Roberto Marcora si ritira: “Un meraviglioso capitolo che si chiude. Lascio senza rimpianti”

Il tennista di Busto Arsizio che nel 2020 è stato il numero 150 del ranking Atp ha deciso di concludere la sua carriera da professionista

roberto marcora

Non deve essere stata una decisione facile e lo si capisce da un po’ di amarezza che ancora scalfisce le parole, ma Roberto Marcora ha deciso: la sua carriera da tennista professionista – il più quotato della provincia di Varese – è giunta alla conclusione. Il bustocco ha preso questa scelta sofferta a 32 anni, dopo un periodo difficile e a due anni esatti dal suo best ranking (numero 150 Atp il 17 febbraio 2020).

Come è arrivato a questa decisione?

«La miccia che ha fatto partire le riflessioni è stata a fine dicembre quando il Covid mi ha impedito di partire per Melbourne e gli Australian Open. Non avevo in mente il ritiro, anzi, mi ero appena messo al lavoro con un nuovo preparatore e un mental coach. Sono risultato positivo il 29 dicembre, ho ritardato il volo ma al 6 gennaio ero ancora positivo al tampone molecolare e ho quindi dovuto rinunciare; la delusione è stata tanta. Mi sono concesso del tempo, sono andato prima a Roma, poi in Florida, e alla fine ho preso la decisione di ritirarmi. Ho capito che questo desiderio era latente ma non me rendevo conto. Mi ritengo orgoglioso e sodisfatto: lascio senza rimpianti».

Cosa le ha dato il tennis?

«Mi sento fortunato perché ho avuto modo di conoscere tanta gente e legare rapporti con persone straordinarie, oltre a visitare luoghi splendidi. Da giovane mai avrei pensato di fare una vita così da vagabondo, non ce l’avevo di natura. Adesso invece mi sono reso contro che nell’ultimo periodo avevo perso quel fuoco che mi spingeva ad andare avanti; se non ce l’hai dentro diventa difficile. È una vita da privilegiati ma anche molto logorante e stressante, sempre con la valigia in mano».

roberto marcora

Quali sono state le prime reazioni?

«Ho ricevuto tantissimi messaggi. Tutti i tennisti che hanno fatto questa vita mi hanno detto: “Mi spiace ma capisco”. Altri amici invece, anche tra i più vicini, mi hanno dato del pazzo. Mi è venuta voglia di fare qualcosa di diverso. Il tennis è un capitolo meraviglioso che si chiude».

Cosa le mancherà di più della vita da tennista?

«Avere intorno tante persone. Sono un compagnone, mi piace stare con amici e ho la fortuna di aver costruito dei rapporti anche fuori dal campo. Con altri colleghi come Giannessi, Gaio, Viola, Arnaboldi e Lorenzi ci sentiamo spesso e abbiamo instaurato un ottimo rapporto. Ne parlavo l’altra sera con i miei amici storici di Busto: non ci piaceva andare a scuola, ma vedere le persone giuste ogni giorno».

Qual è stato il suo momento migliore in carriera?

«Ce ne sono tanti, quello magico ovviamente due anni e mezzo fa, la finale di Cherbourg contro Safiulin e la semifinale vinta contro Mischa Zverev. In quel periodo mi sentivo davvero molto forte, entravo in campo sicuro di me ed è una sensazione stupenda. Potevo sfidare gli avversari e dire: vediamo come riesci a battermi. Ma di momenti belli ce ne sono tanti. Anche quella volta a Madrid da solo, quando ho vinto un torneo Future o i periodi di svolta come quando sono andato via da Milano».

Tra i quattro Slam qual è il suo preferito?

«New York è speciale perché è stato il primo che ho fatto e c’erano anche i miei genitori e mio fratello; rimane un bellissimo ricordo. L’Australia è il più bello perché ha il fascino della lontananza. Parigi è speciale perché è la mia città preferita mentre a Wimbledon non sono mai entrato nei campi principali e quindi non ho mai vissuto davvero il cuore del torneo».

 

 

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Quale era il suo luogo magico?

«Non ne avevo uno particolare. Ho sempre scelto l’importanza del torneo rispetto ai punti per la classifica e forse questo mi ha un po’ penalizzato nel ranking. Sono contento di aver preso parte due volte al Foro Italico, a Dubai o Indian Wells, aver giocato sui campi più belli di aver fatto queste scelte».

È un momento d’oro per i tennisti italiani. Da dove nasce secondo lei? 

«Direi che siamo messi molto bene. Penso sia frutto di un ottimo lavoro di organizzazione di tornei, avere tanti Challenger in Italia ha aiutato tanto. Dare ai ragazzi giovani la possibilità di competere e giocare, cosa che io non mai avuto, è molto importante per la loro crescita. C’è stato un cambio di rotta da parte della Federazione e anche da parte degli organizzatori».

Un nome per il futuro del nostro tennis?

«Flavio Cobolli è quello che mi piace di più, gioca molto bene ed è un bravo ragazzo. Dico lui perché Musetti e Sinner si conoscono già e li ho assaggiati quando erano in rampa di lancio, addirittura Sinner contro di me ha vinto il suo primo Challenger» (Bergamo nel febbraio 2019, ndr).

Quali sono le idee per il futuro?

«Non penso di rimanere nel mondo del tennis, quanto meno in campo, altrimenti avrei proseguito a giocare, anche se mi sono iscritto al corso maestri. Non mi precludo niente, non so ancora bene.  Sicuramente non andrò a giocare a padel (ride, ndr). Mi prendo un po’ di tempo. In settimana mi vedrò anche con un mio professore per capire se ho voglia di rimettermi a studiare all’università. Ero iscritto a Scienze dei Servizi Giuridici e mi mancano 9 esami. Non sono tanti, ma devi avere la testa giusta. Vedremo».

Francesco Mazzoleni
francesco.mazzoleni@varesenews.it
Sport e Malnate, passione e territorio per comunicare e raccontare emozioni
Pubblicato il 22 Febbraio 2022
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Commenti

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  1. Avatar
    Scritto da Giovy Milano

    Finisci gli studi Roberto ! Un paio d’anni di sacrifici e potrai continuare ad avere il privilegio di scegliere il tuo destino !

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