Il Covid accelera la digitalizzazione delle aziende: “Chi non si muove andrà fuori dal mercato”

La seconda rilevazione dell’Innovation Index di Confartigianato rileva la difficoltà di tre imprese su cinque sul fronte digitalizzazione. «Chi cambia esce prima dalla crisi ma serve un sostegno»

Generica 2020

C’è una crepa che il Covid ha allargato fino a trasformarla in un pericolo per la tenuta del tessuto economico così come lo conosciamo oggi: è quella che ha separato nell’ultimo anno in mezzo in modo sempre più marcato le piccole e medie imprese tra quelle che hanno preso la strada dell’innovazione digitale ed ecologica e le aziende che faticano a intercettare il cambiamento. Una divisione rischiosa soprattutto per chi fatica ad adattarsi ai nuovi metodi di produzione e comunicazione.

A rilevarlo è la seconda edizione dell’Innovation Index, indice nato nel 2019 nell’ambito del progetto InnoVaUp realizzato dalla collaborazione tra Artser e Faberlab di Confartigianato per rilevare la maturità digitale delle Pmi e accompagnarne il processo di sviluppo.

Mentre erano cinquanta le aziende mappate nella prima fase, sono diventate 150 nella seconda, che è stata caratterizzata dal più imprevedibile degli acceleratori del cambiamento: la pandemia.

Il blocco di alcune attività, e il rallentamento del lavoro, hanno generato in alcuni settori produttivi e di servizio un circuito vizioso – economico e di prospettiva – pericoloso per il tessuto economico, che ha messo su due sponde opposte gli imprenditori che sono usciti dalla crisi, e quelli che sono ancora in affanno soprattutto nei settori maggiormente esposti ai venti del cambiamento dettato o imposto dal Covid e del riassetto economico mondiale: il manifatturiero e la casa (costruzione e impianti) in primis, dove prevalgono le imprese con elevata capacità di personalizzazione dell’offerta e grande flessibilità produttiva.

I NUMERI DELL’INNOVAZIONE IN PANDEMIA

Ma veniamo ai numeri: l’analisi ha evidenziato che i tre quarti delle aziende intervistate hanno effettuato una innovazione della gestione del personale nulla (17%) o basica (60%), Mentre solo il 19% ha proceduto a una innovazione media e solo il 5% hanno una gestione del personale avanzata dal punto di vista digitale.

Molto migliore il tasso di innovazione nella gestione dei processi: ben il 40, 7% è ad uno stadio avanzato, e il 41% è a livello medio. quasi nulla l’assenza di innovazioni, solo al 16,7% la situazione è ancora di base.   Mentre sull’introduzione di elementi tecnico produttivi il tasso di innovazione torna ad abbassarsi, con il 42% che ha proceduto a una innovazione di base, e il 20% che ne ha fatta del tutto. In questo segmento il 23% ha un livello medio di innovazione e solo il 6% è a livello avanzato. Restano infine bassi i livelli di integrazione tra i macchinari utilizzati in azienda (29% assente – 42% base) che è alla base di impresa 4.0,  così come la propensione all’innovazione (basica per il 56% delle imprese.

Nel complesso, la maggior parte delle aziende, il 55%, si  limita a una trasformazione di base, il 29% ha effettuato una innovazione di livello medio,  solo il 6% ha “schiacciato l’acceleratore” dell’innovazione e per ben il 10% delle aziende studiate il livello di trasformazione è addirittura assente.

“CHI NON CAMBIA RISCHIA DI USCIRE DAL MERCATO”

«Il virus non ha fermato il processo di indagine ma lo ha cambiato – rileva il presidente di Confartigianato Imprese, Davide Galli – E a stupirci sono state soprattutto le reazioni delle aziende e la forte divaricazione tra quante hanno scelto di rompere le resistenze e assecondare velocemente la trasformazione digitale e quante, di contro, non sono riuscite a cambiare direzione e faticano a imboccare la strada dell’evoluzione».

Cosa si può fare ora? «L’obiettivo è agire su quattro fronti: la gestione aziendale e del personale, i processi produttivi e la transizione ecologica, l’elemento di maggiore attualità tra i quattro, in merito al quale notiamo un interesse crescente da parte delle aziende (gestione dei rifiuti industriali ed efficientamento energetico sono i trend crescenti) e sul quale ci concentreremo nella terza fase del nostro progetto di assessment e consulenza personalizzata» spiega Galli, indicando le note positive emerse dall’indagine in epoca Covid.

«E’ evidente che c’è ancora molto da fare, ed emerge dalla nostra indagine la necessità di accompagnare i processi di innovazione, digitale ed ecologica, delle aziende che ad oggi hanno evidenziato un “livello assente” di trasformazione (10%) e che rischiano di essere espulse dal mercato – conferma Bongio.  Il tempo è una variabile implacabile: le lancette del mercato girano veloci e bisogna rincorrerle con rapidità per non disperdere un patrimonio di conoscenze e imprenditorialità fondamentali per il territorio».

Dal 2015 al 2021, i cambiamenti introdotti dalle aziende sono stati perlopiù i nuovi sistemi informativi (quasi il 70%) seguiti da impianti, macchinari e attrezzature basate su nuove tecnologie di produzione e dall’introduzione di prodotti successivi a quello utilizzato e caratterizzato da un miglioramento delle prestazioni.

«Il Pnrr farà da acceleratore alla rigenerazione dei processi aziendali? È il nostro auspicio, a fronte di gap importanti accumulati dalle imprese, ma i fondi da soli non basteranno. Tanto dovrà fare, e farà, la formazione – continua Galli – L’Innovation Index ci restituisce infatti grosse carenze nelle competenze digitali e gestionali sia tra gli imprenditori che tra i loro collaboratori che andranno colmate per intercettare vere forme di cambiamento e, soprattutto, poterle gestire in modo efficace»

«Tanto più il contesto è imprevedibile, e il periodo pandemico lo è, tanto più per le aziende diventa vitale prevedere i bisogni emergenti e i trend di crescita per diversificare il proprio business con prodotti competitivi: la trasformazione digitale è la molla di questo processo e per questa ragione non può più essere rinviata, sia per ciò che riguarda i macchinari che a propositivo del ripensamento del modello di business» Conclude Bongio.

InnoVaUp muoverà da queste premesse per il terzo step integrandosi con il progetto CreSo (Crescita Sostenibile) «L’innovazione digitale ed ecologica trasferisce fiducia e autorevolezza a clienti, fornitori, investitori e collettività e consente alle imprese di implementare la competitività per aumentare la forza del business» conclude Galli.

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Pubblicato il 08 Settembre 2021
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