I dubbi della commissione sanità di Gallarate sul riutilizzo del padiglione Boito
Asst lo ha destinato all'ospedale di comunità, al Cps e alla neuropsichiatria infantile, ma la scelta di riutilizzare un edificio "di pregio ma vetusto" fa storcere il naso alla commissione
Nella seduta di ieri sera, martedì 24 maggio, la commissione Sanità di Gallarate ha interloquito con Marino Dell’Acqua, direttore socio-sanitario di Asst Valle Olona, sull’ipotesi di riutilizzo degli spazi dell’ospedale Sant’Antonio Abate una volta che verrà aperto il nuovo ospedale unico a Busto Arsizio.
«Per il distretto di Gallarate abbiamo individuato la struttura di corso Leonardo da Vinci e Villa Sironi per la casa di comunità, la centrale operativa e l’eventuale ospedale di comunità (ma noi lo ipotizziamo fuori dal Pnrr l’ospedale di comunità)», ha affermato Dell’Acqua, «nel padiglione Boito avremo un’area dedicata alla salute mentale, dipendenze e neuropsichiatria infantile, insieme all’ospedale di comunità che avrà venti posti letto».
Inoltre, secondo quanto ipotizzato da Asst, Villa Sironi e la struttura di corso Leonardo da Vinci saranno rispettivamente una casa di comunità spoke e una casa di comunità hub: la prima sarà destinata all’attività amministrativo-certificativa, l’altra a quella socio-sanitaria. Rimangono in alienazione la palazzina in largo Boito e il Cps di via De Magri.
Ha poi accennato alla possibilità di mantenere l’hub vaccinale da «centralizzare con le vaccinazioni istituzionali, offrendo al cittadino le sicurezze che nei nostri distretti abbiamo difficoltà a garantire».
La commissione Sanità di Gallarate si prepara alla rigenerazione del Sant’Antonio Abate
Un progetto “raffazzonato”
Molti dubbi e perplessità sono stati sollevati dalle varie parti politiche e dagli operatori sanitari della commissione, a partire da Michele Aspesi (della civica del sindaco): «Avrei preferito una struttura più raggruppata. Ci sembra che non rispetti le aspettative di sanità sul territorio che si sarebbero dovute mantenere». Marco Colombo (Fratelli d’Italia), ha ribadito il problema della sicurezza che si potrebbe avere in pieno centro con gli edifici dismessi e il rischio di abusivismo: «Sulla gestione “dell’area grigia” del progetto manca una calendarizzazione, altrimenti nel momento in cui i padiglioni verranno spostati avremo un problema di sicurezza nel centro di sicurezza».
«Questa classe amministrativa passerà alla storia o per quella che è riuscita a portare in città la medicina di comunità o come quella che è riuscita a farsi spillare l’ospedale», ha preso la parola dalle fila della minoranza Carmelo Lauricella (medico e consigliere del Partito democratico), «gli ospiti sono progressivamente impegnativi (acuti-cronici) e se l’anello dell’ospedale di comunità non sarà ricettivo, l’ondata andrà a concentrarsi sull’ospedale per acuti andando a intasare l’ospedale così come avviene adesso».
«È rischioso lasciare attività chirurgiche anche a bassa intensità senza l’anestesista: non vedo una situazione ottimistica per cui tra qualche anno avremo tanti anestesisti. Preferisco concentrare l’attività chirurgica nel nuovo ospedale che sarà di altissimo livello tecnologico rispetto a lasciare un’attività chirurgica ambulatoriale, con il rischio che il servizio offerto non sia il migliore», ha detto ancora il dirigente di Asst, «è più logico pensare al passaggio di perdere un ospedale per acuti ma avere un grosso vantaggio sulla territoriale, è una proposta interessante che va messa a fuoco».
Il nodo del Boito
La commissione si è poi focalizzata sul padiglione Boito, a partire da Aspesi: «Nutro dubbi sulla neuropsichiatria infantile collocata al fianco del centro diurno del Cps: mi sembra raffazonato. Ci sembra che si siano messi dei pazienti di questo tipo nello stesso hub solo per riempirlo». Mentre Colombo è preoccupato per la sottostazione degli spazi a partire proprio dal Boito.
Così anche Giovanni Pignataro (Partito democratico): «Mi preoccupa il tema di adeguatezza del padiglione Boito, pregiato ma vetusto: in più le aree individuate ci sembrano sottodimensionate per i servizi perché nel primo documento non era messo così l’ospedale di comunità. In più per le associazioni avrebbero solo 100 metri quadrati di spazio».
Dell’Acqua ha provato a rassicurarli: «È stato fatto un grossissimo lavoro dai tecnici facendo una valutazione effettiva e concreta degli spazi che oggi sono dedicate all’attività del padiglione Boito e sono in incremento. C’è un collegamento tra neuropsichiatria e ambito Cps e dipendenze: la parte che ci compete, la valutazione iniziale del bisogno, oggi la governiamo in uno spazio ridotto e abbiamo difficoltà a trovare spazi in cui fare gruppi di ascolto e attività, naturalmente con percorsi differenziati. Devono essere fatte opere di ristrutturazione. Bisogna pensare all’utilizzo di altri spazi cercando partner per servizi socio-assistenziali».
Anche l’assessore all’Urbanistica, Sandro Rech, ha espresso i suoi dubbi relativi al Boito: «Al di là che è encomiabile riprendere un edificio storico, lo trovo singolare; è una struttura progettata nel 1870 con caratteristiche comuni alle esigenze di allora. In presenza di padiglioni quasi nuovi, qual è la motivazione allora? Oggi ho sentito parlare di innovazione e tecnologia come pane del nuovo ospedale e ritengo che questo non si sposi per il Boito».
Così la risposta del dirigente sanatirario: «Noi siamo vincolati, non possiamo alienarlo. Il motivo per cui è stato pensato il suo riutilizzo è perché qualunque altra struttura andremo a prendere va bene, però il padiglione rimane a noi. È collocato in una zona separabile, quindi mettendo a disposizione tutto il resto è possibile avvantaggiare l’eventuale utilizzo della totale superficie del sedime». «Sappiamo del vincolo paesaggistico», ha ribattuto Pignataro, che ha poi chiesto se ci fosse un lascito testamentario che specificasse l’utilizzo in ottica sanitaria.
Una risposta, quella di Dell’Acqua, che ha lasciato perplesso anche Roberto Delodovici, ex assessore del Comune ed ex dipendente ospedaliero: «Ci vorrà una spesa non indifferente, e se la motivazione non è quella di un lascito testamentario, consiglio di di ripensarci. Viaggiamo parallelamente sui progetti da fare: dobbiamo pensare a rendere appetibili questi immobili che rimarranno per degli investitori e fare allo stesso tempo dei progetti compatibili con la città che avremo tra quindici anni».
A chiudere la seduta è stato il sindaco, Andrea Cassani: «Se si capirà la destinazione del Boito, magari il suo interno si potrebbe destinare ad Avis e alle altre associazioni: il riutilizzo di un edificio come del Trotti Maino potrebbe essere una ipotesi. Ritengo sia opportuno ragionare con Asst del destino di queste aree e di quanto valore hanno per voi. Non possiamo pensare tra dieci anni di avere il Boito e tutto il resto abbandonato intorno. (Con rischio abusivismo). Non possiamo pensare di lasciare gli edifici vuoti, il tempo per ragionarci lo abbiamo (8-9 anni) e mi auguro che si possa trovare un accordo tra tutti».
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