Milano, il calcio femminile e il fascismo: “Giovinette” di Federica Seneghini a Duemilalibri

La storia vere della prima squadra di calcio femminile, nata a Milano, che dovette fare i conti con il fascismo e con una società sessista

duemilalibri 2021 Federica meneghini e marco Giani

Un romanzo, un saggio, una storia del costume e di una Milano degli anni Trenta, un manuale di lotta e di rivoluzione pacifica sotto il segno della cultura e dello sport: Giovinette – le calciatrici che sfidarono il duce è il romanzo della giornalista del Corriere della Sera Federica Seneghini, contenente un saggio dello storico e ricercatore gallaratese Marco Giani, che è stato presentato a Duemilalibri ieri sera, giovedì 28 ottobre.

Al centro di Giovinette la nascita del calcio femminile italiano, nato nel capoluogo meneghino nel 1933, in pieno ventennio fascista, quando questo sport declinato al femminile non era nemmeno contemplato. Erano delle ragazze comuni – chi faceva la sarta, chi l’insegnante, chi la commessa nei negozi – legate da una profonda amicizia e da un sentire comune: «Erano desiderose di trovare qualcosa che le togliesse la noia, le facesse evadere dalla quotidianità e le facesse divertire. Una squadra che dal nulla, poco alla volta, si conquista un universo maschile».

La scoperta del calcio femminile

Il romanzo è nato dall’incontro tra Giani e Seneghini proprio nell’estate del 2019, in pieno clima di scoperta del calcio femminile grazie ai mondiali: «Ho iniziato a chiedermi perché ci fossero tanti pregiudizi, mi sono messa alla ricerca del calcio femminile e mi sono imbattuta in Marco e nei suoi studi, è l’esperto numero 1 in Italia. Da quell’incontro è nato un articolo del Corriere; poi siamo andati a casa dell’ultima testimone oculare che aveva 90 anni, Grazia Barcellona: le zie erano nella squadra e la madre era commissaria e per tutta la vita si è sentita raccontare questa storia».

Da lì il desiderio di approfondire, conoscere ed esplorare la storia di quelle ragazze che «ci provarono e ce la misero tutta» per giocare in un mondo appannaggio solamente degli uomini. «Giocarono nonostante tutti i compromessi, conoscevano benissimo le regole della società italiana e la morale, sapevano che non potevano spingersi troppo in là. Continuarono a giocare fino al cambio della dirigenza del Coni e della Figc: il nuovo presidente aveva dello sport un’opinione diversa, ovvero che servisse a fornire medaglie al regime. Pertanto le ragazze furono reindirizzate ad altri sport considerati più utili. Nessuna di loro giocò più a calcio».

Giani ha spiegato come si è imbattuto in questa formidabile storia, sconosciuta ai più: «Io insegno in una scuola media di Milano. Negli intervalli le mie alunne giocavano a calcio e sentivo le loro storie e ho scoperto i pregiudizi dei maschi che subivano. Ho così scoperto che il calcio femminile nasce a Milano nel 1933 e come unica fonte c’era un primo articolo su “Il calcio illustrato”, insieme ad altri articoli successivi e reportage».

Successivamente ci ha portato le studentesse affinché lavorassero a un articolo per il giornalino sportivo della scuola; la sua ricerca, però, non si è fermata: «Ho scoperto cosa c’era dietro la famiglia Boccalini, dove la passione dello sport si legava alla politica antifascista. Non era solo una storia di sport, perché dietro c’era un carico di umanità che si intrecciavano allo sport.  Molti episodi di vita quotidiana del periodo centrale del fascismo fanno riflettere molto sul sessismo della società italiana».

Contro i pregiudizi sessisti

I pregiudizi degli anni Trenta non sono certo dissimili da quelli odierni, come ha confermato la scrittrice: «Ho inserito delle frasi carpite dal 2019, proprio nelle settimane dei mondiali, che calzavano bene nel 1933: non è stato assolutamente difficile ricostruire i dialoghi del tempo». La loro squadra – ha precisato – non nasce per portare avanti una battaglia in seno ai diritti civili: «Loro sono partite da una passione» e, immergendosi in un mondo a predominio maschile, hanno dovuto fare i conti con i pregiudizi.

E cosa facevano quando si imbattevano contro il sessismo della società? «Ribattevano e facevano notare che era un loro diritto giocare a calcio», servendosi anche della stampa del tempo che, nel bene o nel male, amplificò la loro voce e le fece conoscere a tantissime aspiranti giocatrici. Infine, Giani ha fatto notare come le calciatrici abbiano in primis cercato e attirato le simpatie e l’appoggio dei calciatori di serie A e non di altre sportive donne, «perché trovarono in loro una passione comune e, dunque, degli impensabili alleati».

Nicole Erbetti
nicole.erbetti@gmail.com

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Pubblicato il 29 Ottobre 2021
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Commenti

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  1. sophiejulie
    Scritto da sophiejulie

    Questo è un altro esempio di come la storia sia anche delle donne.. E di come troppo spesso se ne siano dimenticati in passato. Molto interessante!

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