Ricerca rivela microplastiche ovunque sulle rive del Ceresio

Il Comune di Morcote ha scelto di organizzare un ciclo di incontri dedicato alle tematiche ambientali. Nel primo, il tema dei nuovi inquinanti

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Una serata, quella tenutasi a Morcote giovedì 15 luglio, che apre una serie di appuntamenti voluti dall’amministrazione comunale per mettere al centro il tema dell’ambiente e della sua tutela. Apre il ciclo degli incontri la questione delle microplastiche nel Lago Ceresio, affrontata insieme ad una serie di ospiti provenienti dal mondo della ricerca e dell’innovazione.

A tenere le fila della serata Andreas Brude, ricercatore della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana – SUPSI  presso il laboratorio di microbiologia applicata dell’istituto, che ha introdotto l’argomento oggetto della conferenza ammettendo che si tratta di un “Problema di cui non si parla, perché non si vede. Mentre è ormai divenuto urgente parlare dell’impatto umano sugli ecosistemi acquatici, anche dal punto di vista dei nuovi inquinanti quali sono le microplastiche”. Il ricercatore ha poi ribadito l’importanza di mettere al centro il benessere degli ecosistemi, in quanto fondamentali per il benessere anche delle società che li vivono.

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Juerg Schwerzmann, del Municipio di Morcote e fra i promotori dell’evento

Quello che è emerso è un dato incontrovertibile: la microplastica lungo le rive del Lago di Lugano è pressoché ovunque. Lo ha spiegato bene Giorgia Frei, studentessa in Scienze Ambientali dell’Università di Ginevra che ha realizzato uno studio, all’interno di un progetto della SUPSI, focalizzato sulle microplastiche.

Nel suo intervento ha mostrato come e in quali condizioni si accumula la microplastica, cos’è e da cosa è composta. Ma al di là di tutti i dettagli esposti nella sua presentazione, uno è il dato allarmante e centrale: la microplastica sulle rive del lago c’è, ovunque si vada a cercarla. Sono stati infatti 9 i punti di prelievo scelti per il lavoro di ricerca, che comprendevano tratti di costa italiana e svizzera sia urbanizzata che meno antropizzata, vicino o lontano dai fiumi. In tutte le situazioni menzionate le microplastiche c’erano, più o meno abbondanti.

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Una notizia drammatica ma che non stupisce chi del tema ha già sentito parlare: si sa ormai che la diffusione di questi inquinanti è allarmante per quanto (e forse soprattutto) invisibile. Dai più sperduti atolli del Pacifico ad irraggiungibili laghi alpini. Dai ghiacciai millenari ai deserti più remoti la microplastica, se la si cerca, la si trova. Proprio come è accaduto sulle rive del Ceresio. I punti campionati sono stati:

  • Foce della Magliasina, Magliaso (CH)
  • Agnuzzo, Agno (CH)
  • Capo San Martino, Lugano (CH)
  • Caprino, Lugano (CH)
  • Porlezza (IT)
  • Lavena, Lavena Ponte Tresa (IT)
  • Melano (CH)
  • Agnuzzo canneti, Agno (CH)
  • Brusino Arsizio (CH)

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L’excursus della relatrice ha consentito di fare un viaggio dagli anni ’50, momento storico in cui si è iniziato a produrre plastica, ad oggi. Quando cioè la plastica impiegata per decenni si è scoperto essere in grado di sgretolarsi e disperdersi nell’ambiente in particelle piccolissime, potenzialmente molto più dannose dei rifiuti “grandi” che siamo abituati a trovare e rimuovere. Perché proprio il tema della loro rimozione sarà prevedibilmente al centro del dibattito politico (si spera) e scientifico a venire.

Per microplastiche si intendono infatti quei polimeri non metallici, inferiori per grandezza ai 5 millimetri e più grandi di un 1 micrometro. Sono classificate in primarie e secondarie.

Microplastiche primarie: sono volontariamente prodotte di quella grandezza, come per esempio il pellet e le biglie prodotte in cosmetica che vanno a creare il famoso “scrub;

Microplastiche secondarie:  derivano dalla frammentazione di pezzi ed oggetti in plastica di dimensioni maggiori;

Il progetto della Frei ha voluto andare a monitorare un lago, quello di Lugano, rimasto escluso da uno studio avviato nel 2014 dal Governo Federale per andare a campionare ed analizzare le rive di sei laghi svizzeri e che pure aveva confermato la presenza dell’inquinante.

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I prelievi effettuati nei punti di campionamento si sono concentrati sulla cosiddetta “linea di deposizione”, più o meno coincidente con il bagnasciuga del lago, e sulle sue immediate vicinanze a monte e a lago. Non sono state riscontrate grosse variabilità fra le diverse zone in cui si era proceduto ai prelievi, mentre molte differenze sono emerse fra i diversi punti di campionamento. Come era prevedibile nelle zone maggiormente urbanizzate ed industrializzate (la riva di Agno, CH) i valori registrati sono stati maggiori, mentre nelle zone più isolate e boschive i livelli scendevano. Ma nessuno, tristemente, è stato escluso da un riscontro di positività circa la presenza dell’inquinante.

Lo stesso Lago di Lugano risulta molto più interessato al fenomeno che non gli altri laghi oggetto della succitata indagine del 2014, anche se è emersa la non omogeneità dei metodi di campionamento fra le diverse ricerche che potrebbero inficiare l’obiettività dei paragoni. “Abbiamo anche effettuato i campionamenti dopo un periodo di pioggia, che sappiamo essere una condizione che porta ad aumentare la presenza di microplastiche lungo le rive dei laghi”, ha concluso infine la relatrice.

Goletta dei Laghi di Legambiente a Porto Ceresio

Altro dato evidenziato è stato il come, a seconda del tipo di fondo, si depositino in maniera maggiore questo tipo di inquinanti. Il motivo è facilmente intuibile: su fondo sabbioso, a grana quindi più fine, le microplastiche si depositano più facilmente mentre mano a mano che la grandezza della “trama” della riva aumentava, passando per esempio a fondi ghiaiosi o di ciottoli, le microplastiche diminuivano. Nelle acque superficiali invece è difficile, stante gli studi effettuati, rilevarne. Anche qui, intuitivamente, perché in questa situazione con buone probabilità non si depositano (andando più facilmente sul fondo o, appunto, a riva).

Le microplastiche presenti in maggiore percentuale sono quelle di misura fra 1 e 0,3 millimetri, quindi le più piccole e difficili da individuare. Questo, sarà il nodo cruciale in futuro: rimuovere. Per quanto riguarda la loro composizione è stata registrata la scarsa presenza del PET, forse anche perché più denso come polimero e con scarse capacità di galleggiamento che ne permettono la deposizione a riva, mentre per la maggior parte erano particelle in polistirene, polipropilene e polietilene.

Roger König, ingegnere meccanico del politecnico di Milano, docente e ricercatore SUPSI, ha analizzato il problema dalla prospettiva delle acque reflue che entrano nel lago dagli scarichi domestici per capire quali e quanta microplastica potrebbe arrivare a Lago dagli impianti di depurazione mentre Nicolas Von Orelli, ingegnere del Politecnico di Milano (Master SUPSI)  come, nei vari passaggi presso i depuratori, queste riescano ad essere intercettate. Uno scenario tutto sommato positivo, quello esposto, circa la capacità performante degli impianti che si stima, in base a quanto riferito dai relatori, riescano a filtrare il 95% della plastica che vi transita, con punte anche maggiori in riferimento alle macroplastiche.

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Il problema, ancora una volta, sono le particelle più piccole per quanto nel passaggio finale della depurazione sia stato previsto anche un filtro a sabbia capace di intercettare particelle tutto sommato di piccole dimensioni. Ma è sul “piccolissimo” che si giocherà la grande sfida sul tema della depurazione e della plastica.

E proprio sul trattamento specifico delle acque reflue si è evidenziato anche come sia in realtà difficile campionare questi inquinanti con gli attuali filtri degli impianti. Due passaggi relativamente facili sono possibili in quelli che vengono definiti trattamenti primari e secondari, il primo riguarda la plastica ad alta intensità, rimossa perché con il suo peso si deposita facilmente sul fondo delle vasche, mentre i secondi sono rivolti alla plastica a bassa densità che tende a galleggiare, rendendo anche qui tutto sommato agevole la rimozione. Come affrontare la nuova sfida? Sono state esposte tre possibili innovazioni per gli impianti:

  • Assorbimento su carbone attivo
  • Filtrazione tessile
  • Combinazione innovativa di carbone e cellulosa

“Non vi è al momento nessuna strategia nazionale per la gestione delle materie palstiche durante il  loro ciclo di vita. Molte iniziative parlamentari come la Weniger Plastikmüll in Gewässern und Böden sono in discussione in parlamento”, ha concluso l’ingegnere Von Orelli.

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Da sinistra Andreas Bruder, Nicolas Von Orelli, Juerg Schwerzmann, Roger König e Giorgia Frei

Juerg Schwerzmann, del municipio di Morcote, ha espresso soddisfazione per la serata che ha visto protagonista anche il pubblico partecipe e interessato, che non ha mancato di rivolgere molte domande ai ricercatori. “E’ il primo di una serie di appuntamenti che vogliamo organizzare per fare cultura circa quelli che sono problemi non più ignorabili, che stanno per diventare il centro – si spera – del dibattito pubblico: ambiente, inquinamento e cambiamento climatico. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti”. E la triste conferma alle sue parole giungeva dalla Germania proprio in quelle stesse ore oggetto di fenomeni climatici dalla violenza inaudita e mai visti prima.

La serata si è conclusa con un aperitivo offerto da “Negozio Leggero” di Lugano, esempio di come esistano e siano possibili alternative plastic free che puntino al riuso, come il ritorno al vuoto a rendere, e al “zero waste”: al rifiuto zero. Perché i rifiuti che creiamo, lo si è visto bene durante l’incontro, vanno poi ad invadere in maniera capillare il nostro ambiente. Da cui, va detto e forse ricordato più spesso, dipende in primis la nostra salute.

 

Eleonora Martinelli
eleonora.martinelli@varesenews.it

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Pubblicato il 16 Luglio 2021
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