Molestie alla hostess, il pubblico ministero chiede due anni per il sindacalista di Malpensa

L'imputato, aderente alla Fit Cisl è accusato di abusi sessuali nei riguardi di una assistente di volo che si era rivolta a lui per una vertenza di lavoro. Parlano accusa, parte civile e difesa che ha chiesto l'assoluzione

giudiziaria

Il pubblico ministero Martina Melita ha chiesto la condanna a 2 anni di reclusione per il sindacalista della Fit Cisl accusato di aver molestato sessualmente una hostess che si era rivolta a lui per una vertenza di lavoro.

La vicenda risale al 2018 quando l’uomo e la donna si diedero appuntamento in una sede del sindacato di sera. La donna sarebbe rimasta in aeroporto dopo il proprio turno di lavoro per incontrare R.M., il sindacalista che avrebbe dovuto aiutarla.

Una volta fatta entrare negli uffici del sindacato, in un momento in cui nella struttura non era presente nessun altro, ha iniziato ad ascoltare la storia della donna ma poco dopo si sarebbe spostato alle sue spalle e avrebbe iniziato a massaggiarle il collo. Da quel momento sarebbero iniziati dei veri e propri palpeggiamenti a cui la donna avrebbe posto immediatamente termine, andandosene.

La vicenda è stata riassunta, dal punto di vista dell’accusa, scorrendo le testimonianze di altre lavoratrici che avrebbero subito le attenzioni non gradite da parte del sindacalista ma che non hanno poi denunciato.

La parte civile, nelle sue conclusioni, ha messo in luce la differenza di trattamento dei casi di denuncia di molestie sessuali tra l’Italia e la Norvegia, nazione di origine di una delle testimoni del processo che ha raccontato di un episodio in cui R.M. l’aveva seguita in bagno: «L’hostess norvegese è stata creduta e ci sono state delle conseguenze da parte del suo sindacato mentre in Italia la mia assistita è stata colpevolizzata». Ha ricordato nuovamente le scuse che l’imputato ha presentato alla vittima e ha cercato di “smontare” la tesi del complotto nei confronti del sindacalista, avanzato invece dalla difesa.

L’avvocato di parte civile Teresa Manente ha chiesto la condanna e un risarcimento di 30 mila euro per i danni morali e psicologici subiti.

Nel pomeriggio ha concluso anche il difensore dell’imputato, l’avvocato Roberto Donetti, dopo aver passato al setaccio le incongruenze nelle dichiarazioni dei testi dell’accusa, ha ricostruito tutti i rapporti interni tra i sindacalisti coinvolti cercando di tratteggiare un’ambiente in cui si sono mischiate questioni personali e questioni di potere sindacale. Donetti ha riproposto, dunque, la tesi del ricatto nei confronti di R.M., quando venne estromesso dal sindacato europeo e poi anche dalla Cisl ricostruendo una macchinazione nella quale un sindacato rivale della Cisl avrebbe soffiato sul fuoco per screditare il concorrente, cavalcando le voci attorno a lui che lo descrivevano come molestatore e misogino. In conclusione il difensore ha cercato di convincere il collegio presieduto dal giudice Nicoletta Guerrero che l’imputato quella sera aveva solo cercato di consolarla appoggiandole le mani sulle spalle in quanto la hostess si era messa a piangere perché aveva capito che per la sua vertenza si profilava una debacle. Donetti ha anche sostenuto che la denuncia è arrivata 4 mesi dopo non perché la donna ci avesse particolarmente riflettuto ma perché a fine giugno del 2018 la sua causa davanti al tribunale del lavoro sarebbe andata male, esattamente come aveva previsto l’imputato, e perché la stessa era passata alla UIL: «La vicenda che riguarda il mio assistito è stata abilmente sfruttata dagli avversari sindacali. Chiedo l’assoluzione perché il fatto non sussiste e spero che possiate ridare a quest’uomo il suo lavoro e la sua vita, infangata anche a livello mediatico».

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Pubblicato il 22 Dicembre 2021
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