Così colpivano i pendolari delle rapine al confine tra Varesotto e Svizzera
In tre a processo a Varese per le scorribande di cinque anni fa che misero in agitazione le zone di frontiera: colpi fotocopia con la firma dei sospettati

Auto staffetta in strade poco battute per fare da apripista al rapinatore sullo scooter che entra in azione in Svizzera, poi abbandona il motorino (assieme alla su “firma”: impronte e dna) e poi torna in Italia in auto. Il processo riguarda una serie di colpi che misero in agitazione le autorità italiane e svizzere nella primavera di cinque anni fa.
Colpi rapidi e fruttuosi come la rapina del 29 marzo 2017 all’ufficio cambi di Ligornetto, ma anche altri atti criminali portati a segno con un alto grado di professionalità.
Per quei fatti sono imputate tre persone dinanzi al Collegio di Varese ed è stato ascoltato oggi, martedì 14 giugno, un operante delle forze dell’ordine che ha spiegato come l’attività fosse nata “di iniziativa” proprio per bloccare il “pendolarismo delle rapine di confine”.
L’attività venne fatta in collaborazione con la polizia locale del Monte Orsa in particolare con la polizia locale di Clivio, che attraverso il sistema “lince” aveva accesso alla verifica delle targhe: nessuno dei varchi controllato dagli occhi elettronici aveva ripreso la targa. Ma la polizia locale aveva un asso nella manica: telecamere private che hanno ripreso il passaggio dei mezzi dopo le rapine, prima arrivava l’auto “civetta” una Fiat Punto che si accertava dell’assenza di rischi come pattuglie o controlli, poi passava lo scooter.
Vere e proprie batterie delle rapine in area di confine, organizzate e pienamente consapevoli di quanto offre il territorio in materia di varchi, e strade più o meno controllate. L’operante della squadra Mobile di Varese ha spiegato come l’intensificarsi delle investigazioni è avvenuto anche dopo una rapina avvenuta sempre a Ligornetto, al Piccadilly, il 16 marzo 2017 quando un’impronta digitale, e del dna trovato su di un casco, venne isolato e mandato a Roma per le analisi che inchiodano uno dei sospettati.
Fondamentale, per arrivare al dunque, la collaborazione con le forze dell’ordine svizzere. In Svizzera i primi arresti: le indagini hanno dimostrato come gli indagati commentassero l’esito delle sortite e si accordassero per organizzare i colpi, auto, targhe, sms per le armi: “Ci pensi tu a portare il ‘taglie’?”, cioè l’arma preferita per i colpi.
I reati contestati sono associazione a delinquere e rapina a mano armata per gli episodi del 16 e 29 marzo, 9 maggio e 24 luglio 2017.
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