Dietrofront dell’Agenzia delle Entrate: la donna violentata dal marito non dovrà restituire i benefici per la vendita della prima casa
La 36enne per mantenere il figlio minore ha voluto vendere prima dei cinque anni ed è stata condannata al pagamento di 4.000 euro, ma i legali hanno impugnato la decisione e l'Agenzia le ha dato ragione
Aveva fatto clamore la decisione della Commissione tributaria provinciale di Varese che condannò qualche settimana fa una donna di 36 anni a dover rifondere i benefici per la prima casa dopo la vendita prima dei cinque anni in seguito a sue gravissime vicissitudini famigliari. L’Agenzia delle Entrate ha però deciso di non chiedere il rimborso delle agevolazioni.
La Commissione aveva infatti respinto il ricorso presentato dai legali della donna Filippo Caruso e Giorgio Prandelli ritenendo che il suo non fosse un «caso di gravità estrema, assolutamente fuori da ogni possibile previsione, eccezionale ed inevitabile» nonostante la denuncia penale per le violenze e le minacce subite per anni da parte del compagno, il trattamento sanitario obbligatorio dell’uomo che nel 2017 si è tolto la vita mentre era in una struttura psichiatrica.
La necessità della donna di ricostruirsi una vita e fronteggiare le spese per la crescita del figlio l’avevano portata a vendere la “prima casa” prima dei cinque anni che la legge impone come termine per non perdere le agevolazioni fiscali. Così è stata condannata dall’agenza delle entrate al pagamento di 4.000 euro (imposta di rogito più sanzione), provvedimento impugnato dai legali e finito sui giornali.
Nonostante la vittoria in primo grado, dall’Agenzia delle Entrate fanno sapere di aver «ritenuto in sede amministrativa che nel caso di specie sussistano le cause di forza maggiore a favore della contribuente». Di conseguenza l’Agenzia «ha annullato il relativo avviso di liquidazione, esonerando quindi la donna dal pagamento». Rimane la questione delle spese di lite che ammontano a 750 euro che i legali della 36enne impugneranno in Appello.
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