Otto mesi di carcere e l’azienda chiusa, imprenditore di Vergiate a giudizio: “Non sono un trafficante”
A luglio dell'anno scorso il blitz della Polizia nel capannone e le manette. Dopo 8 mesi di carcere e un interrogatorio che lo scagiona, rischia una condanna pesante per traffico di stupefacenti
Il 24 luglio dell’anno scorso inizia il calvario di un imprenditore di 57 anni che aveva un’azienda a Vergiate. Nel suo capannone fanno irruzione gli uomini della Squadra Mobile di Varese alla ricerca di un laboratorio per il taglio e il confezionamento della cocaina. All’interno di un’area dell’azienda trovano quello che cercavano, sulla base di una segnalazione anonima: trovano 2,3 kg di polvere bianca (che poi risulterà essere quasi totalmente sostanza da taglio, ndr) e tutto l’occorrente per la lavorazione e l’imballaggio della sostanza. Per lui e per un 43enne albanese, residente a Monza, scattano le manette.
Per mesi l’imprenditore rimane in carcere anche se ha sempre negato di sapere della presenza del materiale all’interno della sua ditta. Anche dagli accertamento successivi su di lui non sarebbero emersi – a detta dell’avvocato Daniele Galati – elementi riconducibili ad un’attività di traffico di stupefacenti: «Non hanno trovato contanti, contatti telefonici, nessuna impronta del mio assistito nella zona dove sarebbe avvenuta la lavorazione della sostanza».
Ma c’è di più. Prima della fine dell’estate l’albanese arrestato con lui racconta, in un interrogatorio, che tutto ciò che era stato trovato era roba sua e che l’imprenditore non c’entrava niente: «Nonostante questo l’imprenditore rimane in carcere fino a novembre – prosegue Galati – . Lui si è fatto 8 mesi di carcere, ha chiuso l’azienda e ha lasciato 6 dipendenti a casa».
Oggi, martedì, si è svolta l’udienza preliminare davanti al giudice Stefano Colombo per la scelta del rito. L’imprenditore ha chiesto il abbreviato mentre l’altro imputato ha concordato il patteggiamento». Il pm ha chiesto e ottenuto il rinvio della discussione ad una prossima udienza che si svolgerà a giugno.
Il difensore dell’imprenditore chiederà per lui l’assoluzione: «Questo caso fa venire in mente quello della comandante della Polizia Locale di Corbetta, Lia Vismara, alla quale venne messa della cocaina in auto dal suo collega. In quella circostanza emerse la verità e la poliziotta fu assolta. Spero, per il mio assistito, in un finale simile perchè davvero lui non ha niente a che fare con il traffico di stupefacenti. Oltre a non essere emerso nulla a suo carico, anche l’altro imputato lo ha scagionato. La sua azienda andava benissimo e forse oggi andrebbe ancora meglio, visto che si occupava di manutenzione di container refrigeranti per gli aerei (se pensiamo solo alle quantità di vaccini stanno arrivando in Italia, ndr)».
Ora l’imprenditore vergiatese spera di mettersi alle spalle questa brutta storia e ripartire con la sua attività. Prima, però, c’è da chiudere la sua vicenda giudiziaria, non proprio così lineare come era apparsa all’inizio.
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