Metamorfosi urbana: la triste storia del “palazzo del Vescovo” di piazza Battistero
La ventitreesima della rubrica di Fausto Bonoldi racconta l'abbattimento del "palazzo del Vescovo" e della sepoltura delle più antiche sepolture di Varese, al servizio della banca che fu
Ogni lunedì, con una passeggiata virtuale, la rubrica “Metamorfosi urbana” vi racconta le trasformazioni che ha subito Varese negli ultimi cento anni, da quando cioè è diventata capoluogo di provincia. A firmarla è Fausto Bonoldi, storica firma del giornalismo varesino che su questo argomento, che tratta da anni nel gruppo Facebook La Varese Nascosta, ha scritto anche un libro, edito da Macchione, dal titolo “Cara Varese come sei cambiata“
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Metamorfosi urbana, ventitreesima puntata:
Il 7 maggio del 1961, l’arcivescovo di Milano, Giovanni Battista Montini, alzò la mano benedicente sulla nuova sede della Banca popolare di Luino e di Varese in piazza Battistero. Il futuro papa e santo Paolo VI non poteva non sapere che il tempio della finanza che era venuto a “consacrare” era sorto sulle macerie del bel palazzo medievale, di forme tardogotiche, che era stato per secoli la residenza varesina della diocesi ambrosiana, prima di essere affidato alle Suore della Riparazione e adibito a oratorio femminile.
L’attuale palazzo, già sede della Banca Popolare di Luino e VareseIl “palazzo del vescovo” esisteva a Varese già alla metà del XIII secolo, quando il borgo fu messo al bando dalla Chiesa ambrosiana. La scomunica, motivata con l’esigenza di contrastare le spinte autonomiste, fu lanciata dall’arcivescovo Leone da Perego, geloso custode del “protettorato” milanese su Varese. L’interdetto, però, durò pochi mesi: proclamato nel 1245, fu revocato all’inizio dell’anno successivo per decisione papale. Il verdetto di “assoluzione” fu pronunciato a Lione, dove papa Innocenzo IV, costretto ad abbandonare Roma per i contrasti con l’imperatore Federico II, si era rifugiato.
Una vecchia immagine del palazzo del VescovoOttone Visconti, procuratore di Leone da Perego, che poi avrebbe sostituito sulla cattedra di Ambrogio, a cui si contrapponeva un delegato della Comunità varesina, sostenne la giustezza della scomunica, inflitta per punire i varesini del fatto di aver designato rettori e consoli senza l’autorizzazione arcivescovile. Il pontefice revocò la scomunica e impose una soluzione di compromesso: i borghigiani avrebbero mantenuto il diritto a designare rettori e consoli ma con il consenso dell’arcivescovo ambrosiano.
gli scaviNell’area circostante il Battistero di San Giovanni si sviluppò, tra il VI e l’VIII secolo dopo Cristo, il primo nucleo abitato di Varese. La zona aveva anche una parte destinata all’eterno riposo dei defunti. Le più antiche sepolture risalgono al IX secolo ma è solo dal Quattrocento che si diffonde la pratica delle inumazioni in casse di legno depositate in loculi rettangolari di mattoni.
A cavallo dell’inizio del terzo millennio, scavi compiuti per scopi diversi da quelli archeologici hanno riportato alla luce alcune di quelle sepolture. I resti umani recuperati furono sottoposti a indagini anatomopatologiche per scoprire di che malattie si morisse nella Varese medievale. «Spero che Varese si renda conto dell’immenso valore storico dei reperti» ebbe a dire l’allora sovrintendente ai Beni culturali Adelaide Binaghi.
Evidentemente Varese non se ne è resa conto e sull’antica necropoli è calata una nuova pavimentazione, al servizio del parcheggio consentito ai privilegiati della sosta nella Zona a traffico limitato. E sull’appassionante scoperta archeologica è calato il silenzio.
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Mi chiedo come mai si è permesso di costruire edifici, diciamo privati, attaccati alle chiese. A Varese, oltre al Battistero, ci sono la chiesa di San Giuseppe e di San Martino “appiccicate” a costruzioni estranee. Per fortuna la chiesa della Madonnina in Prato, qualche decennio fa, è stata liberata da quel manufatto a lei attaccato, che conteneva un allora famoso negozio di scarpe.