Il plasma iperimmune non è efficace nella cura del Covid
Pubblicati i dati sulla sperimentazione della cura con il plasma degli ex pazienti guariti. Il commento del professor Grossi che ha verificato i risultati dello studio
Il plasma iperimmune non è una risposta efficace contro la malattia Covid19. Alla fine del complesso studio, denominato Tsunami, è emerso che la carica anticorpale presente nel plasma non è in grado di frenare o ridurre la malattia una volta che il virus si è replicato.
« Quanto avevamo immaginato è stato confermato dai risultati dello studio – spiega il professor Paolo Grossi, primario di Malattie Infettive all’ospedale di Varese coinvolto nella ricerca promossa dall’Istituto superiore di sanità e da Aifa – Il plasma ha una sua valenza nelle primissime fasi della malattia, quando è in grado di fermare la replicazione virale. Si tratta, però, di un momento che difficilmente avviene in ambito ospedaliero dove, invece, si può gestire le terapia che non può essere fatta a domicilio. Quando la malattia è avviata e il corpo ha innescato la reazione anticorpale è troppo tardi. Il plasma iperimmune non ha alcuna efficacia».
In un comunicato Aifa spiega:
Hanno partecipato allo studio 27 centri clinici distribuiti in tutto il territorio nazionale che hanno arruolato 487 pazienti. Le caratteristiche demografiche, le comorbidità esistenti e le terapie concomitanti sono risultate simili nei due gruppi di pazienti, 241 assegnati al trattamento con plasma e terapia standard (231 valutabili), e 246 alla sola terapia standard (239 valutabili). Non è stata osservata una differenza statisticamente significativa nell’end-point primario (“necessità di ventilazione meccanica invasiva, definita da un rapporto tra PaO2/FiO2 < 150, o decesso entro trenta giorni dalla data di randomizzazione”) tra il gruppo trattato con plasma e quello trattato con terapia standard.
Nel complesso TSUNAMI non ha quindi evidenziato un beneficio del plasma in termini di riduzione del rischio di peggioramento respiratorio o morte nei primi trenta giorni.
Solo nel caso dei pazienti con una compromissione respiratoria meno grave (con un rapporto PaO2/FiO2 ≥ 300 all’arruolamento), è emerso un segnale a favore del plasma che non ha però raggiunto la significatività statistica (p=0.059). Questo potrebbe suggerire l’opportunità di studiare ulteriormente il potenziale ruolo terapeutico del plasma nei soggetti con COVID lieve-moderato e nelle primissime fasi della malattia. Il trattamento è risultato complessivamente ben tollerato, anche se gli eventi avversi sono risultati più frequenti nel gruppo che ha ricevuto il plasma.
Quindi le sacche raccolte fino a oggi non serviranno?
« C’è uno studio, a cui partecipa la dottoressa Rosa Chianese dell’ospedale di Circolo, che mira alla produzione di preparati industriali di anticorpi provenienti dal plasma. Si punta a rendere la terapia più immediata attraverso inoculazioni intramuscolari che potranno essere fatte anche a domicilio».
Tramontata l’ipotesi del plasma, rimane, al momento, solo la carta del vaccino anche se, tante notizie contraddittorie, creano molta confusione
L’indicazione di Aifa perchè si somministri Astrazeneca agli over 60 è solo una raccomandazione dettata da estrema prudenza. Se vogliamo guardare i dati, a fronte di milioni di vaccinati, i casi di trombosi sono pochissimi e quelli a esito infausto 18. Parliamo davvero del nulla. Il mio consiglio è quello di vaccinarci con quello che abbiamo a disposizione. Ci sono incidenti? Possono capitare ma le probabilità sono infinitesimali.
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