Condannato a un anno per truffa l’uomo che gabbò il papà del Pm Luigi Furno
La decisione del giudice monocratico di Varese che opta per una pena salata a fronte del pagamento di 2800 euro per un sax comprato on line e mai giunto a destinazione
La truffa entra anche nelle famiglie di legge, sfida gli anfratti che si aprono nelle scelte del retto vivere, e carpisce la buona fede da chi si fa consigliare dagli esperti del diritto penale, che si trovano a portata di mano: «Mi faccio consigliare da mio figlio, che è pubblico ministero».
Ma l’antidoto non ha funzionato. Il tribunale di Varese ha condannato a un anno di carcere un uomo del 1962, S.S., accusato di aver truffato A. Furno, padre del pubblico ministero milanese Luigi (uno dei pm della Procura di Milano dell’indagine “Mensa dei poveri” e l’inchiesta sui “camici Lombardi“).
I fatti si riferiscono a un periodo abbastanza lontano, il 2014, e rispondono alla denuncia dell’uomo acquirente di uno strumento musicale trovato su internet perché messo in vendita dal proprietario, strumento però mai arrivato a destinazione nonostante il pagamento di una somma importante, 2.800 euro. Tradotto: una “truffa a distanza“.
L’esito del procedimento penale dinanzi al giudice monocratico è stato comunicato oggi, 15 febbraio, alla lettura della sentenza. Il Furno (padre) era alla ricerca anni fa di un sassofono, e ne trovò uno di suo gradimento in rete: lo vendeva l’imputato (presunto innocente fino a prova contraria dal momento che siamo al primo grado di giudizio), una persone “a posto”, che inviò a garanzia della buona vendita i documenti d’identità e fotocopia del codice fiscale e addirittura le proprie referenze bancarie, insomma vennero adottati tutti i meccanismi per garantire la buona riuscita dell’operazione con un certo margine di sicurezza, proprio come consigliano di fare gli addetti ai lavori.
All’avvicinarsi della compravendita, poi, venne prodotta anche una ricevuta di spedizione, tassello conclusivo che convinse A.Furno a sborsare la cifra con bonifico, tuttavia senza mai ricevere il prezioso strumento. «Sono andato dal corriere con quella ricevuta, e mi dissero che era stata contraffatta», è stata la ricostruzione dei fatti avvenuta in aula.
Da qui la contestazione di truffa, e la sentenza in primo grado pronunciata dal giudice Alessandra Sagone dopo la richiesta di pena del pubblico ministero Davide Toscani.
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