Il Claun Pimpa tra i bimbi che scappano dalla guerra in Ucraina: “Ritrovo gli stessi occhi spaventati”
Impegnato da anni con spettacoli tra i bambini nelle zone della guerra a Gaza o Iraq, è stato già due volte a Leopoli per cercare di far nascere un sorriso nei volti di chi fugge dai combattimenti
Nuovo viaggio del Claun Pimpa in Ucraina. Marco Rodari, il naso rosso di Leggiuno, da anni impegnato a “Far sorridere il cielo” nelle città e nei territori in guerra, ha voluto essere presente anche tra la popolazione in fuga dalle zone del conflitto in Europa. Il suo è un impegno che porta avanti da anni con un’Associazione che raccoglie fondi, utilizzati per ricostruire strutture da dedicare all’infanzia, scuole, spazi di ritrovo, sostenere famiglie, garantire un pasto caldo.
È di casa in Palestina, nella striscia di Gaza, e ha svolto numerosi viaggi nell’Iraq distrutto da un sanguinario e violento conflitto, ad Aleppo, Mosul, dove più intensi e feroci sono stati i combattimenti e più devastanti le conseguenze per la popolazione. Lo ritroviamo a Leggiuno dove ritorna dopo ogni sua missione speciale
Come mai sei tornato in Ucraina?
Innanzitutto, per stare vicino agli amici che avevo incontrato nel mese di marzo e provare, per quanto posso, a dare una mano.
Come ti stai muovendo all’interno di quello che è un paese in guerra?
Nella città di Lviv (Leopoli) provo a regalare un sorriso ai bambini dell’Ospedale pediatrico dove sono anche ricoverati alcuni ragazzi che hanno riportato lievi ferite a causa della guerra ed in un cento per disabili sempre a Lviv. Poi, per quello che è possibile, mi sto muovendo nella regione per incontrare i bambini degli orfanotrofi.
Che differenze ci sono tra questo Paese in guerra e gli altri che hai conosciuto (qualche giorno fa eri a Gaza, per esempio)?
Se penso agli occhi spaventati dei bambini non c’è alcuna differenza.
Le persone ucraine che conosci cosa ti riportano del conflitto?
Si parla poco e raramente di quello che si è vissuto, ma la stanchezza dei volti dice chiaramente quanto la guerra sia stravolgente.
Quante sirene antimissili senti ogni giorno, e cosa accade quando ne parte una?
Mediamente le sirene suonano 1-2 volte di notte e 2-3 volte di giorno. Quando questo accade bisogna recarsi nei sotterranei ed aspettare il secondo suono della sirena che ci dica che il pericolo è passato.
Come si vive in un bunker o in un sotterraneo, che emozioni attraversano la mente?
Banalmente si cerca di “modificare” l’andamento pesante del tempo provando a rompere delicatamente quella tensione sottile fatta di silenzi e sguardi quasi sempre fissi nel vuoto. In questi momenti fare un piccolo gioco, partendo dai bimbi, aiuta.
Poi c’è da tener presente che la problematica non è solo il restare nei sotterranei, ma è il doverli continuamente raggiungere al suono delle sirene e questo peso grava soprattutto sulle persone disabili. Il centro che frequento qui a Lviv è di quattro piani e ad ogni sirena bisogna spostarci tutti nei sotterranei creando loro soprattutto un grave disagio.
Le emozioni cerco sempre di buttarmele alle spalle in questi momenti per essere più lucido possibile con il mio lavoro con i Bimbi. Affioreranno dopo.
Che aria si respira a Leopoli?
Qui non siamo nell’epicentro dei combattimenti, ma comunque c’è stato qualche bombardamento e sono morte delle persone, quindi un minino di tensione si respira anche qui.
E’ un po’ come se fossimo a 4000 metri d’altezza, con il tempo che è, sì, nuvoloso ma non piove, come in montagna quando sai che il tempo cambia in fretta e potrebbe volgere al brutto da un momento all’altro.
Che idea ti sei fatto dell’andamento della guerra?
Nessuna idea! Non ci ho mai davvero capito niente sugli andamenti delle guerre.
Lo scenario migliore possibile per le prossime settimane, realisticamente, quali credi potrebbe essere?
Che si riesca quantomeno ed evacuare tutti i bambini dalle zone di conflitto.
L’associazione “Per far sorridere il cielo” sta pensando a particolari progetti per l’Ucraina?
L’idea è quella di tornare con regolarità in questa terra nei prossimi anni portando il maggior numero di pagliacci possibile.
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