Pizza e Champagne: Alberto Lupetti ha fatto tappa a Varese
Considerato tra i massimi esperti di Champagne al mondo ha tenuto una vera e propria lectio magistralis sul vino dei re alla pizzeria "Piedigrotta"

Il giornalista Alberto Lupetti, considerato tra i cinque maggiori esperti al mondo in materia di Champagne, ha fatto tappa alla pizzeria “Piedigrotta” di Varese. Nel presentarlo, il padrone di casa Antonello Cioffi, ha sgomberato subito il campo da qualsiasi obiezione: «Noi uniamo il cibo più buono del mondo al vino più buono del mondo». (nella foto, da sinistra: Alberto Lupetti e Antonello Cioffi)
Pizza e Champagne possono andare tranquillamente insieme a tavola: da una parte la semplice margherita, riletta, scomposta e riassemblata, secondo i canoni cari a Cioffi. Dall’altra alcune annate particolari, comprese tra il 2012 e il 2000, di Dom Pérignon, i cui millesimati riflettono la singolarità di un’unica annata. In mezzo una lectio magistralis di Lupetti e una lettura sul futuro del vino dei re – perché di vino si tratta – anche alla luce del cambiamento climatico in corso. Con questa prospettiva, è infatti molto probabile che le bollicine fresche e raffinate dello Champagne continuino a crescere nel gusto dei consumatori.

SI FA TUTTO A MANO
La produzione dello Champagne prevede una vendemmia manuale, come prescritto dal disciplinare. «I produttori ottengono un vino bianco da uve nere – ha spiegato Lupetti – Si tratta di una lavorazione meticolosa nel dettaglio, la cui priorità è evitare la cessione di colore da parte delle uve e preservarne la qualità».
Da sempre tra Italia e Francia esiste una rivalità sul fronte della tavola che si gioca anche sulla qualità del vino. «Speso si paragona lo spumante italiano allo Champagne francese – ha sottolineato Lupetti – e si annuncia con enfasi che il prodotto nostrano ha battuto nelle esportazioni quello transalpino. Questo paragone non ha senso. Allora, perché non paragonare Bolgheri a Bordeaux?».
Il ragionamento dell’esperto è logico: essendo lo Champagne un vino, al massimo potrebbe essere paragonato ad altri vini simili, come, per esempio, alcune produzioni della Franciacorta, e non genericamente al vino italiano.
UNA FILIERA COMPLESSA
«Il segreto dello Champagne è una tradizione che dura da secoli e un terroir, l’area nel nord della Francia in cui viene realizzato, che ha caratteristiche uniche e può contare su oltre 34mila ettari coltivati a vite (pinot nero, meunier e chardonnay, ndr), lasciata bassa, al massimo a 60 centimetri, per sfruttare meglio il calore riflesso della terra» ha spiegato l’esperto. Una filiera piuttosto complessa e articolata che comprende 16200 viticoltori, suddivisi in 130 cooperative e 360 maison, 30mila lavoratori diretti e 120mila stagionali per una produzione che sfiora i 320milioni di bottiglie e un fatturato di oltre 4 miliardi di euro.
Rimane un punto da chiarire: ma lo Champagne è caro o costoso?
«Per produrre una bottiglia di Champagne – ha concluso Lupetti – ci vuole un chilo e mezzo d’uva il cui prezzo oscilla tra i 7 e gli 8,5 euro al chilogrammo. Se a questo aggiungiamo che un millesimato deve riposare almeno tre anni, i conti sono presto fatti».
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