A pranzo malgrado il freddo, Varese ci riprova
Viaggio nei locali del centro pedonale di Varese, dove si sono riaperti i dehors dopo l'ultimo lockdown. Tra speranze, novità e delusioni
L’inizio, dal punto di vista metereologico, non è stato proprio delle migliori: freddo e pioggerellina non conciliavano il desiderio di pranzare all’aperto, e la giornata è stata liquidata da uno degli avventori intervistati, Stefano Angei, con una frase ironica: «La zona gialla è il nuovo luna park a Varese: quando arriva, piove».
Ma i varesini coraggiosamente hanno approfittato comunque del primo giorno di riaperture per abbandonare le schiscette in ufficio o alzarsi dal divano da cui lavoravano in Smart working per farsi un pranzo di lavoro.
Alla Piedigrotta si torna ad aspettare fuori il proprio turno anche a pranzo: «Ma non c’è stato l’assalto – spiega Daniela Castriotta Cioffi, titolare col marito Antonello della famosa pizzeria – Non solo il tempo è brutto ma le temperature sono basse: non so se questa sera varrà la pena di riaprire, si raffredda troppo anche il cibo, li fuori».
Daniela, alla PiedigrottaDa Basili&Co il piccolo spazio esterno è pieno di gente dopo le 13, ma la proprietaria Anna sottolinea: «Hanno cominciato a venire a pranzare già alle 12. Tra l’altro, noi non ci attendevamo l’assalto: perchè siamo stati aperti per tutta la zona rossa, e chi lavorava in ufficio veniva a prendere l’asporto da noi. Era giusto che, nel primo giorno di apertura, scegliessero i ristoranti». Nel locale gestito da lei e dal marito Federico Lodi Rizzini, infatti, non ci sono solo persone in pausa pranzo lavorativa: il tavolo più consistente, due signore e una ragazza, spiega di essere “semplicemente in una pausa” e di avere provato l’ebbrezza di mangiare di nuovo nei tavolini, mentre al loro fianco pranza un giovane comasco che lavora a Varese, e che si è goduto in via del Cairo il suo pranzo. Per i proprietari di Basili&Co, la festa, se tale di può chiamare, finirà comunque presto: «Fra poco il dehor ce lo possiamo scordare – ricorda Anna – In questa parte della strada stanno arrivando i lavori di ristrutturazione di via del Cairo».
Anna, a Basili&coAncora più sfortunati si sentono al Ristorante Bologna: ristorante frequentatissimo prima del Covid, sempre pieno con molti tavoli ma all’interno. Il loro dehor conta solo 12 sedie: «A noi va peggio che nella zona gialla precedente: almeno nell’altro caso potevamo accogliere all’interno, anche se più distanziati erano comunque più posti che all’esterno – spiega sconfortato Cesare Lorenzini – La nostra cucina funziona perché abbiamo un hotel, sennò non so quanto varrebbe tenerla aperta». Quello dell’Hotel è stato ed è ancora un metodo per “mangiare in pace” nel ristorante, e anche Lorenzini conferma che c’è stato un “turismo gastronomico” da lockdown, che prevedeva il pacchetto cena più pernottamento: «Ad usufrirne – spiega – son stati soprattutto i pochi stranieri che ci sono in giro».
Cesare Lorenzini e il suo mitico “braccio destro” in salaPiù soddisfatto Davide Aviano, che abbiamo incontrato davanti al Cuba, ora è di proprietà della società di cui lui è parte insieme al Pinocchio 1826, il ristorante dell’Art Hotel di cui lui ora è chef. «Qui si è già lavorato un po’, e ci aspettiamo altrettanto o anche di più agli aperitivi – Al Pinocchio ci sono parecchie prenotazioni per stasera, malgrado questo sia un giorno dove prima il ristorante era chiuso».
Diverse persone anche al ristorante Teatro e al Vicolino Speziato, oltre alle pizzerie di piazza Giovine Italia e la pizzeria della Motta. In diversi inoltre hanno “inventato” un nuovo dehor dove possibile, specialmente nel centro pedonale: dal kebabbaro del centro al ristorante indiano chic di piazza Battistero.
Quello che desta più curiosità è la nuova area dehor sorto in piazza Carducci, davanti a un negozio di abbigliamento: è quella del Napo Napo, il nuovo bar aperto dove c’era l’oca Ubriaca, già noto a Villaguardia, nel comasco, dove è nato il primo locale. «Noi abbiamo inaugurato subito prima dell’ultimo lockdown, a ottobre – spiega la proprietaria “La So del Napo” come si vuole fa chiamare “Perchè sennò non mi riconoscono” – Abbiamo cominciato con l’asporto, e intanto ci siamo preparati a questo momento».
I due camerieri sorridenti in quella zona inusuale hanno avuto poco da lavorare a pranzo: «Ma è comprensibile: noi abbiamo fatto asporto per tutto questo tempo, nel primo giorno di riapertura ci sta che uno voglia ritornare al ristorante – Continua La So – Abbiamo lavorato di più con le colazioni, e vediamo come andrà con gli aperitivi».
Il covid ha creato un nuovo “format di apertura”: per loro è dalle 7 a quando si può, in questo caso le 22. Ma se le riaperture torneranno normali faranno notte come gli altri, e resteranno 7 giorni su sette: la sola movida non basta più per “tenere in piedi” un pur richiestissimo locale in centro «E noi lo facciamo già nel comasco: pensiamo che questo sia un servizio pubblico, e cerchiamo di stare più aperti possibile». Chissà se questa novità cambierà le abitudini anche degli altri locali della movida varesina.
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