La cultura genera coesione sociale e anche 90 miliardi di euro

Presentato il rapporto della Fondazione Symbola "Io sono cultura". Più di 24 miliardi di euro e 353 mila addetti collocano la Lombardia ai vertici del panorama culturale italiano

Generica 2020

Dopo aver ascoltato “Io sono cultura, l’Italia della qualità e della bellezza sfida la crisi”, rapporto della Fondazione Symbola, e i risultati dell’indagine del Centro Studi Guglielmo Tagliacarne -Unioncamere, c’è già una risposta alle tante domande sulla  ripartenza dell’Italia. Se c’è infatti qualcosa che può dare un senso alla sfida posta dalla crisi pandemica, questa è proprio la cultura. Non è la convinzione di qualche facile ottimista, ma è quanto emerge in modo netto dai dati presentati e dalla tavola rotonda seguita alla presentazione del rapporto. (Foto di Dimitris Vetsikas da Pixabay )

LA CULTURA DÀ UN SENSO ALLE NOSTRE BATTAGLIE

«Da dove si riparte?» si è chiesto  Ermete Realacci. Il presidente della fondazione Symbola evoca un grande personaggio della storia: Winston Churchill. Si racconta, infatti, che il primo ministro inglese, durante la seconda guerra mondiale, commentando i drastici tagli alla cultura fatti in bilancio, disse: «Ma allora, per cosa combattiamo?».

Secondo Realacci, si combatte la pandemia solo se si dà un senso a questa battaglia. «La cultura comune è in grado di indirizzare la voglia di rinascita di un Paese. Nel momento in cui l’Europa, con Next generation Eu, ha indicato la transizione ecologica come una nuova Bauhaus, ha anche individuato il punto in cui cultura, ricerca, innovazione e manifattura si incrociano per ricostruire un patrimonio comune».

Sarà che nell’immaginario collettivo la pandemia è stata vissuta come una guerra, ma anche Stefano Bruno Galli, assessore all’Autonomia e cultura di Regione Lombardia, nel suo intervento – registrato a causa di altri impegni istituzionali – ha ricordato che nell’immediato secondo dopoguerra in una Milano distrutta un critico musicale e un impresario fondarono la celebre orchestra dei Pomeriggi musicali del Teatro Dal Verme. «Credo che la cultura possa imporsi come lo strumento privilegiato per rilanciare e ricostruire la coesione sociale – ha detto  Galli – Il 26 novembre del 1945 alle 17 e 30 ci fu il primo concerto, un messaggio significativo: la cultura è la strada maestra per uscire alle rovine dell’umanità».

QUANTO VALE LA CULTURA

La dimensione economica non esaurisce certo il ruolo svolto dalla cultura in tutte le sue declinazioni, ma i numeri forniti da Alessandro Rinaldi, direttore ricerche statistiche ed economiche del Centro studi Guglielmo Tagliacarne -Unioncamere, sono significativi: il contributo della cultura al Pil italiano è di 90 miliardi di euro, che è la somma delle attività strettamente culturali (50 mld) e quelle creative driven (40mld). Le imprese private impegnate in questo comparto sono 274.316, per lo più appartenenti ai settori dell‘architettura e design, editoria e stampa, comunicazione e videogiochi. «Nell’anno prima della pandemia – ha spiegato Rinaldi – le imprese culturali hanno dato un grande contributo all’occupazione facendo segnare un più 1,2% a fronte di uno 0,6% dell’intero sistema nazionale. Anche le imprese che si occupano del patrimonio storico e artistico, generalmente a vocazione pubblica, hanno fatto registrare crescite importanti».

Il 26% di quello che produce il sistema culturale nel suo complesso, cioè oltre un quarto, viene prodotto in Lombardia. Naturalmente è Milano (9,6%) a guidare la classifica delle province lombarde per valore aggiunto. A seguire Monza e Brianza (5,6%), Como (5,3%), Bergamo (4,8%), Lodi (4,6%), Mantova (4,6), Lecco (4,6), Varese (4,5%), Brescia (4,3%), Cremona (4,0%), Pavia (3,9%) Sondrio (3,4%)

Per quanto riguarda l’occupazione, le imprese che operano nella cultura danno lavoro soprattutto a giovani della fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni, fino ai 44 anni. «Questa richiesta dipende dal fatto – ha continuato Rinaldi – che le imprese richiedono almeno la laurea triennale, quindi c’è un’attenzione all’occupazione di tipo qualificato».
L’impatto del Covid sul sistema produttivo culturale e creativo è stato devastante, su 1800 imprese intervistate, il 66,4% ha avuto perdite significative di fatturato, con punte dell’80% nelle performing art. Per quanto riguarda invece le strategie adottate dalle imprese per uscire dalla crisi, subito dopo la riorganizzazione degli spazi e dei processi produttivi, c’è l’accelerazione della transizione digitale.

LA CULTURA OSCILLA TRA MATERIALE E IMMATERIALE

Quando si parla di cultura in relazione all’economia, ha fatto rilevare l’architetto Paola Perotti, moderatrice dell’incontro, il confine tra ciò che è materiale e immateriale non è mai così netto, così come non è netta la distinzione tra contenuto e contenitori.
«Mi sembra che in questo momento critico – ha detto Giovanni Fosti, presidente della Fondazione Cariplo – ci siano due elementi che trattiamo in modo distinto e separato, uno di valore economico e uno di valore sociale. Spesso ci chiediamo se dobbiamo perseguire qualcosa che generi più un vantaggio economico o più un vantaggio sociale. I dati ci segnalano che il settore cultura impiega un milione e mezzo di persone e dall’altra che vale il 5 per cento abbondante del Pil del Paese. In un momento come quello che siamo attraversando, la nostra capacità di costruire senso intorno a quello che succede e di costruirlo stando insieme, non è un elemento accessorio ma un elemento cruciale su come ne usciremo. Il fatto che la cultura produca significati e un valore economico ha un senso nell’oggi e nel futuro».

Posto dunque che il valore economico generato dalle attività culturali è un asset di questo Paese, occorre anche definire la sua ricaduta creativa attuale e la sua capacità di generare partecipazione, aspetti indispensabili per ricomporre le macerie culturali generate dal Covid. Secondo Filippo Del Corno, assessore alla Cultura del comune di Milano, il valore economico rischia di rimanere in ombra, se non teniamo conto del valore sociale della cultura. «La missione sociale della proposta culturale si misura nelle democrazie con la partecipazione culturale – ha rimarcato Del Corno – che è lo strumento principe per innescare due processi cruciali per la salute complessiva della società: l’incremento del patrimonio cognitivo condiviso, che è un fattore essenziale di sviluppo economico globale connesso alla crescita economica complessiva dell’intera comunità, e la promozione di forme di cittadinanza attiva che a loro volta generano e producono forme di coesione sociale fondamentali per il benessere comune».

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Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 15 Aprile 2021
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