Anno nero per il tessile varesino: “Ma può essere l’inizio di un cambiamento epocale”
Numeri in caduta libera ma incoraggianti segnali dall'export. I punti di partenza sono la digitalizzazione e i prodotti specifici, come quelli tecnico sanitari o sostenibili
Un comparto in sofferenza che perde fatturato, imprese, addetti e domanda ma che ha i numeri per rialzare la testa: sfruttando l’onda dell’export e puntando su innovazione, sostenibilità e capitale umano.
È questa la fotografia del settore abbigliamento, tessile, pelle e calzature in provincia di Varese scattata dall’Osservatorio Mpi di Confartigianato Lombardia a 17 mesi dall’inizio della pandemia che ha colpito duramente l’economia nazionale, penalizzando in particolare le imprese della moda.
Una fotografia che non può che generare riflessioni su un territorio – in particolare quello del distretto gallaratese dell’abbigliamento – che del tessile ha sempre fatto un punto di forza ma che, negli anni, ha visto progressivamente assottigliarsi lo zoccolo duro delle tante piccole e medie imprese che ne hanno fatto la fortuna.
I NUMERI DEL SETTORE DOPO IL COVID
Oggi in provincia di Varese ci sono 1.266 micro-piccole realtà del settore, Il 92,7% delle imprese totali: 722 di loro sono artigiane, il 55,4% del totale.
Per loro il bilancio decennale (dal 2009-2019) è in perdita: sono 793 aziende in meno alla fine del decennio, pari a un calo in termini percentuali del 26,4%, ampiamente superiore al trend di Regione Lombardia (-19,8%), dove operano in tutto 9.182 aziende (il 96,9% delle quali di micro e piccole dimensioni).
Secondo quanto rilevato dall’Osservatorio Mpi di Confartigianato Lombardia, nel 2020 il fatturato è sceso del 36,6% rispetto al 2019. Si tratta della flessione più rilevante dopo quella dei settori del trasporto persone, ristorazione d’asporto e bevande ed è più accentuata rispetto alla media delle Pmi lombarde (-25,8%).
Dall’export però arrivano segnali più incoraggianti per Varese, provincia che contribuisce per il 7% dell’export lombardo di prodotti moda nel mondo. Rispetto al primo trimestre pre pandemia (2019) la domanda di abiti, tessuti, scarpe e altri prodotti in pelle ha subìto nei primi tre mesi dell’anno in corso una riduzione del 7,5%, inferiore però ai 12,9 punti percentuali persi in media a livello regionale.
Rispetto al primo trimestre 2020 (comprensivo di marzo 2020, mese di inizio pandemia), invece, il trend risulta positivo (+4,3%), a conferma che sia in atto un percorso di recupero.
Negativo invece il trend delle assunzioni, in provincia di Varese le previsioni di luglio 2021, rispetto al luglio 2019, si riducono del 25%, in una regione dove aumentano del +31,6% le assunzioni di operai specializzati e conduttori di impianti. A parziale consolazione si intravedono i tentativi di innovare il comparto nella ricerca di operai specializzati difficili da reperire, pari al 39,7% (35,8% la media lombarda).
Un recupero tuttavia è ancora insufficiente a compensare la preoccupante caduta di attività determinata dalla pandemia: nei primi quattro mesi del 2021 nella moda si registra un livello della produzione inferiore del 25,6% rispetto al primo quadrimestre del 2019, contro un divario del -1,3% per il totale della manifattura, con 13 comparti su 24 che registrano un livello della produzione nei primi quattro mesi del 2021 superiore a quello del primo quadrimestre del 2019. Numeri a cui si aggiungono i dati della domanda interna, calata nel 2020 del 34,7% rispetto al 2019, con una flessione superiore a quella nazionale pari al 23,3: è tra le più critiche a livello regionale..
UN SETTORE IN PROFONDA TRASFORMAZIONE, DOVE PERO’ NON TUTTO E’ BUIO
«I numeri sono negativi, è evidente, ma non dicono tutto – ha commentato Davide Galli, presidente di Confartigianato Imprese Varese — è vero che ci sono state chiusure e contrazioni: si nota però una certa vivacità nelle nuove imprese e nei cambiamenti generazionali. C’è un filone di aziende che sta innovando e introducendo nuove figure. Non sottovaluterei in futuro il fenomeno del reshoring, perchè è un periodo in cui è piu difficile importare materiali: quindi non si può escludere un fenomeno di rientro in Europa della produzione».
Il segreto per farcela però è avere idee nuove, innovare, adeguarsi a un mercato che sta cambiando profondamente: non solo nei confronti dei prodotti ma proprio nel modo di fare impresa. «In un settore dove fantasia e innovazione contano molto è importante introdurre nuovi modi di fare impresa – continua Davide Galli – In che modo? Innanzitutto, con i due mantra di questo periodo economico: digitalizzazione e sostenibilità. E’ importante che anche le imprese di questo settore aprano l’occhio a queste nuove competenze. E per digitale, ed e-commerce per aziende che hanno produzioni proprie, spesso è più opportuno affidarsi a figure professionali di skill elevato: export o digital manager».
Per essere protagonisti del cambiamento, dunque, fondamentale è ancora una volta la formazione: «sia per figure di elevato skill che persone provenienti dall’apprendistato, che va sempre più sviluppato in termini di formazione». Ma il futuro non è necessariamente buio: «Non mi scandalizza il calo di imprese e di dipendenti di questo settore – ha infatti sottolineato Galli – Perchè è la conseguenza diretta di un cambiamento epocale che sta avvenendo, che ha dolorose conseguenze ma che non taglia la via al rinnovamento e a dei risultati positivi nel futuro: penso solo a chi realizza tessuti tecnici e chi ha puntato sulla sostenibilità del prodotto, imprenditori che seguono da vicino un mercato che sta profondamente cambiando».
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