“I cinghiali sono furbi e fanno tanti cuccioli”. Il 1 giugno riprende la caccia selettiva
Rino Ferrario presidente dell'ambito territoriale di caccia 2 spiega la dinamica di crescita di questi animali: "È una specie nella cosiddetta fase up: prevalgono per numero le femmine che diventano fertili precocemente"

La caccia selettiva nell’Atc2, l’ambito territoriale di caccia che si estende dal Basso Verbano fino a Uboldo, chiusa il 30 aprile scorso, riaprirà il primo giugno prossimo. A confermarlo è Rino Ferrario presidente dell’Atc2. «In poco meno di un anno abbiamo abbattuto 500 cinghiali – spiega Ferrario – Ora stiamo facendo tutta la trafila burocratica per riprendere a giugno».
La notizia sarà gradita dagli agricoltori che in questo periodo denunciano la devastazione dei campi di mais da parte degli ungulati. Una situazione che li obbliga a riseminare più volte gli stessi appezzamenti di terreno con un aggravio di costi piuttosto consistente, considerato che la semina di un ettaro di terra a mais costa circa 600 euro. «Noi come Atc2 ogni anno – continua Ferrario – liquidiamo risarcimenti che vanno complessivamente dai 20mila ai 30mila euro, ovvero il 30% del danno subito. Il resto lo risarcisce Regione Lombardia».
A finanziare l’Atc2 sono gli stessi cacciatori iscritti, in totale 1200, che versano nelle casse circa 150mila euro l’anno, soldi che arrivano dall’iscrizione, 129 euro, e dagli abbattimenti, 160 euro per cacciare quattro cinghiali. Con queste risorse Ferrario paga i risarcimenti e tutte le procedure relative all’attività venatoria, come per esempio, i controlli per la peste suina, che costano 50 euro a capo, e i relativi smaltimenti. «Per fortuna oggi la peste suina qui non è ancora arrivata – sottolinea il presidente dell’Atc2 – Sono stati rilevati due casi: uno a Roma e uno nell’Alessandrino. Noi dobbiamo fare attenzione perché con il Parco del Ticino siamo più a rischio. I controlli sono comunque capillari e puntuali».
Nonostante il numero elevato di capi abbattuti nell’Atc2, il problema della presenza dei cinghiali sta assumendo le proporzioni di un’invasione. Non hanno predatori in natura, hanno tanto cibo a disposizione e possono contare su un territorio non impegnativo, soprattutto nel sud della provincia. «Quando iniziano a mangiare un campo di mais, la femmina e i cuccioli partono dal centro per arrivare all’esterno– conclude Ferrario – e quando li vedi è ormai tardi, il danno è fatto. È una specie nella cosiddetta fase up: prevalgono per numero le femmine che diventano fertili precocemente. Si osservano bestie che non arrivano nemmeno a 35 chili con sei, sette cuccioli al seguito. Sono molto furbi perché sanno valutare il pericolo e spesso si rifugiano nelle aree protette».
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