“In due sul divano per 10 euro a notte”: così funzionava a Varese il racket delle badanti
Un appartamento di via Piave in città usato come base logistica per le donne pagate spesso in nero per curare gli anziani
Arrivavano dalla Romania per accudire gli anziani della provincia di Varese, e alla sbarra dinanzi al tribunale di Varese ci sono oggi (1 febbraio) due imputati accusati di favorire il traffico di queste persone, e lucrare su di loro. In aula sono stati sentiti martedì dinanzi al Collegio presieduto dal giudice Cesare Tacconi.
Racconti della disperazione, della difficoltà di raccogliere danaro per sostenere le proprie esistenze, e spesso le famiglie rimaste in patria. L’occasione per arrivare in Italia spesso si nascondeva nel sottobosco delle amicizie: «Me l’aveva detto l’autista che conoscevo e che ci portava in Italia: mi aveva detto di rivolgermi a una persona che mi avrebbe trovato il lavoro».
Ma è la domanda del giudice a chiarire cosa succedeva in quei rapporti lavorativi: «Sì, ero in nero, lavoravo senza documenti». Le strade della badanti rumene si intrecciano spesso a Varese: alcune hanno lavorato a Genova o a Pavia, altre a Napoli, e in provincia di Varese arrivavano nei paesini dove le famiglie avevano bisogno di qualcuno che curasse gli anziani.
L’impiego arrivava attraverso un’agenzia che si occupava dell’Intermediazione del lavoro, e che si occupava anche di trovare un alloggio a queste donne che così speravano nella vita nuova. «Ho pagato 10 euro al giorno per dormire in quattro in una stanza in un appartamento di via Piave a Varese: due per ogni divano, dopo che arrivai in Italia nel 2013», ha raccontato oggi in aula una testimone.
Lo stesso, secondo il racconto sviluppato in aula, succedeva anche a Gemonio: «Pensavo fossi in regola coi contributi, ma poi ho fatto un controllo una volta arrivati in questura assieme al figlio dell’anziana che aiutavo: è lì che mi sono accorta che non mi avevano versato i contributi».
La sede dell’agenzia di intermediazione del lavoro era a Gavirate e aveva l’obiettivo di “piazzare” le badanti dalle famiglie che ne facevano richiesta. Delle cinque persone inizialmente indagate dopo il blitz della Squadra Mobile di Varese e dei carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro nel 2014, una è deceduta, una ha patteggiato e una terza è stata prosciolta, mentre il reato contestato ai due imputati è quello previsto dall’articolo 603bis del codice penale che punisce chi viene ritenuto responsabile di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro”.
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