Tragedia a Morazzone: accoltella la moglie, nell’armadio il cadavere del figlio di 7 anni
L'omicida è fuggito ma è stato arrestato nella mattina del 2 gennaio a Viggiù. Era ai domiciliari nella casa della frazione Cuffia per un aggressione tra colleghi avvenuta ad Azzate un mese fa

Un uomo di 40 anni, Davide Paitoni, ha tentato di uccidere l’ex moglie e ha ucciso il figliolo di 7 anni tra Gazzada Schianno e Morazzone, in provincia di Varese.
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La tragedia e la storia di terribile violenza si è scoperta a poco a poco nel corso della giornata di Capodanno: tutto è partito infatti dalla denuncia di una donna, aggredita nella serata del primo gennaio dal marito da cui si era separata circa un anno fa, nella sua casa nel comune di Gazzada Schianno. La donna è stata accoltellata ma è riuscita fortunatamente a salvarsi denunciando così l’accaduto ai Carabinieri.
Ed è stato nell’ambito delle indagini seguite a questo tentato omicidio che i carabinieri, perquisendo l’abitazione del marito a Morazzone, in via Cuffia, hanno fatto la più macabra e drammatica delle scoperte: il ritrovamento del figlio della coppia, di sette anni, il cui corpo era stato nascosto nell’armadio. Il ritrovamento è avvenuto nella notte tra l’1 e il 2 gennaio, e la fuga del padre omicida è durata poco: l’uomo è infatti stato arrestato in una vasta operazione dei Carabinieri culminata questa mattina con la sua cattura a Viggiù, sulla strada che porta al monte Orsa, a poche centinaia di metri dal confine svizzero.
L’uomo, un quarantenne, era in quella casa con il padre e il figlio ai domiciliari, dopo un episodio di aggressione di cui era stato protagonista un mese fa : il 26 novembre scorso infatti l’uomo aveva accoltellato alla schiena un collega ad Azzate, nella ditta dove lavoravano, e poi era fuggito. I carabinieri di Varese lo avevano raggiunto e arrestato con l’accusa di tentato omicidio. All’epoca incensurato, il quarantenne aveva risposto al Gip di Varese, e la Procura aveva disposto per lui i domiciliari.
Nella casa di corte in cui risiedeva ai domiciliari con il padre, tra i vicini prevale lo sgomento: «A mezzanotte circa abbiamo visto delle luci in cortile, ma di primo acchito abbiamo pensato ad un vicino malato. Invece di quelle luci ne arrivavano sempre di più, e abbiamo cominciato a preoccuparci» Spiegano alcuni dei dirimpettai «Del bambino non sappiamo molto, il padre non l’abbiamo conosciuto ma sapevamo che era ai domiciliari per un’aggressione. In compenso conosciamo il nonno, che è una persona molto gentile. Certo che una cosa del genere non doveva capitare, è incomprensibile»
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