Reyes: “Quando mi ha chiamato la Openjobmetis non ho esitato ad accettare”

Il nuovo straniero biancorosso si è presentato alla Enerxenia Arena: "Per me è la prima occasione in Europa. Come gioco? Tutto comincia in difesa. Scola? Ci ho giocato contro, ma la sua Argentina era fortissima"

justin reyes basket pallacanestro varese

Faccia pulita, inglese fluente e sorriso accennato ma perenne a fil di labbra. Justin Reyes sta scoprendo in queste ore l’Italia e l’Europa, mondi conosciuti solo a distanza ma mai frequentati né dentro né fuori i campi da gioco, in attesa di vestirsi con i colori della Openjobmetis e di aiutare Varese a centrare una salvezza non semplice.

Il 26enne americano con radici nei Caraibi (tra Santo Domingo e Porto Rico) si è presentato oggi – venerdì 21 – a Masnago accompagnato dal gm Michael Arcieri e dal ds Mario Oioli, e ha raccontato aspettative, speranze e passioni trasferite nel giro di pochi giorni dal suo appartamento di Città del Messico (dove ha giocato in G-League con i Capitanes) alla sua casa nel Massachusetts fino al palasport di Varese.

«Prima della chiamata di Varese non avevo mai ricevuto una proposta per venire a giocare in Europa. Nei giorni scorsi avevo terminato la mia esperienza a Città del Messico (la sua squadra disputa la “Showcase Cup” ma non il campionato vero e proprio della lega di sviluppo ndr) e mi stavo allenando da solo a casa quando è arrivata la possibilità di venire in Italia. Ho visto che c’erano diversi aspetti positivi per fare un’esperienza nel vostro campionato e non ho esitato ad accettare. So che la classifica non è delle migliori ma so anche che manca poco a questa squadra per fare il cambio di passo».

Sul suoi impiego sul parquet da parte di coach Roijakkers (con cui, curiosamente, condivide le iniziali J.R.), Reyes spiega: «Mi adatterò alle sue richieste: per quanto mi riguarda, posso “allargare il campo” con i miei spostamenti o attaccare il canestro con aggressività ma credo che tutto parta dal contributo che si dà in difesa. Sul ruolo, io penso che un giocatore oggi “sia quello che marca”: personalmente posso contenere le guardie, marcare le ali anche più fisiche e se necessario le ali forti. Poi, in attacco, mi posiziono di conseguenza».

Nei giorni scorsi, parlando con Michael Arcieri, Reyes ha ricordato di aver giocato contro Luis Scola in passato e quando i due si sono incontrati hanno ripensato a quel match di Lima, in Perù, valido come finale dei Giochi Panamericani vinti dalla albiceleste del General. Accadde nel 2019, Porto Rico contro Argentina: «Disputammo una gara amichevole nella quale feci bene – spiega Reyes – mentre nel match ufficiale valido per i Panamericani giocai solo 4′. Di quelle partite però conservo bei ricordi: tra questi uno Scola che ci demolì con 28 punti e 9 rimbalzi e un’Argentina fortissima con Campazzo che era inarrestabile. Provammo a raddoppiare lui e gli altri, ma il loro giro-palla portava sempre a un tiro facile e a un canestro. Fu dura, ma sono contento di trovare qui un personaggio come Scola».

A livello personale, però, è un altro il giocatore che accende la fantasia del neo-varesino: «Il mio preferito rimane Dwyane Wade, l’ex stella dei Miami Heat. Mi ha sempre impressionato la sua capacità di giocare in diversi ruoli, ha fatto addirittura il centro quando era necessario. E poi mi piaceva la sua grande concentrazione grazie alla quale è sempre rimasto focalizzato sull’obiettivo, ovvero la vittoria, senza compromessi».

Membro di una famiglia molto numerosa – quattro fratelli e quattro sorelle più alcuni nipotini – Reyes si è sentito subito accolto dal mondo biancorosso, un po’ perché lo stesso Arcieri ha sottolineato come «nel nostro club ragioniamo come una famiglia, e per questo il primo giorno di lavoro di ciascuno di noi dev’essere sempre speciale», un po’ perché Justin è stato sommerso dai messaggi di benvenuto piovuti dai fans di Varese attraverso i canali social. «Non so nemmeno a quanta gente ho risposto, ringraziando per i messaggi di incitamento e di saluto dopo la mia firma con la Openjobmetis. Purtroppo so che per il momento la capienza del palazzetto è del 35%, ma spero che vincendo qualche partita l’entusiasmo che ho percepito possa sentirsi anche sulle tribune».

A Varese, il nuovo arrivato vestirà la maglia numero 12, già mostrata nel corso della presentazione (foto in alto): «Di solito utilizzo il 21 ma qui è già occupato da Ferrero, però anche il 12 mi piace molto. Un paio di anni fa ebbi un infortunio al ginocchio e quando ripresi a giocare lo feci, con il numero 12, con un club della Repubblica Dominicana. Era una squadra formata da ragazzi che facevano tanti sacrifici per giocare, ne venne fuori una stagione divertente e molto bella. Per questo ho scelto di riprendere quel numero di maglia».

Infine il Justin extra-basket, che dà l’impressione di essere un giovane molto curioso: «In queste poche ore ho già avuto modo di vedere un po’ la città, visto che mi sono spostato in macchina tra i vari uffici e studi medici, ma ho anche individuato il Sacro Monte. In generale a me piace viaggiare, scoprire quello che mi circonda. Amo anche cucinare e credo che l’Italia sia molto interessante per la cultura del cibo che c’è da voi. Inoltre c’è grande attenzione ai prodotti naturali, molto più che negli States». E poi l’immancabile consolle per i videogiochi, con “escursioni” anche nel mondo del calcio, altro sport che gli piace molto. «Non ho una squadra del cuore anche se conosco quelle italiane, ma se Varese ha la sua, magari farò anche un giro allo stadio».

Damiano Franzetti
damiano.franzetti@varesenews.it

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Pubblicato il 21 Gennaio 2022
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