Maio: «Siamo un gruppo costituito da più di 2000 persone: ci chiamiamo “Coppie Italia Svizzera e non solo”, e siamo la mera rappresentazione di famiglie e coppie sposate e non residenti in Italia e in Svizzera sfortunatamente toccate dall’ordinanza emanata circa i rientri dall’area Schengen. Ci sono padri/madri con figli oltre confine, fidanzati/fidanzate oltre confine, coniugi oltre confine, e anche tanti, tantissimi Italiani residenti in Svizzera. Con questa mail Vi chiediamo gentilmente di cambiare l’ordinanza che ci obbliga ai 5 giorni di quarantena in quanto crea una disparità di trattamento tra chi abita in Italia e può raggiungere i propri affetti stabili in un’altra regione e chi invece deve varcare il confine nazionale anche se per pochi chilometri».
Qualche esempio? «Una persona che per lavoro abita da lunedì a venerdì in Lombardia, può raggiungere per il weekend l’abitazione che condivide col partner o la famiglia in Toscana (deroga al divieto di spostamento tra regioni). Una persona che per lavoro abita da lunedì a venerdì a Lugano, per raggiungere per il weekend l’abitazione che condivide col partner o la famiglia a Milano, deve fare un tampone prima di partire, 5 giorni di quarantena e un altro tampone».
Macchinoso, problematico. Un fatto che non si concilia minimamente coi tempi delle famiglie. Per Ceccuzzi «questa è una disparità di trattamento che costringe molte persone a rinunciare a vedere i propri figli, coniugi o partner e ci classifica come turisti. Non siamo turisti! Siamo famiglie, partner, persone a cui state togliendo il diritto di potersi ricongiungere, il diritto alla famiglia. Non vogliamo andare al mare alle Canarie, vogliamo recarci con mezzo privato, treno o aereo senza soste presso l’abitazione che frequentiamo con continuità e periodicità, come del resto è consentito per i residenti in Italia».
Da qui l’appello: «Questa disparità sta mettendo in crisi noi e le nostre famiglie che per motivi di lavoro dobbiamo già sopportare un difficile rapporto a distanza. Come è giusto che un americano entri in Italia con volo covid tested non soggetto a quarantena, é altrettanto giusto concederci una deroga che ci permetta di varcare il confine solo con tampone negativo. Germania e Francia già operano in questo senso concedendo rispettivamente l’ingresso senza quarantena se per soggiorni non superiori a 72 ore a coloro che fanno ingresso per far visita a parenti di primo grado (o partner non conviventi), e l’ingresso previo tampone negativo. Vi chiediamo di considerare il ricongiungimento familiare e fra partner come motivi di necessità e di estrema urgenza, come da deroghe all’articolo 51 comma 7. Non ci fermeremo finché non otterremo una risposta. #nonsiamoturisti».
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