Siate appassionati, onesti e competenti. Così diventerete Maestri del lavoro

In Italia sono oltre ventimila e fanno volontariato nelle scuole. Emilio Frascoli è il console della provincia di Varese: "Noi siamo testimoni e quando incontriamo i ragazzi trasferiamo i valori che ci contraddistinguono come esseri umani e lavoratori"

Lavoro generiche

Vedersi appuntare una stella al merito del lavoro, la più alta onorificenza concessa ai lavoratori dipendenti, potrebbe sembrare un rito di altri tempi. La stessa definizione “Maestro del lavoro” ha il sapore di una tradizione antica, quando le fabbriche erano ancora fabbriche e il lavoro aveva una dimensione lineare, dove il punto di partenza e quello di approdo avevano coordinate conosciute in grado di rasserenare sul futuro.
Globalizzazione e cultura digitale hanno stravolto totalmente la geografia del lavoro e la vita delle persone, introducendo discontinuità e trasformazioni che si fa fatica a riconoscere e ad affrontare. Non tutto il passato è stato però spazzato via e le nuove generazioni chiedono il riconoscimento di alcuni valori e diritti che hanno modellato il mercato del lavoro nella storia più recente. Ad aiutare i giovani in questo difficile percorso ci sono persone come Emilio Frascoli, console dei Maestri del lavoro per la provincia di Varese, federazione che in tutta Italia coinvolge oltre ventimila volontari.

Frascoli, che ruolo ha un Maestro del lavoro?
«Noi siamo dei testimoni e quando incontriamo i ragazzi a scuola trasferiamo i valori che ci contraddistinguono come esseri umani e lavoratori, ovvero: onestà, passione, etica, lealtà, impegno e competenza. È una testimonianza formativa perché nel vivere il lavoro bisogna dare spazio a tutte quelle componenti che ho elencato. Il nostro è un mix di sapienza, conoscenza e valori che possiamo comunicare in quanto li abbiamo vissuti sulla nostra pelle. Io i ragazzi li chiamo “colleghi” perché, studiando, lavorano per la loro crescita».

Perché è così importante scoprire e affinare il proprio talento?

«Più i giovani sono in grado di scoprire il loro talento e più lavoreranno con la gioia di apprendere giorno dopo giorno. In questo modo il lavoro diventa quasi come un gioco che si fa con serenità e passione perché aiuta scoprire se stessi. Il lavoro contribuisce a definire l’identità di una persona, quando valorizza il suo talento».

I Maestri del lavoro entrano nelle scuole. Qual è la vostra proposta formativa?
«Nel 2018 la federazione ha sottoscritto un protocollo con il ministero dell’Istruzione, dando vita al progetto scuola-lavoro nelle scuole secondarie di secondo grado per stimolare esperienze e riflessioni sul mondo del lavoro. L’obiettivo, attraverso brevi ma significative esperienze a contatto con le industrie, le persone, i tecnici e gli imprenditori, è di far capire agli studenti che proprio nel periodo scolastico si delineano molte delle capacità personali che, opportunamente individuate, si consolideranno nel corso degli studi. Proponiamo conferenze tematiche condotte da specialisti di argomenti di attualità con interventi in classe, presentando agli studenti il mondo del lavoro e le professioni del futuro. Proponiamo visite virtuali alle aziende come supporto per l’orientamento. Con il modulo “Artigiano in classe” svolgiamo esercitazioni pratiche su varie tecnologie. Abbiamo avuto un riscontro positivo dal delegato del dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale e dunque le scuole possono scegliere in funzione delle loro esigenze. Vorrei chiarire però che noi non vogliamo entrare in concorrenza con nessuno e con quanto già viene fatto molto bene da altri, a partire dalle associazioni di categoria. Anzi, crediamo fortemente che fare rete sia importante. Siamo a disposizione della comunità».

Ho notato che nella maggior parte dei casi i lavoratori insigniti della Stella al merito del lavoro sono dipendenti di grandi aziende e gruppi industriali, mentre non ci sono Maestri del lavoro appartenenti alle piccole e micro aziende. È un po’ una contraddizione visto che rappresentano l’ossatura del sistema produttivo italiano.
«È vero, ma non c’è alcuna volontà di esclusione. I Maestri del lavoro sono le persone, non importa se operaio o dirigente, a cui i datori di lavoro hanno affidato grandi responsabilità. E sono sicuro che nelle pmi ci sono persone eccezionali perché più le aziende sono piccole e più le competenze sono diversificate e i rapporti umani intensi. La ragione di questa mancanza, che speriamo di colmare al più presto, sta nel fatto che la richiesta viene presentata dal datore di lavoro e in genere accade che nelle grandi aziende ci sia già una struttura dedicata, che richiede l’impiego di alcune risorse, in grado di avviare l’iter per le candidature dei dipendenti alla Stella al merito del lavoro. Le piccole imprese invece non riescono a dedicare personale per seguire queste procedure. Per sanare questa mancanza è determinante il ruolo delle associazioni datoriali che devono stimolare anche le imprese più piccole a fare le segnalazioni. Si tratta di un’onorificenza assegnata con decreto del Presidente della Repubblica in una cerimonia pubblica che si svolge il Primo Maggio. Quest’anno l’Ispettorato del lavoro ci ha comunicato che i Maestri del lavoro in provincia di Varese saranno quattordici, mentre lo scorso anno erano venticinque».

Oggi nel dibattito sul lavoro del futuro si fa largo la convinzione che gli uomini siano in competizione con le macchine. C’è chi sostiene che Industria 4.0 apra sconfinate praterie di possibilità per l’essere umano e chi invece vede nelle nuove tecnologie un temibile concorrente generatore di disoccupazione. Qual è il pensiero di un Maestro del lavoro su questo tema?
«Al centro delle rivoluzioni industriali c’è sempre l’essere umano, anche in quella che stiamo vivendo. L’uomo è molto di più delle sue competenze e la tecnologia è solo un fattore che lo abilita. È dunque fondamentale che mantenga la sua capacità di essere empatico perché siamo fatti di emozioni. Il lavoratore non è un mero esecutore, ma si confronta, partecipa, gioisce e si rattrista quando non può esprimere la sua potenzialità. Nell’industria 4.0, che nel frattempo è già diventata 5.0, al lavoratore viene chiesta più creatività e capacità di interagire, un maggiore coinvolgimento e una piena assunzione di responsabilità. Posso essere il più bravo ingegnere del mondo, ma se non so lavorare in team e non so comunicare con i colleghi non sarò un valore aggiunto per l’impresa. Le competenze tecniche le posso sempre acquisire sul mercato, le componenti umane e caratteriali no, perché fanno parte di un bagaglio tutto personale. Sono il frutto di un’esistenza che si alimenta degli esempi che abbiamo in famiglia o di quelli che incrociamo negli anni della formazione. Ecco perché è importante ascoltare un Maestro del lavoro quando si è ancora sui banchi di scuola».

Michele Mancino
michele.mancino@varesenews.it

Il lettore merita rispetto. Ecco perché racconto i fatti usando un linguaggio democratico, non mi innamoro delle parole, studio tanto e chiedo scusa quando sbaglio.

Pubblicato il 16 Febbraio 2022
Leggi i commenti

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.

Segnala Errore

Vuoi leggere VareseNews senza pubblicità?
Diventa un nostro sostenitore!



Sostienici!


Oppure disabilita l'Adblock per continuare a leggere le nostre notizie.