Al Kapannone dei libri di Angera si ride con il mito di Charlie Chaplin
Dal 7 marzo al 14 aprile la mostra a cura di Andrea Kerbaker "Ridere con Charlot": l’icona cinematografica nei film, nei libri e nelle riviste di tutto il mondo
Un lungo tappeto rosso – come quelli calcati dalle star del cinema – darà il benvenuto alla nuova mostra che il Kapannone dei Libri di Angera dedica a Charlie Chaplin e al suo mitico personaggio Charlot, ancora oggi icona mondiale. Dopo la pausa invernale, caratterizzata dal cineforum, ritornano le mostre nell’importante centro culturale di Angera: dal 7 marzo al 14 aprile lo stabile di via Verdi ospiterà l’esposizione “Ridere con Charlot“.
“Ridere con Charlot non è solo una mostra: è un viaggio intorno ai molteplici volti di un mito in cui palcoscenico e realtà si fondono – spiega Andrea Kerbaker, ideatore del Kapannone di Angera e curatore della mostra -. Ci siamo molto divertiti a immaginarla e crearla, speriamo altrettanto i visitatori a vederla”.
In tutto il globo Chaplin è Charlot, con il suo grosso paio di scarpe, la bombetta e il bastone. Non potevano quindi mancare per l’occasione omaggi al suo celebre abbigliamento grazie a un allestimento divertente e scenografico con una grande bombetta sollevata da terra, cartonati a grandezza naturale dei più famosi personaggi, colorati manifesti del cinema, spezzoni dei film che lo hanno reso celebre, libri e riviste da tutto il mondo e poi ancora brochure, programmi di sala, locandine e poster. Materiale molto vario e allegro che, in tre sezioni, ripercorre vita e carriera del personaggio che tanto sa appassionare il pubblico di ieri e di oggi. Naturalmente partendo dai film.
RIDERE CON CHARLOT: LA MOSTRA
PRIMA SEZIONE: I FILM
Andrea Kerbaker racconta che uno dei suoi primi incontri con Chaplin fu alla Cineteca di via San Marco a Milano, dove proiettavano The Kid, Il Monello (1921) – il primo dei suoi lungometraggi che, all’indomani della grande guerra, colpisce l’immaginario collettivo mettendo in scena il dramma dei piccoli orfani. Nel ricordo di tanti ci sono anche i successivi: La febbre dell’oro (1925), Il circo (1928) e Luci della città (1931) che ripercorriamo in mostra con le locandine, le fotobuste, i poster, gli spezzoni più significativi.
Celeberrimo è anche Tempi moderni (1936) riproposto in anni recenti dal teatro Dal Verme di Milano con l’accompagnamento di una splendida orchestra dal vivo e il tutto esaurito. E pensare che ancora nel 1973 alla Scala si rifiutarono di proiettarlo in questo modo, finendo sulla copertina di un Panorama d’epoca, che naturalmente abbiamo in mostra. E poi, ancora, Il grande dittatore (1940) che ci fece capire, decenni prima di Benigni, che era possibile ridere perfino sulle sciagure umane, purché fosse un riso intelligente e partecipe. I film postbellici – da Monsieur Verdoux (1947) alla Contessa di Hong Kong (1967) attraverso Luci della ribalta (1952) e Un re a New York (1957) – sono forse meno riusciti, ma qui documentati anche quelli, perché una mostra che si rispetti non può ignorarli. Anche perché nel frattempo Chaplin, vittima della caccia alle streghe del maccartismo, è costretto ad allontanarsi dagli USA con l’accusa di “filocomunismo”. Anche questo capitolo tormentato della sua vita è ampiamente documentato e dibattuto sui quotidiani internazionali, di cui esponiamo esempi italiani ed esteri.
SECONDA SEZIONE: VITA PRIVATA
Nel caso di Chaplin, tuttavia, fermarsi ai soli film sarebbe un errore perché “l’uomo stesso è un personaggio“, nella vita pubblica come in quella privata, praticamente dall’inizio della sua comparsa sugli schermi. Già nel 1921, in occasione del suo viaggio di ritorno nel nostro continente, folle osannanti lo attendono in ogni città europea: un’accoglienza riportata sulle prime pagine di giornali e riviste, che rende la misura della sua immensa popolarità e sancisce il trionfo di una vera star. Un’attenzione quasi morbosa che si concretizza in una sfilza di scritti su di lui che lo accompagnano fino alla morte. Inevitabile che in questo bailamme anche la sua vita privata venga continuamente scandagliata, con risultati tutt’altro che positivi, visto che l’uomo ha molti aspetti nascosti che definire controversi è un simpatico understatement. È questo Chaplin privato che verrà raccontato nella seconda sezione della mostra, e che restituisce il ritratto di una personalità controversa e dalla vita familiare burrascosa: con 88 anni di vita, ben 11 figli e 4 mogli, tutte molto più giovani di lui.
Abbiamo affrontato il tema attraverso la parola scritta, di libri, con il minimo di pettegolezzi possibile, ma con ampio dettaglio su chi ha accompagnato l’uomo nella sua avventura: soprattutto l’ultima moglie Oona O’Neill, figlia del drammaturgo premio Nobel Eugene O’Neill, e alcuni dei loro figli, come Geraldine, talentuosa attrice cinematografica, o Victoria, fondatrice dell’onirico Cirque Invisible. In questo contesto non mancano testimonianze di conflitti, dai figli che spiattellano il problematico rapporto con un padre ingombrante alle ombre delle relazioni coniugali e non (My life with Chaplin, il libro confessione della terza moglie Lita Grey che, alla sua uscita nel 1965, contribuì ad alimentare i pettegolezzi). Ma, insegna Hollywood, The show must go on, e il mito è lì per farsi immortalare: basti guardare due dive come Claudia Cardinale e Brigitte Bardot che nello stesso 1965 lo omaggiano sfidandosi in una divertente gara di imitazioni in esclusiva per il settimanale Oggi. Così abbiamo seguito la vita privata del vagabondo fino alla morte, la più poetica che ci sia, notte di Natale del 1977, un avvenimento da prima pagina sui giornali del mondo, come al tempo si riservava solamente a capi di stato e uomini illustri. È morto Chaplin, un poeta che ha illuminato il mondo, sintetizza L’Unità, e non è soltanto il commento della indomita militanza comunista di quel giornale.
TERZA SEZIONE: I LIBRI DEGLI ALTRI
Abbiamo già detto come, in questa vita sotto i riflettori, tutto del personaggio e dell’uomo diventi iconico e oggetto di ammirazione del pubblico. Qui inizia la terza parte della mostra, piccola ma succosa: Charlot rimesso in scena da altri. Il personaggio con la bombetta e il bastone diventa così iconico che da subito è protagonista di fumetti disegnati non da Chaplin: il primo presente in mostra, inglese, è del 1915, e il fenomeno proseguirà in vari paesi del mondo fino a tutti gli anni Settanta (ancora nel 1992 esce per Skira il volume illustrato per ragazzi Une dimanche avec Chaplin). E, come nella vita, anche nella letteratura il vagabondo e il suo creatore non finiscono di ispirare: se già negli anni Venti ci furono libri con Chaplin protagonista (Il mio amico Charlot, del mondadoriano Enrico Piceni), a distanza di 90 e passa anni anche questo aspetto non si è mai arrestato: Chaplin è stato il personaggio principale di qualche buon giallo di Stuart Kaminsky, mentre ancora pochi anni fa da Sellerio è uscito il poetico tributo di Fabio Stassi, L’ultimo ballo di Charlot. Tanti ricorderanno probabilmente anche Triste, solitario y final, memorabile tributo a Hollywood dello scrittore argentino Osvaldo Soriano, dove Chaplin agisce da personaggio insieme a molte star di quel periodo.
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