Metamorfosi urbana a Varese: le due chiese perdute di piazza Carducci
La 35esima puntata della rubrica di Fausto Bonoldi si sposta, sempre nel centro pedonale, nella piazza in fondo a corso Matteotti
Ogni lunedì, con una passeggiata virtuale, la rubrica “Metamorfosi urbana” vi racconta le trasformazioni che ha subito Varese negli ultimi cento anni, da quando cioè è diventata capoluogo di provincia. A firmarla è Fausto Bonoldi, storica firma del giornalismo varesino che su questo argomento, che tratta da anni nel gruppo Facebook La Varese Nascosta, ha scritto anche un libro, edito da Macchione, dal titolo “Cara Varese come sei cambiata“
Metamorfosi urbana, trentacinquesima puntata: le due chiese perdute di piazza Carducci
Negli ultimi due secoli ha subito notevoli modifiche, che non ne hanno però intaccato il fascino, l’antica piazza Sant’Antonino poi intitolata a Giosuè Carducci.
Nobilitato dai restauri, dopo che era stato lasciato decadere, si fa ammirare, tra le vie Cattaneo e Broggi, l’elegante edificio di Casa Comolli, dove nel 1817 si trasferì la Società del casino, luogo di riunione dei notabili varesini con sentimenti patriottici.
Nel palazzo fu aperto il Caffè del casino che, si racconta, aveva un passaggio segreto che consentiva ai patrioti di sfuggire alle retate della polizia austrungarica e di rifugiarsi nel Chiostro di Sant’Antonino. Nel 1847 il Caffè fu una delle tappe di un “flash mob” ante litteram organizzato dal patriota Carlo Pellegrini Robbioni, allora proprietario di Palazzo Estense, cominciato con un pranzo nei Giardini Estensi e concluso, tra lo sventolio di fazzoletti tricolori, al Teatro Sociale.
Sul lato della piazza che fronteggia lo sbocco di corso Matteotti sono state conservate le case cinque/seicentesche che, nel 1743, i Gesuiti acquistarono da Giuseppe Bianchi e Giuseppe Castiglioni per dare una sede alla loro scuola di grammatica, aperta sei anni prima alla Motta e trasferita in piazza Sant’Antonino per sfuggire al chiasso del mercato.
Del collegio faceva parte una chiesa dedicata a tutti i Santi, andata perduta dopo che, nel 1773, la Compagnia di Gesù fu soppressa da papa Clemente XIV e i padri furono espropriati e privati del diritto di insegnare. Restano a testimoniare la nobile storia del luogo gli affreschi che decorano la volta dell’atrio che s’incontra oltre il cortile aperto sulla piazza, tesori d’arte del tardo manierismo, in cui il professor Silvano Colombo ravvisa lo stile del Morazzone, e che sono stati riportati all’antico splendore da un raffinato restauro curato dal compianto architetto Luciano Brunella.
Un’altra chiesa, dedicata a Sant’Antonino, scomparve alla fine del Settecento quando Pietro Veratti acquistò il monastero delle suore. soppresso in forza delle norme ecclesiastiche dell’imperatore d’Austria Giuseppe II. Il Veratti non si fece scrupolo di suddividere l’edificio sacro che dava sulla piazza in più vani destinati ad abitazioni e negozi.
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Meno male che non è arrivata nessuna ” STANDA ” e che sono stati sempre eseguiti ottimi restauri. Quando ci passo mi soffermo sempre a gustarmela…unica malinconia il portone di fianco alla farmacia dal quale si passava per andare a fare i compiti da Don Gigi Lanella….