“La mia protesta al fianco e non contro il personale, per migliorare l’assistenza all’ospedale di Varese”

Il tema dell'assistenza ospedaliera rimane al centro del dibattito. La lettrice che ha sollevato il problema replica all'operatore sanitario per precisare il fine della sua lamentela

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Il tema dell’assistenza all’interno dell’ospedale di Varese, il carico di lavoro degli operatori e il bisogno di cambiare le cose registra una nuova replica della lettrice che ha sollevato il tema. Una risposta alla lettera dell’ Operatore sanitario ( che ha inviato dalla propria email personale e per questo non è anonimo) che spiegava il punto di vista di chi lavora nei reparti.


Gentile direttore,

in seguito alla lettera in cui lamentavo quanto accaduto durante il ricovero di mia madre (https://www.varesenews.it/2022/02/ricovero-ospedale-mia-madre-le-tante-magagne-offendono-la-dignita-del-cittadino/1426269/), leggo la risposta da parte di un anonimo “operatore sanitario” (perché non si firma? E da quando si pubblicano lettere non firmate? Non sarà l’incaricato di qualche ufficio? ) (https://www.varesenews.it/2022/02/un-operatore-sanitario-dellospedale-varese-risponde-si-lamentato-ricovero-dellanziana-madre/1427017/).

L’anonimo sospetta che si vogliano denigrare i sanitari attraverso la stampa e senza conoscere come sono andate le cose avanza ipotesi infondate per giustificare i fatti che abbiamo esposto, come se fossimo sprovveduti che si lamentano senza capire le situazioni.

L’obiettivo della mia lettera non era affatto puntare il dito sugli operatori sanitari, ma indicare le carenze di un sistema sperimentate direttamente e chiamare in causa la responsabilità di chi lo dovrebbe amministrare! Sono proprio queste carenze che rendono spesso impossibile anche ai più eroici dei sanitari svolgere il loro lavoro in modo adeguato alle necessità. Anche se nel gruppo ci potrebbe essere qualcuno che un pochettino forse ci marcia (perché mettere un carrello a 1 metro o vicino al letto chiede solo una diversa attenzione).

Ribatto alle sue affermazioni perché non siamo né pressapochisti né esagerati, anzi, per ragioni di brevità avevo esposto solo una parte delle magagne constatate.

1) Sì, ci siamo rivolti più volte ai medici del reparto, al personale infermieristico che abbiamo visto durante le brevissime visite concesse nei primi giorni, a cui telefonavamo, e anche al primario (per interposta persona). Abbiamo scritto anche all’Assessore dott.ssa Moratti, pensi un po’.

2) È ovvio che nessuno mi ha “obbligato” a stare per ore al freddo in attesa di informazioni fuori dal PS, ci mancherebbe! Ma che sia stata “una mia scelta” non è vero; che alternative avevamo? Tornare a casa, magari a chilometri di distanza, accamparsi in auto con una coperta termica o affittare una suite in albergo? Per questo credo che sia necessario predisporre un luogo dove si possano attendere la comunicazione telefonica dei sanitari. Anziché reagire offesi, sarebbe ora di pensarci e fare qualcosa. 

3) A proposito della posizione irraggiungibile del carrello con cibo e acqua: mia mamma era in grado di nutrirsi da sola e non aveva prescrizioni per una “nutrizione particolare” dai medici. Se così fosse stato, anzi, ragion di più perché qualcuno passasse ad aiutarla; cosa che non è avvenuta. Certo che avendola lasciata sdraiata, senza il telecomando per inclinare il letto, col carrello lontano… è stata costretta a mangiare con le mani come poteva (e che perciò, increduli, l’abbiamo trovata così indebolita). Non è gradevole trovarlo scritto su un giornale, lo credo bene. Ma è proprio quello che è successo per diversi giorni. Se non fossimo intervenuti, come sarebbe andata a finire?

4) Il mancato accompagnamento in bagno non erano dovuto alle sue “condizioni cliniche generali”. Infatti la risposta del personale alle sue richieste era uno sbrigativo “non abbiamo tempo”. Ci fossero state altre ragioni, bastava spiegargliele (“per ora non è possibile, signora, rischia di cadere”). Come ogni anziano sofferente e solo in ospedale era disorientata, ma non incapace di capire! Tanto che ci ha riferito l’accaduto con grande senso di umiliazione. Risposte del genere semmai dimostrano, a dispetto di quanto scrive l’anonimo, la scarsa attenzione e rispetto verso le persone. Dovuti allo stress, sia pure. Ma accettabili, verso una persona che non può che subire?

5) Sugli introvabili telecomandi delle tv nessuna accusa, solo una constatazione: collocazione ignota. Apprendiamo che qualche paziente ruba il telecomando o lo rompe, purtroppo. Magari allora il personale potrebbe segnalarlo a chi di dovere. Anche mettere un semplice cartello con scritto “per avere il telecomando rivolgersi a…”.  O far pagare la cauzione. Ma non rimandare ancora una volta ai pazienti o ai loro parenti l’onere di fare lamentele, in momenti in cui spesso non c’è nemmeno la forza di pensarci.

6) Riguardo le dimissioni: avendoci consegnato il foglio col piano terapeutico, sapevano che eravamo in attesa fuori dalla porta del reparto e avevano il nostro recapito telefonico. Altrimenti perché ci saremmo lamentati della mancata comunicazione?

7) Replicando al mio suggerimento di impiegare percettori del RdC per qualche semplice incombenza, l’operatore scrive: “far assumere anche più personale adeguato no?”. Magari!! Sarebbe ora, visto le ore accumulate di straordinario dal personale sanitario! Ma visto che non succede, perché scandalizzarsi dell’idea? La provocazione sull’impiego di altre risorse viene dal constatare il bisogno impellente, e l’impossibilità di entrare noi a fare quello che il personale non riesce a fare, una proposta di buon senso per tamponare con qualche forma di aiuto imperfetto ma immediato… Altrimenti, mentre aspettiamo bandi di concorso, formazione e assunzioni, quanta altra gente dovrà uscire dall’ospedale disidratata e denutrita, e per quanto ancora il personale sottodimensionato dovrà lavorare “a discapito della propria salute e dei propri affetti”?

Spero che all’anonimo sia chiaro che non stiamo accusando la categoria dei sanitari, ma che attraverso la narrazione dei fatti – sottoscritta con nome e cognome – insieme a loro chiediamo a chi di dovere a tutti i livelli di prendere i necessari e urgenti provvedimenti perché cose simili non si ripetano più.

Dopo esserci rivolti personalmente ai responsabili in ospedale, abbiamo deciso di rendere pubblica la vicenda anche attraverso la stampa: perché sappiamo che troppe persone purtroppo stanno vivendo esperienze simili o anche molto peggiori, perché davanti a cose così gravi non riteniamo più accettabile lavare i panni sporchi in casa. E perché siamo cittadini, non sudditi.

Beatrice Bernasconi 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 10 Febbraio 2022
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