Gli anestesisti di Gallarate spostati a Busto. “Ospedale sempre più penalizzato”
Il problema degli anestesisti è centrale e ora si aggiunge una ulteriore debolezza. La consigliera comunale dem Margherita Silvestrini denuncia anche la situazione dei pazienti con cronicità: "Il 50% costretto a curarsi a casa in autonomia, altri vanno persino a Milano"
L’equipe di anestesia a Gallarate subisce un altro colpo, dopo anni (ormai) di difficoltà e turni che “ruotano” anche su Somma e Saronno. «Da pochi giorni il gruppo di anestesisti gallaratesi devono coprire anche il servizio a Busto Arsizio, per compensare una ulteriore riduzione dei professionisti che lavorano a Busto» denuncia Margherita Silvestrini, consigliere comunale del Pd a Gallarate.
Silvestrini, che già da candidato sindaco ha messo al centro la preoccupazione per l’ospedale, continua a monitorare la situazione nel confronto con operatori, utenti dei servizi, associazioni. «Si continuano a tamponare le emergenze sottraendo personale a una struttura già fortemente penalizzata. Senza peraltro risolvere problema alla radice, visto che l’allontanamento di anestesisti si ripete ormai da tempo e le soluzioni finiscono a creare nuove criticità.
Silvestrini segnala poi un altro dato: la crescente difficoltà dei pazienti con malattie croniche a trovare risposte sul territorio. «Faccio riferimento a un censimento a sondaggio effettuato dalle associazioni di familiari di paziente con patologie croniche: è emerso che i pazienti cronici si trovano oggi sempre più senza risposte. Il 50% di loro sono ormai costretti a gestirsi in autonomia, a casa, il 25% si rivolge ai professionisti che li seguivano e con cui riescono a mantenere il contatto, anche se nel frattempo questi professionisti sono stati chiamati a coprire esigenze in altri reparti».
«Il restante 25% degli intervistati si deve rivolgere all’ospedale più vicino, che ormai significa a Milano o a Garbagnate o persino in Piemonte. Questo dimostra che il bisogno sanitario cui rispondeva il nostro servizio riabilitativo esisteva e ancora chiede una risposta che sul territorio che manca. Non è la domanda di prestazioni che manca, ma l’offerta. Si tagliano non rami secchi, ma servizi che hanno una loro ragione e che funzionavano».
Da ultimo Silvestrini sottolinea un altro aspetto importante: «Si operano tagli sulla base di un criterio che lo stesso personale non conosce. Una dinamica che lascia medici, infermieri e altro personale in una situazione di disaffezione e anche di scarsa chiarezza di prospettive. Ed è questa mancanza di chiarezza che poi spinge all’abbandono: il personale chiede di poter essere messo nelle condizioni di lavorare con certezze, prima ancora che in nuovi spazi», dice Silvestrini alludendo al dibattito sull’ospedale unico.
Silvestrini ribadisce che è necessario «che si affronti la situazione, che si investa sul ripristino di ciò che ben funzionava», per evitare lo smantellamento definitivo «di modelli che funzionavano» e che sono stati sacrificati per «mettere le pezze a un’emergenza, senza intaccare minimamente i problemi che stanno alla base». L’esempio di un modello articolato scomparso è quello della pediatria, con equipe e rapporto con il territorio spazzati via con il trasferimento a Busto.
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