Una sera a cena in una famiglia di Busto Arsizio che ospita i profughi in fuga dai missili di Putin
Angela e Beppe ospitano un fratello e una sorella di 18 e 12 anni (che conoscono da anni grazie ad Aubam) e una mamma e una figlia. Siamo andati a trovarli a cena: "Ora siamo un'unica grande famiglia europea"

Anna e Olga, Artem e Diana. Figlia e mamma, fratello e sorella. Due pezzi di famiglie scappate, come molti altri milioni di loro connazionali, dalla guerra di invasione voluta dal presidente russo Vladimir Putin, si sono ritrovate insieme a Busto Arsizio.
Ora sono tutti e quattro a casa di Angela e Beppe, un elegante appartamento a ridosso del centro, formando una grande e unica famiglia europea. Lei bustocca e lui originario di Padova: «Da quando i figli hanno preso le loro strade questa casa era diventata fin troppo grande per noi e così abbiamo deciso di metterla a disposizione di questi ragazzi e questa mamma» – ci raccontano.
Li abbiamo incontrati in occasione di una cena italo-ucraina a casa loro. Olga, che nella vita lavora come editor, è anche un’ottima cuoca e ci ha preparato un’insalata mimosa, un piatto russo-ucraino a base di pesce, uova, formaggio e maionese mentre Beppe ha preparato un fantastico arrosto di maiale con contorno di cardi al pomodoro. Durante la cena si prova a parlare di altro (Anna adora i Maneskin, ndr) ma l’argomento della guerra si fa spazio quasi subito, sgomitando tra la ricetta del Borsc e un breve dibattito sulla scena musicale ucraina.
Anna fa la giornalista per un quotidiano ucraino on line: «Sto continuando a lavorare per il mio giornale anche da qui e questo mi aiuta a sopportare questa situazione, purtroppo però mi occupo di notizie sulla guerra e non più di cultura e spettacoli come prima. Siamo scappate da Kiev quando abbiamo cominciato a pensare che il giorno dopo potevamo non risvegliarci più. La notte nel rifugio anti-bomba pensavo: “ok adesso morirò” mentre la mattina i pensieri tornavano a diventare positivi».
Ad un certo punto, grazie anche all’appoggio offerto da Angela, decidono di andarsene col treno: «Erano i giorni della grande fuga e abbiamo dovuto aspettare il terzo treno per trovare un posto. Poi il viaggio è proseguito grazie a persone di buon cuore che ci hanno accompagnato fino a pochi chilometri dalla frontiera e gli ultimi due km li abbiamo fatti a piedi fino alla dogana». Dopo la frontiera hanno raggiunto un aeroporto e hanno preso un volo per Malpensa. Sono arrivati il 2 marzo e da allora sono ospiti della famiglia di Busto Arsizio.
Diversa la storia di Artem, 18 anni, e Diana che ne ha solo 12. Vengono da un piccolo centro a ovest della capitale: «Conosciamo Angela e Beppe da alcuni anni. Io vengo qui ogni anno grazie ad Aubam da quando avevo 10 anni mentre mia sorella solo da 5. Loro sono i nostri mamma e papà italiani e ho anche qualche amicizia bustocca – ci racconta -. I nostri genitori sono rimasti in Ucraina ma ci hanno accompagnati fino alla frontiera dove abbiamo atteso quasi 12 ore prima di poter arrivare in Polonia».
I genitori hanno ottenuto i documenti per affidare Diana al fratello e così lui è diventato il tutore legale della sorella: «Quando siamo arrivati davanti agli ufficiali per mostrare i documenti abbiamo vissuto uno dei momenti peggiori dall’inizio di questa tragedia – racconta – perchè quando hanno visto che avevo 18 anni non volevano lasciarmi passare. Allora ho fatto finta di niente e ho ricominciato la fila davanti ad un altro ufficiale donna che, invece, è stata più comprensiva e ci ha fatto passare». Nel frattempo Angela e Beppe li hanno raggiunti alla frontiera polacca di Przemysl, diventato in queste settimane il grande campo di smistamento dei milioni di profughi in fuga dalla guerra.
Abbiamo provato a chiedere quali fossero i rapporti tra gli ucraini e gli ucraini russofoni prima dell’invasione da parte dell’esercito di Putin: «Le nostre culture e le nostre vite sono intrecciate e non c’è differenza di trattamento tra chi parla russo e chi parla ucraino – racconta Anna -. Molte famiglie sono miste e anche le nostre amicizie sono intrecciate. Non c’era nessuna discriminazione nei confronti dei russofoni e le formazioni di estrema destra che vengono dipinte come se fossero i padroni dell’Ucraina hanno un ruolo minoritario nella politica nazionale».
Questo rende ancora più inspiegabile ai loro occhi l’accanimento del presidente russo nei confronti del loro Paese: «Anche i soldati russi erano convinti di essere accolti come salvatori dal nazismo e invece si sono trovati davanti un popolo compatto che li respinge. Tra loro ci sono anche russofoni che non vogliono l’ingerenza russa» – aggiungono.
Se Olga, Anna e Artem danno l’impressione di reagire in maniera positiva a questa situazione non si può dire lo stesso per la piccola Diana. Il suo sguardo perso nel vuoto e il suo rifiuto al dialogo con noi, unitamente ad un carattere già piuttosto timido, è l’effetto di questa guerra sulla mente di una pre-adolescente sradicata dalla propria vita e dalla propria famiglia. Sa benissimo che questa non è la vacanza annuale in Italia che si conclude con un sereno rientro a casa ma l’inizio di una fase della sua vita, senza certezze. Ci vorrà tutta l’energia di Angela e Beppe per ridare a Diana il suo sorriso e i suoi 12 anni.
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