Francesca e la transizione da uomo a donna a 34 anni: “Per i miei figli sarò sempre papà”
Vi raccontiamo la storia di una 34enne che vive a Busto Arsizio e che ha iniziato un percorso di transizione verso il sesso femminile: "Un cammino lungo che affronto con ottimismo"
Francesco è diventata Francesca a 34 anni e ha iniziato il percorso di transizione da uomo a donna da qualche mese. La incontriamo al Parco Altomilanese, trucco intorno agli occhi, fondotinta, peli che scompaiono, un seno (per ora) finto, abiti femminili, orecchini. Vuole raccontarci come sta vivendo questo passaggio della sua vita. Nata a Pisa, Francesca vive a Busto Arsizio da 4 anni. È sposata con una donna che continua ad amare come prima, ha due figli e lavora nell’ambito della sicurezza a Milano.
Ci racconta della diagnosi accertata di disforia (il malessere percepito da un individuo che non si riconosce nel proprio sesso fenotipico assegnatogli alla nascita) si è accorta a 14 anni. I primi segni sono arrivati durante l’adolescenza:«Provavo piacere ad indossare abiti femminili. A casa avevo una situazione complicata, con il papà che se n’è andato quando avevo 2 anni e una madre tossicodipendente. Nè lei, nè il suo compagno hanno mai dato troppo peso a questa cosa, pensando che col tempo sarebbe passata».
In questa incertezza Francesca pensava che fosse qualcosa di perverso, da nascondere: «Pensavo fosse solo una cosa che sarebbe rimasta nel mio privato. Provavo imbarazzo, sei nata maschio e sei vista maschio. Parliamo dei primi anni 2000 e i pregiudizi nei confronti di chi ha questo tipo di tendenze erano ancora più radicati di oggi».
Dieci anni fa il matrimonio con la sua attuale moglie: «Sono andata avanti a vestirmi da donna di nascosto anche dopo il matrimonio. Mia moglie ogni tanto li trovava e inventavo mille scuse per giustificare la presenza di quei vestiti. Avevo paura di non essere compresa e lei credeva che avessi un amante».
Arrivati negli ultimi anni la disforia era sempre più evidente e difficilmente controllabile: «Ho iniziato ad informarmi. Ho cercato articoli su Google, sono entrato in alcuni forum dove se ne parlava, ho visto altri transgender come si comportavano, mi sono informato sul pride». Poi una sera di circa 6 mesi fa: «Le ho detto che io mi sentivo più donna che uomo, da sempre. Mai ha pensato che io potessi arrivare a dirle una cosa del genere».
La reazione è stata anche piuttosto inaspettata: «In un primo momento mi ha detto “basta chiudiamola qui”. Dopo qualche giorno mi ha detto che sarebbe rimasta insieme a me per i bimbi. Mi ha chiesto perchè non gliel’ho detto prima e le ho risposto che non sono stata mai aiutata a capire cosa mi succedeva. I miei non hanno mai voluto approfondire la questione e hanno sempre pensato che mi sarebbe passata. Andando avanti ho tirato le somme, mi sono compresa e ho capito di essere una donna a cui continuano a piacere le donne».
A quel punto, superato lo scoglio iniziale, ha iniziato a esternare la propria femminilità: «È stato un passaggio molto complicato. Mi vesto e mi trucco da donna da due o tre mesi ma è stato tutto graduale.Ho iniziato pian piano a dare dei segnali. Prima gli orecchini, poi le unghie più lunghe, i braccialetti, la maglietta, fino ad arrivare ad un outfit completamente femminile».
Si è trattato di un passaggio molto forte che ha creato una crisi: «Davanti a me avevo una famiglia, colleghi di lavoro, amici da informare. Come fai a far capire che Francesco non c’è più? 34 anni della tua vita che non ci sono più. Serve davvero molta fiducia in se stessi e tanto ottimismo che non mi manca. Ogni tanto guardo i vestiti da uomo che sono rimasti nell’armadio e mi domando come ho fatto a falsificare quello che ero. Mi provocano dolore perchè vedi un’esistenza persa, anche se non è mai perso quello che hai fatto nella tua vita».
Andiamo con ordine, come l’hanno presa amici e conoscenti: «La prima persona a cui l’ho detto è stato un collega di un’altra società: inizialmente è rimasto basito, poi si è informato e ha capito che non c’era nulla di male. Poi l’ho detto ad un altro amico stretto e poi ad alcuni colleghi fidati. Tutti l’hanno presa in maniera positiva. Al mio capo l’ho detto prima al telefono: “sono donna”. Lui è rimasto in silenzio, ha balbettato qualcosa e pensavo avesse avuto un malore. In quel momento ho pensato di aver perso il lavoro, poi ci siamo incontrati in ufficio, ho spiegato la cosa e lui si è mostrato molto disponibile nel comprendermi. Mi ha detto che organizzerà una riunione coi colleghi per spiegare la situazione, ha chiesto a tutti di rispettarmi e ha avvisato che chi mi avrebbe discriminato sarebbe stato mandato via. Mi sono stati messi dei paletti e delle regole che ho accettato: sul lavoro rimango Francesco e mi vesto con la divisa da uomo, almeno fino a quando questa cosa non sarà più possibile nasconderla».
Ora veniamo ai figli: «I miei figli hanno 9 e 3 anni e sono entrambi autistici. I bambini sono le uniche persone che ti vedono per quello che sei. Loro la discriminazione non sanno nemmeno cos’è. Mi chiamano papà come prima. Per il momento mi hanno accettata truccata e vestita da donna ma rimango il loro papà. Più avanti ne parleremo. La generazione che verrà sarà quella che amplierà le vedute dell’umanità. Se riusciremo a vivere in un mondo più aperto sarà grazie a loro».
Ddl Zan e Pride, Francesca ha una visione particolare di tutto il mondo lgbtq: «La mia visione è del tutto personale. Tutto quello che può aiutare a tutelare una persona (che sia gay, transgender o disabile) deve essere sempre ben accetto. Bisogna informarsi bene su questa proposta di legge prima di parlarne. Qui non si limita l’opinione ma l’odio: se mi dai della scema o vuoi dirmi che il matrimonio è solo tra uomo e donna io non ti denuncio, se mi insulti per quello che sono allora sì».
Francesca non vede il Pride come qualcosa di davvero utile oggi: «Ha avuto il suo ruolo a portare in strada istanze giuste ma alcune persone che partecipano a questi eventi eccedono e danneggiano tutto il movimento perchè chi non riesce ad accettare le persone lgbtq, come prima immagine nella sua testa ha l’uomo vestito da donna, mezzo nudo, con le paillettes che sfila al Pride. Se le manifestazioni fossero più calme e meno “colorite” sarebbero più utili. Se vuoi essere accettato da questa società non puoi pensare di andare in giro in pieno giorno in minigonna, calze a rete e top. Puoi farlo, nessuno te lo vieta, ma non stai facendo buona pubblicità a tutto il movimento. Ci vuole equilibrio: la società si deve adattare a te e tu ti devi adattare alla società».
Torniamo alla transizione. Il percorso di Francesca è ancora lungo: «A settembre inizierò la terapia ormonale ma il percorso complicato richiede tutta una serie di esami che spero di superare. Vorrei arrivare ad ottenere lineamenti più femminili, avere un seno anche piccolo, togliere i peli, farmi crescere i capelli. Non mi aspetto miracoli ma so che questa terapia durerà tutta la vita». Costi? «Sono una persona molto ottimista e riuscirò a mantenere la mia famiglia e a sostenere i costi della terapia».
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