Giorgio Binda, Confapi: “La transizione digitale non può prescindere dagli investimenti sul capitale umano”
Le aziende investono sempre di più sulla personalizzazione del prodotto a favore del proprio clienti e con un investimento sul know-how interno del 51 %

«La transizione digitale delle aziende non può prescindere dagli investimenti sul capitale umano». Parte da qui l’analisi del vicepresidente di Confapi Varese e presidente di Unimatica Varese Giorgio Binda, sul Focus relativo ai temi della Digitalizzazione e del Pnrr. L’analisi è stata condotta dal Centro studi regionale di Confapi e ha coinvolto realtà imprenditoriali della Lombardia, e tra questi anche realtà della provincia di Varese, principalmente del settore metalmeccanico, con meno di 15 dipendenti e un fatturato compreso tra i 2 e 5 milioni di euro.
«Il quadro che emerge su scala lombarda è sovrapponibile a quello del Varesotto – commenta Binda – uno degli spunti più interessanti da cogliere dallo studio è quello legato agli investimenti interni alle singole realtà aziendali. Una filosofia imprenditoriale che segna anche la volontà di puntare sulla formazione del prodotto e quindi sulla qualità». Le pmi del varesotto, così emerge dall’analisi, investono sul proprio prodotto perché il loro business, oggi più che nel passato, è concentrato sulla personalizzazione del prodotto a favore del proprio cliente. All’alta customizzazione di ciò che si produce poi si aggiunge anche la tempistica di consegna, che deve essere ridotta. «Questi due elementi, ovvero, elevata customizzazione e riduzione dei tempi di produzioni, sono fondamentali per un’azienda di successo».
E se il 51% delle imprese coinvolte investe sul know-how interno, del restante 49%, il 33% pur avendo un’impostazione “più standard”, ha insita una tendenza a personalizzare il prodotto. «Nel settore delle tecnologie informatiche è così da sempre – puntualizza Giorgio Binda – nel manifatturiero, anche per via degli investimenti necessariamente più alti, questa tendenza alla customizzazione, fino a qualche anno fa, non era scontata. Oggi sta diventando una tendenza trasversale a tutti i settori produttivi».
Investimenti che però hanno una ricaduta importante sui margini di guadagno, che si contraggono. «Ma anche qui – continua Binda – si innesta una tendenza che porta l’impresa a cambiare e anche a migliorare. Mi spiego meglio: Il margine di guadagno che viene eroso dagli investimenti interni lo si può recuperare attraverso i miglioramenti dei processi e il monitoraggio delle performance di produzione».
In sintesi: per stare sul mercato bisogna innovare il prodotto e per innovare il prodotto non si può fare a meno della digitalizzazione. «Ma questa filiera virtuosa non la si può innescare senza la riqualificazione delle risorse umane, processo che può, anzi, deve avvenire attraverso la formazione. Del resto – prosegue il vicepresidente di Confapi – stiamo assistendo a un
cambiamento delle imprese, dei modi di produrre, ma anche delle professioni. Tutti processi che non si possono arrestare, ma che occorre comprendere per “cavalcare” e completare la trasformazione digitale delle nostre realtà produttive».
I due anni di pandemia hanno da un lato costretto il sistema produttivo a resistere, dall’altro hanno agito come acceleratore del cambiamento. Che non ha risparmiato alcun settore. «E – si sofferma Binda – non possiamo negare che in alcuni comparti vi siano ancora resistenze imputabili alla consuetudine e legate a una concezione di impresa oggi superata. Penso ad esempio alla Logistica, dove gli investimenti per adeguare il business incentrato sull’economia circolare sono ancora piuttosto bassi o all’utilizzo delle tecnologie cloud, che in termini di protezione e sicurezza danno maggiori garanzie. Eppure, manca questa percezione. Non tutte le pmi, ad esempio, sono dotate di sistemi di sorveglianza e difesa delle sale server».
Tema quello della cyber sicurezza ancor più attuale se si pensa che anche i luoghi di lavoro sono cambiati e che, con lo smart working l’azienda ha confini più liquidi (l’ufficio può essere anche l’abitazione del proprio dipendente) e gli strumenti di lavoro non sono più a uso esclusivo (se si lavora in remoto, il pc utilizzato potrebbe essere quello di famiglia e utilizzato dai vari componenti del nucleo famigliare). «Dopo la pandemia – conclude Binda – i temi della transizione digitale e della sicurezza informatica devono tenere conto di questi aspetti. Che richiedono investimenti. Ma che possono trovare risposte anche Pnrr, il quale può soddisfare tutta una serie di progettualità e sul quale come associazione abbiamo grande attenzione. Come Confapi, infatti, abbiamo costituito una task force che segue tutte e sei le linee del Pnrr al fine di essere anche di aiuto e supporto ai nostri associati».
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