L’uomo pesce e il merlo variopinto
di Paolo Negri
Tutti avevano scommesso su di lui. Tranne Gianni. Non perché credesse a una sua sconfitta, anzi. Semplicemente desiderava contrapporre un qualcosa di laico alla serietà da giocatori coscienziosi dei suoi amici.
E quando l’uomo pesce, l’imbattibile uomo pesce, nella prima corsia di quell’ultima gara, a pochi metri dalla gloria eterna, si girò verso il cielo e smise di nuotare, nel bar ci fu un boato assordante, incredulo e prolungato.
Gianni rimase immobile, conscio di essere diventato ricco, quasi per sbaglio. A casa, la moglie lo accolse trafelato e scosso. E quando gli chiese cos’era successo, lui le rispose con l’unica frase che lo aveva ridestato in quel trambusto da festeggiato, montato e perpetuato dai suoi compagni di quotidiana noia: “Ora finalmente potrò permettermi tutto quello che non ho mai avuto!”.
Passata la sbornia, la conta dei guadagni e la certezza che non fosse una burla, una sera, a cena sul balcone dinanzi al lago, Gianni riformulò quella frase, donandole ora un punto interrogativo finale: “Mia cara, ma io, cosa non mi sono mai permesso nella vita?”. E lei, a sorpresa, le raccontò di un episodio accaduto anni fa, una piccola vicenda a cui Gianni non aveva mai dato troppa importanza: “Ricordi quel variopinto merlo che comparve un pomeriggio nel nostro giardino?”. Gianni fece sì. “Dopo quella prima visita lui venne a trovarci tutti i giorni. Ma tu, invece di aspettarlo e ammirarlo, iniziasti a indagare a quale specie appartenesse, da dove arrivasse, cosa mangiasse…”.
Gianni aprì un sorriso malinconico, preludio a una frase amara: “E tutti gli ornitologi mi dissero che quell’uccello non esisteva, probabilmente qualche gioco di luce aveva colorato le sue piume in quel modo, ma io ero certo di averlo visto!”.
“Ecco quello che non ti sei mai permesso. Avevi sempre bisogno della conferma di qualcun altro. E lui era lì, non ti chiedeva nulla, voleva solo la tua amicizia. Bastava che guardassi fuori dalla finestra, e invece tu ti perdesti in mille ricerche per accertarne l’esistenza, per cercarne l’essenza. E quando, affranto, abbandonasti tutto, lui volò via e non torno più”.
Sua moglie gli prese una mano. E Gianni la guardò negli occhi: “Perché non me l’hai mai detto? Perché non mi hai mai chiamato? Sarei corso subito!”.
“Ci ho provato, ma la mia voce, anche un solo sussurro, anche un solo pensiero, vi mettevano in fuga”.
Gianni osservò il paesaggio, composto da due tonalità di blu, non così dissimili, e, mentre accarezzava le dita della moglie, dalla tv uscì la voce dell’uomo pesce registrata in uno Speciale: “Ero lì lì per raggiungere il traguardo quando ho notato una macchia multicolore davanti a me. Sott’acqua non vi era nulla, allora doveva essere un riflesso! Ma di cosa? Mi sono girato e… era così bello che pancia all’aria mi son goduto il suo volo… l’avete visto anche voi, vero?”.
Racconto di Paolo Negri (www.ilcavedio.org), disegno di Nicolò Piva e Francesco Negrisolo
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