Caso Camici, le motivazioni del proscioglimento di Fontana: “Non ci fu inganno”
Lo scrive il gup di Milano Chiara Valori nelle motivazioni della sentenza con cui ha prosciolto, il 13 maggio, "perché il fatto non sussiste", il presidente lombardo, il cognato Andrea Dini e altri tre accusati
La “trasformazione” da fornitura a donazione “si è realizzata con una novazione contrattuale che è stata operata in chiaro, portata a conoscenza delle parti, non simulata ma espressamente dichiarata” e non ci fu dunque alcun “inganno”. Lo scrive il gup di Milano Chiara Valori nelle motivazioni della sentenza con cui ha prosciolto, il 13 maggio, “perché il fatto non sussiste”, il presidente lombardo Attilio Fontana, difeso dai legali Jacopo Pensa e Federico Papa, il cognato Andrea Dini, difeso dagli avvocati Giuseppe Iannaccone e Caterina Fatta, e altri tre dall’accusa di frode in pubbliche forniture per il cosiddetto ‘caso camici’.
Il giudice, prosciogliendo tutti e 5 gli imputati con il “non luogo a procedere”, ha deciso che non era necessario un processo nemmeno per Filippo Bongiovanni e Carmen Schweigl, rispettivamente ex dg e dirigente di Aria, centrale acquisti regionale, difesi dal legale Domenico Aiello, e per Pier Attilio Superti, vicesegretario generale della Regione, assistito dall’avvocato Pietro Gabriele Roveda.
Nel ‘caso camici’, scrive il gup nelle oltre 30 pagine di motivazioni, “pare difettare in toto la dissimulazione del supposto inadempimento contrattuale”, che contestava la Procura di Milano perché, quando quella fornitura dell’aprile 2020 affidata a Dama, società di Dini (di cui la moglie del presidente lombardo deteneva il 10%), da 75mila camici e altri 7mila dpi per 513mila euro, si era trasformata in donazione non erano stati consegnati 25mila camici. È “del tutto sfornita di riscontro – si legge – la tesi secondo cui la fornitura sia stata” dall’inizio “‘vestita’ da donazione allo scopo di celare il conflitto di interesse tra la proprietà di Dama e il Presidente Fontana”.
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