Roberto Grassi (Unione industriali): “La crisi energetica ci sta facendo perdere competitività sui mercati esteri”

Il saldo commerciale tra import ed export rimane positivo per 2,7 miliardi, ma è in calo del 6,4% rispetto al dato del 2020. L'analisi dell’Ufficio Studi di Univa: "Gli effetti si vedranno nei prossimi trimestri”

roberto grassi

La crisi energetica sta mettendo a dura prova il sistema industriale della provincia di Varese. I prezzi insostenibili di gas ed energia elettrica, uniti alle tensioni geopolitiche scatenate dalla guerra tra Russia e Ucraina, fanno sentire i loro effetti sull’intero sistema produttivo. Il saldo commerciale tra import ed export rimane positivo per 2,7 miliardi, ma è in diminuzione del -6,4% rispetto al dato del 2020. L’Ufficio Studi di Univa avverte: «Quello che emerge è un quadro di recupero del nostro commercio estero, ma con incognite a causa del caro-prezzi e delle tensioni geopolitiche internazionali, i cui effetti si vedranno nei prossimi trimestri».
Il commento di Roberto Grassi, presidente dell’Unione industriali della provincia di Varese.

“Il 2021 è stato l’anno della ripresa: i dati sull’export con cui abbiamo chiuso gli ultimi mesi dell’anno scorso sono la conferma dei nostri punti di forza, della nostra abilità dimostrata nel riposizionamento sui mercati esteri e nelle filiere produttive, sia a livello nazionale sia internazionale. La crescita che siamo riusciti a mettere a segno è la prova della capacità del sistema manifatturiero di fare da traino economico e sociale del territorio. I dati con cui si è chiuso il 2021 non sono in grado, tuttavia, di descrivere pienamente la situazione che si trovano ad affrontare al momento le imprese della provincia di Varese. A mettere a dura prova il nostro sistema manifatturiero sono, infatti, le sempre più crescenti tensioni geopolitiche; la guerra in Ucraina causata dall’invasione russa; le conseguenti fibrillazioni registrate sui mercati energetici, con prezzi mai visti prima d’ora; la mancanza di materie prime. Come Univa lo ribadiamo ancora una volta: produrre in molti settori, già oggi, con gli attuali costi produttivi in costante aumento, non conviene più. E dunque, ci troviamo di fronte a situazioni di aumento dell’utilizzo della cassa integrazione, alla chiusura di impianti produttivi o persino ad aziende che, pur di non perdere i clienti, lavorano in perdita. Rischiamo di vedere scomparire per sempre pezzi importanti del nostro patrimonio industriale. È una crisi senza precedenti. Non tutti i nostri competitor, a livello europeo, si trovano, però, nella nostra situazione. Germania e Francia, ad esempio, possono contare su politiche energetiche più efficaci rispetto a quella italiana e si trovano, perciò, a pagare letteralmente un prezzo minore per questa crisi. I loro Sistemi Paese stanno difendendo le capacità produttive delle imprese meglio di quanto non sia stato fatto finora da noi. Ed è anche per questo motivo che il made in Italy rischia di perdere competitività sui mercati esteri. L’appello a politica ed istituzioni è: non lasciateci soli a fronteggiare le sfide di questa crisi. Servono subito ulteriori interventi di emergenza, a rinforzo dei provvedimenti già approntati dal Governo, ma del tutto insufficienti. Un tetto al prezzo del gas, agevolazioni fiscali e parafiscali sulle bollette adottate al massimo consentito dalla disciplina europea e il taglio delle imposte sui carburanti: ecco cosa serve. Ma allo stesso tempo dobbiamo dotarci di ciò che da anni manca al Paese: una seria politica industriale energetica di lungo periodo che riduca la nostra dipendenza dal gas russo”.

https://www.varesenews.it/2022/03/nel-2021-lexport-della-provincia-varese-sfiorato-gli-11-miliardi-euro/1439771/

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Pubblicato il 18 Marzo 2022
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  1. Avatar
    Scritto da Felice

    In pratica ci stiamo ficcando in catastrofe economica ed umanitaria solo perchè non abbiamo mai pensato di staccarci progressivamente dagli Stati Uniti e della Cina con l’obiettivo di formare una propria indipendenza geo-politica ed in parte economica ma anzi, negli ultimi 30 anni abbiamo solo pensato a delocalizzare in paesi dove il lavoro costava una inezia…paesi guarda caso autocratici ed illiberali…tutto questo perchè heiiii….la democrazia e la libertà sono dei bei concetti….ma il denaro sonante evindentemente ha più attrattiva etica e morale. Nel frattempo fino a ieri i paesi europei hanno occupato il loro tempo a litigare tra di loro e stipulare accori unilaterali sempre con i paesi sceriffi del mondo USA e Cina. Complimenti….bello schifo di mondo che si è creato.

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