Arturo Toscanini: un gigante della musica tra Milano e New York
Figlio di un garibaldino, aveva un carattere impossibile: perfezionista e polemico. Ma in casa era giocoso ed assecondato nelle sue burle. Uomo socievole, si tenne tuttavia lontano dai salotti

Nacque il 25 marzo 1867 uno dei più grandi direttori d’orchestra di tutti i tempi. Un’ottima biografia su Arturo Toscanini è quella scritta da Filippo Sacchi, la cui ultima edizione risale al 1988. Essa ripercorre interamente il percorso biografico di uno dei più grandi interpreti della musica di Verdi e di quella di Wagner. Un volume ricchissimo di aneddoti e per questo adatto ad un pubblico non necessariamente musicofilo, che però può essere certo apprezzato al meglio dagli amanti dell’Opera.
Toscanini era figlio di un sarto e, dimostratosi di intelligenza vivace, frequentò gratuitamente il Conservatorio di Parma dove si diplomò con ottimi voti in violoncello e composizione. Dal padre probabilmente ereditò il carattere scontroso ed istrionico, maniaco della precisione, ma anche affabile, amorevole e socievole, sebbene non adatto ai salotti dell’alta società. Quando si arrabbiava, non solo per ragioni tecniche, si inviperiva, ed ha lasciato prove testimoniate dell’essere stato, quanto meno lontano dal podio, un discreto bestemmiatore. Il padre Claudio aveva fatto parte della milizia garibaldina e portò anche lui le sue idee fino alla tomba, facendosi seppellire con la camicia rossa.
L’occasione di dirigere Toscanini la ebbe quando era molto giovane. Viaggiando a Rio de Janeiro al seguito di un’orchestra raffazzonata, si ritrovò ad essere la “soluzione di urgenza” per salvare un concerto (e la magra pagnotta) in una situazione rocambolesca: per dispetto a terze persone il direttore designato dell’orchestra si rifiutò di salire sul podio. In quel frangente dunque il giovane Arturo ebbe modo di mostrare pubblicamente le sue doti naturali di conduzione, già note ai colleghi musicisti.
Ma non si montò la testa, tornato in patria ricominciò infatti a lavorare come solista.
Se poi è vero come è vero che un po’ tutte le persone acute hanno un lato B, il carattere scontroso di Toscanini non era tuttavia il suo unico tratto. Nell’intimità egli fu sempre amabile e giocherellone, soprattutto con le sorelle, ma anche con la madre, una donna robusta alla quale per burla più di una volta (grande e grosso com’era) chiese di essere posto a dormire traportato tra le sue braccia.
Anche in campo musicale ebbe una sua tenerezza d’animo, nonostante la fama mondiale conquistata soprattutto tra la Filarmonica di New York e La Scala di Milano e nonostante i rapporti con i più importanti cantanti lirici del tempo, tra i quali il napoletano Enrico Caruso ed il torinese (con residenza principesca a Varese) Francesco Tamagno, uno dei massimi interpreti quest’ultimo delle opere di Verdi. Toscanini fu però tenero soprattutto con i buoni musicisti e con le persone semplici.
Tra gli episodi più noti nella vita del Maestro c’è quello dello ‘schiaffo’ fascista subìto, nel 1931, per essersi rifiutato di eseguire gli “inni” del Regime in occasione di un concerto a Bologna. La realtà storica è che più di uno schiaffo si trattò di un vero e proprio tentativo di pestaggio, però va anche ricordato che egli, con le sue strafottenze, se la era proprio andata a cercare. Senza contare che, fatto poco noto, Toscanini era stato un seguace di Mussolini nella primissima ora, candidandosi assieme a Marinetti alle elezioni nel 1919. Nei primi anni Trenta ebbe rapporti epistolari anche con Hitler, ritrovandosi in una comune passione per Wagner. Se si fosse dunque costretti ad un giudizio netto, si dovrebbe concludere che egli fu contrario ai totalitarismi, ma molti elementi portano a credere che l’antifascismo di Toscanini ebbe soprattutto natura di orgoglioso puntiglio e di polemica.
Scheda libro: Filippo Sacchi – “Toscanini” – Longanesi & C. – 1988
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