Auto che danno la scossa al cambiamento climatico
Le auto a ricarica elettrica sono più che decuplicate tra il 2017 e il 2021 e hanno continuato a guadagnare quote di mercato, rappresentando ora quasi 1 auto su 5 nuove vendute nell'Unione Europea
Bill Gates nel libro “Clima, come evitare un disastro” ci conduce attraverso una rigorosa analisi del modo in cui produciamo, coltiviamo, riscaldiamo e ci spostiamo e delle soluzioni possibili oggi e domani per ridurre a zero le emissioni di CO2. Nel capitolo sugli spostamenti conclude: «La soluzione è usare energia elettrica, da fonti rinnovabili, per alimentare il maggior numero possibile di veicoli e sviluppare carburanti alternativi a basso costo per gli altri». Nel primo caso rientrano autovetture, autobus e autocarri leggeri. Nel secondo, autotreni, treni, aerei e navi.
Ammesso e non concesso che l’elettricità sia prodotta con fonti rinnovabili, altrimenti il cambiamento di alimentazione non ha senso, la velocità con cui questa trasformazione avverrà dipende da molti fattori complessi; tuttavia, in ultima istanza, l’equazione è semplice: quanto costa guidare un’auto al chilometro? Se il prezzo della benzina, o diesel, è troppo basso relativamente al costo di acquisto e utilizzo delle auto elettriche, ci vorrà molto tempo. Gli incentivi e le politiche di sostegno alla transizione energetica possono spostare l’equilibrio, ma anche creare disequilibri, cioè “vincitori” e “vinti”.
In questi giorni è forte il dibattito politico-industriale in Italia e illumina bene le dinamiche in gioco. «Di fronte a “Fit for 55”, non possiamo nasconderci il rischio di conseguenze sociali e occupazionali indesiderate e potenzialmente gravi», ha dichiarato il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti. Il Fit for 55 è il pacchetto di norme varate dalla Commissione europea l’anno scorso, per ridurre le emissioni del 55% entro il 2030. La loro applicazione rischia di avere un costo sociale e industriale molto alto per l’industria italiana. Conseguenze gravi in particolare per il settore automobilistico e per i piccoli produttori, se non saremo in grado di ascoltare gli input che ci vengono dall’industria. Dobbiamo considerare chi controlla le materie prime ed evidentemente questo soggetto non si trova in Europa. Facciamo attenzione perché stiamo consegnando il futuro del settore auto a un soggetto che sta fuori dall’Europa», la Cina per le batterie.
Anche il ministro alla Transizione Ecologica Roberto Cingolani sottolinea, in un’intervista a La Stampa, le difficoltà verso l’obiettivo zero emissioni: «Una transizione giusta deve essere sostenibile sul piano ambientale come su quello sociale. Va affrontata senza ideologismi. Entro il 2030 dobbiamo raddoppiare le nostre fonti rinnovabili, vale a dire che, da quest’anno, dobbiamo decuplicare il numero di nuovi impianti eolici e fotovoltaici installati annualmente». Cingolani dichiara inoltre: «Dobbiamo sfruttare soluzioni innovative, come le piattaforme galleggianti fotovoltaiche ed eoliche, a diverse miglia dalla costa. Solo a quel punto potremo parlare di transizione, e solo così avrà senso comprarsi un’auto elettrica». Peccato che, come scrissi qualche tempo fa, in Italia si predichi bene e si razzoli male.
(“Ci siamo rotti le pale” https://www.varesenews.it/2021/03/ci-rotti-le-pale/1317276/).
A che punto sono le vendite a livello europeo? Le auto a ricarica elettrica sono più che decuplicate tra il 2017 e il 2021 e hanno continuato a guadagnare quote di mercato, rappresentando ora quasi 1 auto su 5 nuove vendute nell’Unione Europea. Si tratta di un mercato ancora fragile: fortemente sussidiato e allo stesso tempo limitato dalla scarsa diffusione delle infrastrutture di ricarica, che sono solo raddoppiate nell’ultimo quinquennio.
Il contesto è chiaro: dobbiamo prepararci al divieto di vendita dal 2035 di nuove auto a motore termico indicato dalla Commissione europea. Ma in Italia stiamo giocando in difesa da tempo a causa del ritardo accumulato, piuttosto che passare all’attacco come stanno facendo grandi Paesi come Francia e Germania. Ad oggi siamo l’unico grande mercato in Europa a non avere alcun incentivo per le auto a emissioni zero.
La posizione dei ministeri coinvolti, Sviluppo Economico, Economia e Finanze, Infrastrutture e Mobilità Sostenibile, e Transizione Ecologica, è variegata e sintetizzata dal mite Cingolani: «Dobbiamo curarci di chi comunque non potrebbe passare all’auto elettrica, e lo dobbiamo aiutare a passare ad un mezzo molto più ecologico del vecchio Euro zer0 o Euro uno. Già un passaggio a una macchina nuova Euro VI, che inquina meno, in questo momento dà un fortissimo impulso alla decarbonizzazione».
Probabilmente si interverrà aprendo il portafoglio con circa 3 miliardi di incentivi. Per quanto riguarda le auto da incentivare, l’idea sarebbe di mettere tre quarti dei fondi sulle auto a basse emissioni (0-60 g/km di CO2) e un quarto su quelle con emissioni comprese tra 61 e 135 g/km. Per capirci meglio dobbiamo fare un piccolo sforzo di approfondimento tecnico, utile per crescere la nostra competenza e fare scelte di acquisto e di pensiero più informate.
Le auto con emissioni comprese tra 0 e 20 g/km di CO2 sono quelle soltanto elettriche come le Tesla, la Dacia Duster elettrica, la Renault Zoe e la 500 elettrica prodotta in Italia da Stellantis. Nel range 21-60 g/km ci sono le auto plug-in hybrid, il che significa che hanno il motore endotermico, ma nello stesso tempo hanno la presa per essere caricate con l’elettricità. Di solito hanno 50-60 km di autonomia in versione elettrica. Le plug-in hybrid prodotte in Italia da Stellantis sono la Renegade e la Compass a Melfi. Nell’intervallo tra 61 e 135 g/km ci sono le auto definite full o mild hybrid (si tratta di auto ibride che non si possono però ricaricare con la corrente, è infatti il motore endotermico a caricare la batteria in fase di frenata, di solito hanno un’autonomia di 10-15 km in elettrico). Tra queste la Panda Ibrida prodotta a Pomigliano. Ma lo stesso intervallo comprende anche molte auto diesel, a metano o a benzina. Anche di grande cilindrata come le Maserati ibride Levante e Ghibli prodotte e Mirafiori (fonte dell’analisi: alvolante.it).
È tutta questione di equilibri. Niente incentivi per le auto endotermiche seppur efficienti? Si avranno rapidi effetti sull’occupazione in Italia con una perdita di circa 73.000 posti di lavoro nel settore auto, di cui 63.000 nel periodo 2025-2030, ovviamente come sempre da attutire con gli ammortizzatori sociali (sono sempre i nostri soldi). Infatti, l’Inps certifica che sono già cresciuti da 26 a 60 milioni di ore di cassa tra il 2019 e il 2021.
Ma non basta la politica. Servono anche le scelte coraggiose e opportunistiche delle imprese. Interessante al riguardo il caso Bosch. Il primo produttore mondiale di componentistica per auto, con circa 80 miliardi di fatturato e 400 mila dipendenti è una società di beneficenza con la maggior parte degli utili reinvestiti in ricerca e sviluppo o donati a cause umanitarie.
Bosch ha osteggiato la transizione verso l’elettrico fino all’arrivo a inizio 2022 del nuovo amministratore delegato. Stefan Hartung ha subito cambiato marcia: “Bosch sostiene il passaggio all’elettrico entro il 2035 senza se e senza ma e farà la sua parte per il loro raggiungimento lavorando a stretto contatto con i responsabili politici per implementare il Green Deal nella nostra attività in modo tale da conservare il maggior numero di posti di lavoro possibile e crearne di nuovi”.
Coerentemente, ha annunciato che intende investire 2 miliardi di euro per riqualificare i suoi dipendenti e limitare la perdita di posti di lavoro nel passaggio dai motori a combustione all’elettrico. Gli investimenti tecnologici sono altrettanto evidenti: produzione di semiconduttori di potenza in carburo di silicio, produzione di massa delle celle a combustibile stazionarie e a mobili e anche attrezzature per le fabbriche dedicate alla produzione di batterie.
Tanti anni fa, ogni lunedì mattina, arrivava in via Arconati dove sono cresciuto un carro trainato da due cavalli bianchi. Portava casse di insalata e verdure varie ai lavatoi dove robuste signore, nutrite a base di trippa, riscaldate da stufe a carbone e abituate alle nebbie padane di quegli anni, le avrebbero lavate asciugate e preparate per il verziere di Milano. Erano le ultime tracce di un’epoca che a breve sarebbe scomparsa. È ora di passare dai cavalli a petrolio a quelli solari ed eolici.
“È necessario abbracciare il cambiamento se l’alternativa è il disastro”, Elon Musk.
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