“I sogni nascono bianchi è un romanzo che raccoglie e trattiene tutti i colori del vivere umano”
Chiara Aquilino, vincitrice del Premio Chiara Giovani, commenta e analizza il romanzo "I sogni nascono bianchi" di Elisa Origi
Intimo, imprevedibile, luminoso: I sogni nascono bianchi, di Elisa Origi è un romanzo capace di raccogliere e trattenere in sé tutti i colori del vivere umano. L’azzurro dell’oceano, il nero della perdita, il blu della notte e il bianco, che è “il colore con cui nascono i sogni […] incolori e puliti”.
Si tratta di una storia fatta di storie che si sfiorano, si intersecano e si sovrappongono, di sentieri che conducono paralleli ad una medesima meta, alla scoperta – forse un po’ amara – che la vita costringe ad una navigazione perenne per acque quasi mai tranquille, e a guardare a ciascun approdo come ad una concessione temporanea e frangibile. “Il sole splende piatto e sereno su abissi in tempesta” nel nuovo libro della Origi, e vede due adolescenti alle prese con un mondo adulto spesso difficile da comprendere.
Davo e Diama (Davide e Diamante), impegnati in una corrispondenza serrata che è anzitutto ricerca di se stessi, danno forma ad una conversazione squisitamente “rammendata”, costituita cioè da scampoli delle storie personali di Ornella e Valentina, rispettivamente la madre di Diama e un’amica della stessa. Una certa simmetria sembra connotare l’intera narrazione e in particolare il posizionamento dei personaggi rispetto a valori, punti di vista, ambizioni. Una prima specularità riguarda la presunta contrapposizione tra mondo adolescenziale (rappresentato dalle figure di Davo e Diama) e mondo adulto (incarnato da Ornella e Valentina), contrapposizione sulla quale opera, per giunta, un ribaltamento: è Diama, nonostante la sua giovane età, a farsi portatrice di una visione tradizionalista e austera e non saper giustificare, in prima battuta, i comportamenti esuberanti e anticonvenzionali della madre. Davo, amico di Diama, giocherà un ruolo fondamentale nel rendere chiara a quest’ultima (ma forse, prima di tutto a se stesso) la necessità di abbandonarsi al flusso degli eventi e di amare incondizionatamente la vita per ciò che essa è. Diamante, stretta nella morsa gentile degli avvenimenti che riguardano la vita della madre, da un lato, e delle parole illuminate dell’amico, dall’altro, compie un vero e proprio cammino di maturazione, in virtù del quale lo stesso romanzo è ascrivibile a più di una categoria: quella del romanzo epistolare e di formazione.
Ne I sogni nascono bianchi ciascuno è apprendista e portavoce di verità, sebbene la vita si riveli, infine, unica maestra, crudele e impietosa. La madre di Diama, che pure dimostra di saper riemergere dai fondali di un’esistenza piatta e incolore con la propria conquista dorata stretta in pugno – la libertà di essere e di sentire, al di là di ogni convenzione sociale – è costretta a cedere parte della propria eredità e ad accettare la supremazia del Caos. Quando la vita rimescola e spariglia le carte non rimane altro da fare che vivere, sembrerebbero suggerire le battute finali del romanzo, semplicemente concedendo al proprio desiderio di esprimersi in una forma piena e compiuta. Una visione testimoniata perfino dall’uso della lingua, particolareggiata, evocativa, espressione di un certo gusto per le piccole cose e per la ricerca di ciò che dà gioia.
Interessante è la dinamica propria della narrazione, capace di dilatarsi – soprattutto nella prima parte del romanzo, in cui il racconto degli eventi è disteso e “cinematografico” – e di far registrare delle significative contrazioni nelle ultime pagine, caratterizzate dalla presenza di scambi comunicativi più brevi e ritmati.
Sul piano stilistico l’intera lettura sembra pervasa e animata dalla presenza costante di un vento leggero, che sospinge le parole ben al di là del luogo in cui esse, sole, potrebbero arrivare. Quella della Origi è una scrittura sempre sorprendentemente in grado di scovare la Verità che si annida nelle pieghe del quotidiano – del noto – e di darle forma senza privarla dei suoi spigoli.
Pienamente riuscito risulta il tentativo di diversificare le voci senza rinunciare ad una certa coerenza stilistica interna; alla ricerca costante di una musicalità intrinseca del linguaggio si accompagna la cura millimetrica per la parola, che sa ferire e curare, accompagnare il lettore con delicatezza e premura.
I sogni nascono bianchi è un congegnato meccanismo a incastri, all’interno del quale al lettore riesce raramente di collocarsi, di parteggiare per questo o per quel personaggio: prendendo in prestito le parole di Barthes, chi legge, semplicemente, si disfa all’interno delle maglie del testo, è tutto dedito a rimanerne, in qualche modo, soggiogato, ed è proprio questo ciò che rende il nuovo libro della Origi “un luogo perfetto in cui smarrirsi”.
In breve, un’opera che non rinuncia alla complessità, sotto ogni punto di vista, e che assume consapevolmente i rischi che conseguono dall’introdurre tanti temi (quello dell’amore, dell’omofobia, della malattia, del matrimonio, della ribellione adolescenziale, ma non solo) all’interno del tessuto narrativo. L’autrice, come un’abile burattinaia, fa muovere i suoi personaggi lungo traiettorie mai banali, strade dissestate, vie impervie e dolci declivi riproducendo con straordinaria fedeltà e per ogni età il cammino dell’esistenza umana.
Un romanzo che assedia e conquista la nostra parte più fragile e inquieta, quella a cui vorremmo – ma non possiamo! – fare schermo: al pari dei protagonisti della storia, siamo costretti a cedere all’impossibilità di metterci al riparo, dalla pagina come dalla vita. Quest’ultima sembra essere, d’altro canto, il vero centro gravitazionale dell’intera narrazione, un fulcro sempre pronto a disgregarsi secondo piani a volte perfetti, altre volte inintelligibili, il terreno sdrucciolevole lungo il quale i personaggi si muovono dando fondo alle proprie possibilità di costruttori “disperati e speranzosi”.
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