Dare rilievo alle conseguenze psicologiche di bambini e ragazzi confinati in casa
La reclusione forzata, soprattutto per le giovani generazioni, ha alimentato una sensazione di disagio, di smarrimento, di paura e di incertezza

Egregio Direttore,
dall’inizio della pandemia da Covid-19 è ormai trascorso un anno e l’emergenza sanitaria non è ancora terminata. Oltre al giustificato allarme e le moltissime vittime causate dal coronavirus, in maggior parte di età avanzata e con patologie pregresse, ma si sono registrati casi di decessi di persone giovani, secondo il mio modesto parere, non è stato messo abbastanza in rilevo l’aspetto psicologico dovuto al confinamento tra le mura domestiche imposto dai vari DPCM.
Soprattutto nei bambini e adolescenti, l’Istituto Superiore di Sanità ha quantificato in circa il +30% l’aumento degli atti autolesionistici, dei tentativi di suicidio e dei suicidi tra i giovani nella fascia d’età 15-24 anni. C’è stata un’impennata della vendita di antidepressivi, ansiolitici e ipnotici per il forzato isolamento stabilito per combattere il contagio.
La Didattica a Distanza, pur necessaria all’assicurazione della continuità del percorso scolastico, ha però inibito quello che è il più elementare bisogno dei bambini e dell’essere umano a tutte le età: la socializzazione con i propri simili. La dimensione relazionale, affettiva e fisica, così importante, è stata relegata in secondo piano.
L’isolamento sociale sancito dai Governi Conte e Draghi, di fatto, hanno esacerbato il progressivo isolamento, dove le relazioni umane, gli abbracci, i baci, le carezze e il fare l’amore sono stati di fatto impediti e la rabbia per l’impossibilità del contatto fisico, di vedere gli amici, i parenti, i fidanzati, può esplodere in maniera pericolosa.
Aristotele diceva: “l’uomo è un animale sociale”, ma di fatto la reclusione forzata, soprattutto per le giovani generazioni e in chi già precedentemente soffriva di patologie mentali, ha alimentato una sensazione di disagio, di smarrimento, di paura e di incertezza, non solo dal punto di vista lavorativo, ma anche in quello, forse più importante dell’equilibrio psichico.
Solo una personalità forte, autocentrata ed stabile può resistere a uno stress così prolungato.
Certamente la priorità ora è il ritorno alla normalità, che si deve manifestarsi con la riapertura dei luoghi pubblici d’incontro che non siano gli anonimi supermercati o i posti di lavoro dove la socialità è stata sminuita dallo smart working.
Dei giovani che hanno perso la vita suicidandosi, del fatto che i bambini e gli adolescenti saranno adulti insicuri nel futuro per non aver potuto confrontarsi con i propri coetanei, per i nipoti che hanno paura di abbracciare i nonni per paura del contagio, qualcuno dovrà pur renderne conto.
Cordiali saluti
Franco Brogioli
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