Gli evasi dal carcere di Varese di fronte al giudice: “È stato un colpo di testa, col Covid periodo difficile”
L’udienza in videoconferenza dal carcere di Opera: “Col covid non riuscivamo a vedere più nessuno e non ce la facevamo più”
Volevano rivedere i loro famigliari e per questo hanno fatto un “colpo di testa” e sono evasi. Hanno parlato in aula di fronte al giudice Bernardi del Tribunale di Varese i due evasi dai Miogni lo scorso 14 febbraio e arrestati ieri sera a Induno Olona.
I due sono stati al centro di una vasta e minuziosa indagine della Penitenziaria di Varese e del nucleo Investigativo regionale che hanno messo sotto pressione gli unici agganci che potessero in qualche maniera rappresentare un appiglio per i fuggitivi: cioè le loro famiglie.
Il 15, giorno successivo alla fuga, è stata la moglie di Nardello, di Arcisate, a comportarsi da cittadina modello, chiudendo la porta in faccia al marito e avvisando subito le forze dell’ordine, a un passo dalla cattura. Poi importanti sono anche le segnalazioni arrivate alla polizia da parte di cittadini che avevano riconosciuto i due dalle foto segnaletiche pubblicate sulla stampa.
Alla fine il blitz, alle 20.30 passate di giovedì al cimitero di Induno Olona seguendo i parenti di Ragona: è stato lui il primo ad essere stato fermato, Nardello era nelle vicinanze. Nel corso dell’udienza di convalida sono stati ascoltati gli operanti che hanno ricostruito i fatti legati all’arresto: i genitori del Ragona stavano arrivando verso Induno Olona e sono stati pedinati e così sono stati ritrovati gli evasi. I due imputati hanno spiegato che si è trattato di un colpo di testa dovuto al momento e alla situazione contingente legata al periodo difficile del covid. Il giudice si è ritirato in camera di consiglio ma è scontata la convalida dell’arresto.
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