“Quando in canoa penso a Daniele, ultimo figlio del Lago di Varese”
Riceviamo e pubblichiamo un sentito ricordo di Daniele Bossi, il pescatore morto nelle acque del lago poco prima di Natale del 2019
Riceviamo e pubblichiamo questo bel ricordo – che su richiesta dell’autore lasciamo anonimo – di Daniele Bossi, uno degli ultimi pescatori professionisti del lago di Varese, morto poco prima di Natale del 2019 proprio nelle acque del suo lago.
Ogni tanto esco sul lago in canoa, spesso al tramonto, quando l’acqua si tinge di arancione e il volo dei cormorani e degli aironi si fa quasi lento; come il tempo.
A volte, poi, smetto di pagaiare e aspetto di fermarmi in acqua.
In quel momento, con le nuvole che riflettono nel lago e il Campo dei Fiori che ci si specchia, non è poi così difficile sentirci parte di un tutto, di qualcosa che ha a che fare con le stagioni, la natura, le vite degli uomini e le loro storie; e anche, forse, con qualcosa o qualcuno di più.
A volte penso a Daniele, che su queste acque ha vissuto e lavorato, e che in queste acque è morto, una sera d’inverno appena prima di Natale.
Penso alla Rita, la sua mamma, e al Carlin, il Carlin dul Piz, il papà, al merlo indiano che avevano in casa e che diceva le parolacce, alla loro semplicità e dignità, venute da un mondo che forse non esiste più e che con Daniele ha perso il suo ultimo figlio.
Con Daniele se n’è andato, infatti, anche quel mondo lontano, per tanti oggi incomprensibile, fatto di attese, di riti, di fatica, di tradizioni e di libertà.
Un mondo di cui siamo tutti figli e nipoti, anche senza saperlo, anche se l’abbiamo dimenticato o nascosto. E non è solo il mondo dei pescatori, non è solo la pesca; è un modo di vivere, lontano dalla fretta e dal consumismo, in sintonia con la natura e i suoi ritmi.
Ma noi, che non sappiamo più aspettare, che tutto vogliamo e lo vogliamo subito, restiamo troppo spesso indifferenti al richiamo di quel mondo.
Quando penso a tutto questo mi commuovo, mi commuovo pensando a Daniele, che pesca fra le nebbie del suo lago, solo.
Ma se è vero che “tradizione è conservazione del fuoco, non adorazione della cenere” , e se è vero che Daniele ha lasciato un solco profondo in un’intera comunità, che non è solo quella di Cazzago o di Bodio, ma quella di chi è nato e cresciuto qui, sulle sponde del lago, quel fuoco, anche se ridotto a lumicino va conservato e tutelato; va protetto, così come vanno aiutati i pescatori della Società dei Pescatori, va ricordato come vivere in sintonia col lago e con l’ambiente che ci circonda, non tanto con estremisti pseudo ambientalisti ma non interventi oculati, di tutela e preservazione di un patrimonio culturale e ambientale che non possiamo permetterci di perdere, anche per Daniele.
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