Siamo entrati nell’età del fuoco e mancano pompieri
Temperature da record e livelli di siccità mai visti aumentano hanno quadruplicato il numero degli incendi. Quotidianamente sono operativi solo 4mila vigili del fuoco
Un tempo un evento raro, gli incendi estremi stanno diventando più frequenti e durano più a lungo in tutto il mondo. Gli incendi distruttivi sono catalizzati, almeno in parte, dai cambiamenti climatici, che ne esacerbano la portata e l’intensità, anche fuori stagione. Il cambiamento climatico aumenta le condizioni calde e secche che aiutano gli incendi a diffondersi più rapidamente, a bruciare più a lungo e a infuriare più intensamente. Nel Mediterraneo, ciò ha contribuito a far iniziare prima la stagione degli incendi e bruciare più terra. Il clima più caldo assorbe anche l’umidità dalla vegetazione, trasformandola in combustibile secco che aiuta a propagare gli incendi.
Non dimentichiamo però che la gestione forestale e le fonti di accensione sono fattori importanti nella miscela degli incendi. In Europa, più di nove incendi su 10 sono accesi da attività umane, come incendi dolosi, barbecue usa e getta, linee elettriche o vetro sparso. Inoltre, molti paesi hanno la sfida della riduzione della popolazione nelle aree rurali, che lascia una forza lavoro minore per ripulire la vegetazione e la macchia secca che provoca incendi boschivi.
Il 2021 è stato il secondo peggiore anno di incendi nell’UE dal 2000. Ventidue stati membri sono stati colpiti da incendi che hanno provocato un’area totale bruciata di 500.566 ettari. L’Italia è stata la più colpita con 160.000 ettari rasi al suolo. Le statistiche di quest’anno finora suggeriscono che potremmo trovarci in una situazione difficile. Già più di 515.000 ettari sono stati bruciati in tutta l’UE, secondo i dati del sistema europeo di informazione sugli incendi boschivi (EFFIS). Si tratta di circa quattro volte la media dello stesso periodo dal 2006 al 2021 (130.255 ettari). Anche il numero di incendi è quasi quadruplicato con oltre 1.900 incendi registrati, rispetto a una media 2006- 2021 di 520 in questa prima parte dell’anno, a causa delle temperature vertiginose combinate a livelli di siccità di allarme.
Siamo nel pieno dell’era del Pirocene. Questo è il nome coniato da Stephen Pyne dell’Arizona State University, noto studioso del fuoco, che ne scrive in “Pirocene. Viaggio nell’età del fuoco, tra passato e futuro” appena uscito in traduzione italiana. “Pirocene si può impiegare come alternativa al concetto di Antropocene, definendolo come l’era caratterizzata dall’abilità, che è prerogativa dell’uomo, di manipolare il fuoco in un pianeta ricco di combustibile e caratterizzato dall’aumento della quantità di incendi di vaste proporzioni collegati al peggiorare delle condizioni climatiche provocato dal riscaldamento globale. Grazie al fuoco l’uomo ha rimodellato la Terra. Il controllo delle fiamme ha consentito alla nostra specie di alterare il paesaggio per le attività di caccia e raccolta, e di alimentare automobili, case e apparecchi tecnologici bruciando combustibili fossili. Siamo saliti in cima alla catena alimentare perché abbiamo imparato a “cucinare” il paesaggio che ci circonda. Oggi siamo diventati una forza geologica perché abbiamo iniziato a “cucinare” l’intero pianeta”.
Se dieci anni fa era una branca ancora poco praticata, oggi la pirogeografia (la scienza che studia le relazioni fra ambiente fisico, biologico e antropico per comprendere i regimi di incendio) è sempre più sofisticata e diffusa. Valentina Bacciu del Cmcc (Euro-Mediterranean Center on Climate Change) dice: “Un insieme di elementi, tra cui la continuità e l’accumulo di materiale secco (quindi combustibile) nei boschi, la siccità e venti favorevoli, può creare le condizioni adatte alla formazione di mega-incendi, che hanno la peculiare caratteristica di non poter essere fermati– se non con estrema difficoltà – con gli attuali approcci di gestione del fuoco”.
In Italia come siamo messi? Non male, malissimo. Il personale permanente operativo dei vigili del fuoco è fortemente al di sotto dell’organico che servirebbe per essere in linea con quanto stabilito dalle leggi europee. Il numero esatto è di 26.932 unità, cui si aggiungono circa 5000 volontari (da confrontare con i 110 mila carabinieri, 98 mila poliziotti, 63 mila finanziari e 178 mila membri delle forze armate). L’Unione Europea prevede per le attività di soccorso urgente la presenza di un vigile del fuoco ogni 1500 abitanti.
In Italia, considerando che la metà sono impiegati in attività amministrative e logistiche varie, turnazioni, ferie, etc. sono operativi giornalmente solo 4000 pompieri per coprire tutto il territorio nazionale, un rapporto di 1 ogni 15 mila abitanti. E di cose da fare ce ne sono veramente tante. Il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco svolge funzioni di salvaguardia dell’incolumità delle persone e degli animali e dell’integrità dei beni, tra le quali la prevenzione degli incendi è solo una parte. A questa si aggiungono: il soccorso acquatico e in montagna, le verifiche statiche degli edifici, la messa in sicurezza di opere artistiche, la certificazione di prodotti o materiali antincendi, il controllo della radioattività nell’ambiente, l’intervento in caso di calamità nazionali ed internazionali la predisposizione dei piani nazionali e territoriali di difesa civile, il controllo dei rischi derivanti da atti criminosi compiuti a danno di persone o beni, con l’uso di armi nucleari, batteriologiche, chimiche e radioattive. Infatti, all’interno dei Vigili del Fuoco esistono svariate specializzazioni che coprono tutte le tipologie di intervento: elicotteristi, sommozzatori, portuali e aeroportuali, radiometristi, radioriparatori, e nuclei speciali, quali il S.A.F. (Speleo-Alpino-Fluviale) e i Cinofili.
Secondo Eurostat, i maggiori paesi europei hanno una percentuale di vigili del fuoco professionisti molto simile, poco meno dello 0,2% della popolazione totale impiegata. Tuttavia, questo numero non racconta la totalità della situazione e delle forze in campo, perché non tiene conto del numero di volontari, che in alcuni paesi europei è molto elevato. In paesi come Norvegia, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia e Paesi Bassi oltre il 70% dei vigili del fuoco sono volontari, mentre in Germania, Austria e Portogallo oltre il 94% dei vigili del fuoco sono volontari. A fronte dei 5000 volontari vigili del fuoco in Italia, ce ne sono 195 mila in Francia, oltre 1 milione in Germania, 45 mila in Portogallo, 252 mila in Austria.
I vigili del fuoco volontari, nel momento in cui hanno il decreto di nomina, hanno gli stessi obblighi dei vigili permanenti ed hanno, durante l’espletamento delle funzioni, la qualifica di Agente o Ufficiale di Polizia Giudiziaria. Il personale volontario, a differenza di quello permanente, non è vincolato da un rapporto di impiego e svolge la sua attività ogni qualvolta se ne manifesti il bisogno. Per quanto riguarda la retribuzione, la legge stabilisce che “Al personale volontario richiamato in servizio temporaneo, per l’intera durata di tale richiamo, spetta il trattamento economico iniziale del personale permanente di corrispondente qualifica, il trattamento di missione, i compensi inerenti alle prestazioni di lavoro straordinario”. Questo significa che sono pagati come chi è in servizio permanente ma solo in caso di intervento. Si tratta in media di 12 euro lordi, circa 7,5 euro netti. Il loro ruolo, oltre che essere un fattore di contenimento e variabilizzazione dei costi, è fondamentale per il presidio territoriale locale perché possono arrivare rapidamente sulla scena di un incendio o di un’operazione di salvataggio.
Siamo abituati alla narrazione eroica dei nostri vigili del fuoco, che hanno anche vinto l’oscar mondiale della categoria qualche anno fa, e ce ne ricordiamo soprattutto in concomitanza delle endemiche emergenze che colpiscono il paese: ponti e ghiacciai che crollano, terremoti e alluvioni, pandemie e guerre. È tempo che eleviamo il livello dell’approccio alla complessità superiore che dovremo sempre più affrontare. Il cambiamento climatico è inesorabile e lo sarà per molti decenni. Gli impegni per ridurre le emissioni sono improcrastinabili e terribilmente insufficienti e tardivi. Quindi le strategie di mitigazione e gestione delle conseguenze, di anticipazione proattiva, di contenimento e resilienza diventano altrettanto prioritarie di quelle di neutralità climatica e transizione energetica. In questo duello epocale, i vigili del fuoco e tutte le strutture di intervento per la protezione civile sono fondamentali e probabilmente moltiplicare i volontari è una parte della soluzione, insieme agli investimenti sulle nuove tecnologie e mezzi.
“Molto tempo fa abbiamo stretto un’alleanza con il fuoco, ma siamo diventati avidi e quel patto di mutua assistenza oggi sembra essere sempre più un patto faustiano. Abbiamo avuto benefici di vario genere, ora il diavolo è venuto a prendere la nostra anima”, Stephen Pyne.
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