L’ultimo giorno delle monache benedettine nella chiesa di San Francesco di Gallarate

Con il trasferimento a San Salvatore di Grandate si chiude una storia di 57 anni di presenza monastica a Gallarate, nel cuore pulsante dell'abitato. Le suore donano alla città un'opera di Silvio Zanella: "Segno di riconoscenza per la città"

San Francesco Gallarate

A cinque mesi dall’annuncio del trasferimento a San Salvatore di Grandate, oggi – mercoledì 9 febbraio – sarà l’ultimo giorno a Gallarate delle sorelle benedettine, le monache di clausura che si prendono anche cura della chiesa di San Francesco, in piazza Risorgimento. Una presenza discreta  eppure avvertita da molti e a molti cara, nella storia recente di Gallarate.

Il monastero delle “Benedettine dell’Adorazione perpetua del Santissimo Sacramento” si insediò nel 1965, su impulso di monsignor Gianazza e con approvazione del cardinal Montini, futuro papa Paolo VI: il monastero venne edificato lungo la via Tenconi, alle spalle della chiesa neogotica di San Francesco, che risale invece agli anni appena prima della Prima Guerra Mondiale. Le monache nel tempo sono arrivate ad essere quasi una ventina (diciotto, per la precisione), mentre nell’ultimo periodo sono cinque le consorelle che vivono nelle inaccessibili stanze del monastero. 

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Un dono alla città, “segno di riconoscenza”

A poche ore dalla partenza, le benedettine hanno voluto anche fare un dono alla città «perché, oltre che monache e parrocchiane, siamo state anche cittadine gallaratesi», spiegano le monache.

Un quadro mai visto prima, visto che si trovava all’interno del monastero, inaccessibile a chiunque.
La Madre Superiora delle suore benedettine di Gallarate l’ha consegnato a Claudia Mazzetti, assessore alle attività formative, e a Emma Zanella, direttrice del Museo Maga, che sono andate a ritirare personalmente l’opera e a ringraziare le suore.

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Si tratta di un’opera di Silvio Zanella, un quadro del 1985 che riproduce la Cena in Emmaus. «Il quadro era stato commissionato proprio dal Monastero e ora il nostro desiderio è che rimanga nella città dove Silvio Zanella è conosciuto e apprezzato, anche come legame che ci tiene unite spiritualmente a Gallarate e ai suoi abitanti. Sappiamo che è in buone mani e che troverà degna collocazione».

«È, da parte nostra, segno di riconoscenza. Negli anni in cui abbiamo vissuto in città, abbiamo sempre trovato coi dovuti tempi ascolto e soddisfazione delle nostre, seppur minime esigenze. In particolare ringraziamo sentitamente perché, avendo fatto richiesta di un terreno presso il Cimitero dove poter seppellire le nostre Sorelle tornate alla casa del Padre, l’amministrazione dell’epoca ne ha fatto gratuitamente “dono” alla comunità monastica».

L’opera, un acrilico su tavola dalle misure significative (cm. 128×78), rappresenta il momento esatto in cui due viandanti riconoscono il Cristo circonfuso di luce, mentre benedice e spezza il pane, nel tipico gesto eucaristico. I personaggi collocati attorno alla tavola imbandita, sono inquadrati da un’ampia finestra che porta lo sguardo verso un paesaggio naturalistico lombardo, particolarmente amato da Zanella.

«Sarà nostra cura e impegno – dicono Mazzetti e Zanella – trovare degna collocazione al dipinto colloquiando anche con Monsignor Riccardo Festa per verificare la possibilità di depositare l’opera in un luogo sacro, fruibile da tutti i fedeli. Ringraziamo per il pensiero e il prezioso dono».

Una comunità dentro alla città moderna

Le monache sono state una presenza discreta  eppure avvertita, nella storia recente di Gallarate. Per anni hanno animato, dal coro della chiesa di San Francesco, le celebrazioni, frequentate da persone residenti nella popolosa zona di piazza Risorgimento, ma anche da persone di tutta la città che erano affezionate alle messe accompagnate dal canto, una delle forme di preghiera nell’arco della giornata. Anche se le suore vivevano la clausura, non mancavano gesti d’affetto anche discreti di chi – tra i Gallaratesi – ha saputo mostrare affetto e attenzione, anche in questi ultimi giorni.

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 L’affresco “La gloria di San Francesco”, del 1911

Fino alla ridefinizione degli orari nel periodo Covid c’erano alcuni frequentatori fissi della messa mattutina delle 7 e altri che invece amavano frequentare la chiesa alla domenica, con la messa delle 9 (l’ultima rimasta nella chiesa, officiata dai sacerdoti della comunità pastorale San Cristoforo).Ma c’era anche chi amava affacciarsi in modo casuale, approfittando del portone sulla piazza o della porticina sulla via laterale,  aperti per tante ore al giorno.

Era un po’ un insolito che la chiesa monastica non fosse nel mezzo di una campagna isolata, ma in una piazza sempre in movimento, di traffico e persone che affollano spesso anche i gradini del sagrato usati come seduta, spesso anche nel cuore della notte. Le suore benedettine sono state una comunità nel mezzo di una realtà urbana.

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 09 Febbraio 2022
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