Nella pandemia le donne hanno pagato il prezzo più alto nella ristorazione e nel turismo
Sono 183mila le lavoratrici del settore costrette ad abbandonare la loro attività avendo contratti spesso part time o stagionali. Solo il 28,7% di ristoranti e bar è a titolarità femminile
![Legnano torna in zona gialla e riaprono bar e ristoranti](https://www.varesenews.it/photogallery_new/images/2021/04/legnano-torna-in-zona-gialla-e-riaprono-bar-e-ristoranti-1218040.610x431.jpg)
Anche nel mondo della ristorazione e del turismo in generale, ad aver pagato il conto più salato della pandemia sono le donne: 183mila lavoratrici del settore costrette ad abbandonare la loro attività, per rimanere a casa con i figli in dad o perché, avendo contratti spesso part time o stagionali, non sono state chiamate in servizio a causa della crisi. Non solo. Se è vero, infatti, che i numeri del settore certificano che il 51,4% della forza lavoro di bar e ristoranti è composto da donne, è vero anche che solo il 28,7% dei locali è a titolarità femminile.
Una percentuale che nel 2021 è destinata ad assottigliarsi ulteriormente proprio a causa delle chiusure post pandemia. Dati che fotografano un gender gap a tutti gli effetti sia tra le lavoratrici che tra le imprenditrici, tanto che il fenomeno è stato messo nel mirino del Gruppo Donne di Fipe-Confcommercio, deciso a invertire il trend, ricorrendo al supporto anche della Global Thinking Foundation, fondazione creata nel 2016 e presieduta da Claudia Segre per sostenere l’alfabetizzazione finanziaria delle fasce più deboli della società, donne comprese.
«Raggiungere l’uguaglianza di genere in tutte le sue forme e manifestazioni è uno degli obiettivi di sostenibilità che si è data l’Unione europea entro il 2030 – spiega Valentina Picca Bianchi, presidente delle Donne di Fipe -. Per farlo è indispensabile che i corpi intermedi, come la Federazione, cessino di considerare il proprio ruolo come puramente sindacale. È necessario che si facciano carico di percorsi di empowerment, necessari a sviluppare una cultura d’impresa femminile. Anche perché una cosa è sicura: la ristorazione avrà un futuro se saprà professionalizzarsi e adottare un approccio manageriale alla filiera, al lavoro e al servizio alla clientela. E in queste attività, è inutile negarlo, le donne hanno una marcia in più».
«Nel Paese dei divari di genere, da quello salariale a quello digitale, le imprenditrici hanno espresso con progetti mirati e lungimiranti la loro capacità di andare oltre le difficoltà della crisi economica provocata dalla pandemia – sottolinea Claudia Segre -. Fipe guida la ripresa economica con l’impegno di tutte loro unite da consapevolezza, determinazione ed un senso di appartenenza ad un settore cruciale per il nostro Paese. Il nostro biglietto da visita, fatto di accoglienza, ospitalità e di concretezza».
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