“L’amavo, e l’ho difesa“: invalido aggredito a picconate, processo a Varese
L’uomo interviene in soccorso dell’amica di cui si era infatuato e rimedia un gomito spezzato con 30 giorni di prognosi

Un’importante patologia psichiatrica curata con psicofarmaci. Una schizofrenia invalidante, all’80%. Ma, nonostante questi seri problemi di salute, la ragione lascia posto al sentimento, dal momento che al cuor non si comanda.
Così quando nel giugno di tre anni fa «la migliore amica» che ha ammesso di amare perdutamente – anche se non corrisposto – gli ha chiesto aiuto, non si è tirato indietro, rimediando però una picconata che gli ha mandato in frantumi il gomito.
Tutto ancora da “pesare” con gli strumenti del diritto, ché un racconto non fa la prova. Ma tutto uscito dalla bocca di quel giovanotto di 35 anni sentito in aula come parte offesa in un processo per lesioni aggravate scaturito dopo la denuncia dello stesso ferito, finito sotto i ferri del chirurgo che ha dovuto ricomporre quella brutta frattura nata da fatti i cui contorni sono stati ricordati mercoledì 20 aprile in aula dinanzi al giudice monocratico di Varese.
Dal racconto emerso, quella sera, un paio di corti più in là del luogo di residenza della parte offesa, si era appena consumendo un litigio feroce al culmine dl quale una ragazza, amica di vecchia data del giovane poi ferito, ha suonato al campanello del trentacinquenne per chiedere aiuto, in compagnia del suo compagno. La donna pare agitata, spaventata, e riferisce di essere stata appena malmenata da un conoscente che abita a poca distanza, dove si era recata per chiedergli 20 euro: «Mi ha messo le mani addosso». A quel punto il ragazzo non ha dubbi e decide di andare a chiedere conto di quanto accaduto: «Era la mia amica del cuore. Anzi, ne ero innamorato, ma lei stava con un altro. Ho deciso di andare a vedere cosa stesse accadendo».
Così, percorsi 100 metri, ecco che la scena si sposta in un’altra corte di un paese in provincia, sul lago: sul posto sono presenti anche altri parenti dell’imputato (un uomo di 45 anni) fra cui la made e il fratello. In questo frangente nasce una colluttazione fra i due contendenti, salta fuori un “martello-piccone“ che viene secondo l’accusa impiagato per colpire: il giovane para il colpo diretto a suo dire al volto e rimedia una brutta frattura del gomito per la quale gli vengono pure inseriti dei fili ortopedici in metallo per risanare la frattura: in tutto 30 giorni di prognosi e una denuncia sporta contro il suo aggressore, anche lui finito a terra assieme alla madre
Il racconto di quei momenti – era una sera di giugno 2019 – è stato ripercorso durante l’utenza di mercoledì mattina. È stato il difensore di parte civile a spiegare la patologia patita dalla parte offesa che deve convivere con seri problemi al braccio tuttora presenti.
Il difensore dell’imputato, l’avvocato Fabio Margarini ricorda come in questa storia sia molto importante il racconto dei testimoni della difesa per soppesare bene gli elementi e valutarne l’eventuale natura di prova: «Manca da sentite la persona offesa, che sicuramente sarà in grado di chiarire quanto avvenuto quella sera». Il giudice monocratico ha deciso il rinvio per l’esame di altri testi fissato per il 15 marzo 2023.
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