“Va bene così”: gioia nel futuro e speranza irrompono nell’ultimo, doloroso, saluto a Vanni Belli
In una basilica di san Vittore gremita, per quello che potevano consentire le norme anticovid, chi è andato ad assistere a quella che doveva essere una funzione che dice la parola fine alla vita si è trovato davanti a una celebrazione di ciò che verrà
![Funerali di Vanni Belli](https://www.varesenews.it/photogallery_new/images/2021/12/funerali-di-vanni-belli-1267485.610x431.jpg)
Può un funerale raccontare la vita e il carattere di una persona? Può descriverlo e rappresentare un vero saluto da parte sua a chi resta sulla Terra? La risposta è si, davanti alla cerimonia che ha dato l’ultimo saluto a Vanni Belli.
In una basilica di san Vittore gremita, per quello che potevano consentire le norme anticovid, chi è andato ad assistere a quella che doveva essere una funzione che dice la parola fine alla vita si è trovato davanti a una celebrazione di ciò che verrà: organizzata con consapevolezza dallo stesso defunto, e raccontata da chi gli è stato più vicino con una serenità che ha allargato il cuore a chi era andato per piangerlo.
«Siamo tutti vicini alla famiglia di Vanni, cui va la nostra vicinanza e il cordoglio – ha sottolineato Monsignor Luigi Panighetti, prevosto di Varese – Quello a cui stiamo partecipando però non è solo un saluto umano, ma anche una celebrazione di luce e di speranza nel Signore».
Una celebrazione di fede piena e serena, rappresentata anche dai canti in stile gospel che hanno costellato la funzione, eseguiti dalle voci della Compagnia della Gru: e il più sorprendente e più commovente, per uno straordinario paradosso emozionale, è stato “Oh Happy Day” che alla maggior parte di noi evoca le vacanze natalizie, ma che in realtà ha un significato molto più profondo e dialoga direttamente con il Paradiso.
(per ascoltarla selezionate qui sotto, l’audio è dal vivo)
Un momento toccante, anche conoscendo la lunga sofferenza patita prima di “tornare alla Casa del Padre”: «Oggi Vanni si consegna, non si rassegna, alla morte. La sua pazienza, negli ultimi anni, è stata come quella di Giobbe, che è stato citato nelle letture. Ma di quel Giobbe che dice, di fronte a ciò che gli accade della vita: “Il Signore dà, il Signore toglie: sia benedetto il Signore” – ha detto nella predica don Alberto Cozzi, parroco di Galliate Lombardo, dove viveva con la famiglia – Del resto, mi ha sempre impressionato la sua intelligenza pacata e solida, la sua riservatezza, quel suo stare un passo indietro. Uno che sta un passo indietro, però, perché è già pronto, non perché non lo è».
A conclusione della cerimonia, infine, tre ricordi che l’hanno ritratto con una forza enorme, capace di portarlo insieme a tutti coloro che lo stringevano nell’ultimo abbraccio. Il primo, di don Ernesto Mandelli, cappellano dell’Istituto Molina: «È entrato al Molina, nel breve periodo in cui è stato direttore, in punta si piedi, interpretando cosi il filone culturale su cui il Molina è nato: per spirito di servizio. Il suo stile mite e discreto si è collocato benissimo in questa cultura. Anche da lontano abbiamo seguito gli ultimi tempi di sofferenza, vissuti con speranza e fede: a noi resta il ricordo della sua grande dignità».
L’ultimo, invece, è di Luca Molinari, attuale presidente della società astronomica Schiaparelli, di cui è stato presidente per diversi anni: «Voglio portare un ricordo come membro dell’osservatorio Schiaparelli e come amico – ha esordito – Quanto tempo siamo stati nel silenzio della cupola ad osservare le stelle, quanti discorsi profondi abbiamo fatto, perchè con te non si poteva farne a meno. Abbiamo passato ore nel laboratorio fotografico a sviluppare negativi in cui non si vedeva niente della cometa che stavamo cercando. Ti ricorderemo nella neve o sulla strada, ma anche al tavolo con Regione lombardia e Sindaco e sostenere la causa dell’osservatorio. E alla fine ti hanno anche ascoltato. Ti ricorderò silenzioso negli ultimi giorni del lutto e non dimenticherò il tuo “ciao”, quel segno di riconoscimento e saluto. Quanta dignità nella tua morte».
Ma tra di loro c’è stato il momento più sorprendente: per forza, serenità, poesia: le parole della figlia Marina che, con un sorriso disarmante e una serenità nella voce sovrumana, ha raccontato – Ci ha raccontato, a tutti noi che in quella stanza d’ospedale non c’eravamo – gli ultimi momenti con il padre, il loro legame, quello che avrebbe conservato e ciò che doveva lasciare. “E va bene così” ha ripetuto più volte, in un mantra che tutti noi ci porteremo a casa, e ripeteremo guardando le stelle.
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