Le famiglie sinti di Gallarate restano in via Lazzaretto, alla fine deciderà il giudice civile
Due famiglie erano tornate sull'area attrezzata a Cedrate a giugno 2021, il Comune aveva tentato di sgomberarli ma il Tribunale aveva sospeso. Ora i provvedimenti vengono in parte annullati ma sarà il Tribunale civile ad avere l'ultima parola. Compensate fin qui le spese
Un anno dopo, le famiglie sinti sono ancora in via Lazzaretto, dopo che il Tar ha sospeso l’ordinanza di sgombero del Comune.
E adesso – a quattordici mesi dal ritorno delle famiglie in via Lazzaretto – i sinti incassano una mezza vittoria anche nel merito, ma saranno anche costretti a rivolgersi al giudice civile per l’ultima parola. In sostanza per sapere se possono o meno restare sull’area attrezzata create nel 2007 tra Cedrate e la Cantalupa di Cavaria
Così ha deciso la Sezione Prima del Tar della Lombardia, nell’esame di merito del ricorso presentato dall’avvocato Luca Bauccio nell’autunno 2021 e che aveva già portato – appunto – a sospendere lo sgombero delle famiglie da via Lazzaretto.
In sostanza il Tribunale aveva accertato che non era mai stata revocata l’ordinanza 344 del 2007, quella con cui l’amministrazione di Nicola Mucci aveva assegnato ai sinti l’area di via Lazzaretto (per la precisione il terreno al mappale 4816). L’ordinanza di allora parlava di provvedimento “a titolo provvisorio”: allora si pensava sarebbe stata questione di un anno, ” in attesa che i vari profili dell’unico problema (“nomadismo”) vengano affrontati e risolti col concorso sinergico delle competenze delle Autorità sovraordinate”. Ma l’ordinanza non fissava una scadenza e quindi formalmente era in vigore e – dice il Tar – il Comune avrebbe dovuto tenere conto, revocandola prima di sgomberare.
E appunto per questo i giudici avevano sospeso lo sgombero e poi avevano anche imposto anche al Comune di concedere l’allacciamento delle famiglie ai servizi di acqua e corrente elettrica (ripristinati da Enel, dopo il pagamento da parte delle famiglie del costo di attivazione).
La decisione nel merito? Rinviata al tribunale civile
Il 21 marzo 2022 il Comune ha depositato una relazione chiarendo che alla fine il mappale occupato dai ricorrenti era solo il 4816 (in origine erano indicati altri mappali vicini). Da due anni però il Comune ha inserito proprio quel terreno nel piano delle alienazioni immobiliari, vale a dire nella lista delle proprietà da mettere in vendita. E questo cambia il destino della vicenda giudiziaria, perché cambia la giurisdizione: una serie di sentenze di Cassazione e di Tar di altre regioni stabilisce infatti che un tipo di controversia su un terreno in queste condizioni debba passare al giudice civile.
Ed è per questo che l’ultima parola verrà dalla sede civile: il ricorso sul mappale 4816 è stato “dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo” e appunto rimandato al giudice ordinario, al tribunale civile dove (presumibilmente) proseguirà la questione.
Il ricorso delle famiglie sinti era poi contro lo sgombero da altri mappali , che in realtà – alla fine – non sono risultati occupati. E quindi, dice il giudice amministrativo, in questo caso il ricorso è fondato e viene accolto (il Comune non aveva “accertato neppure la corretta estensione delle aree occupate”) e vengono annullati i provvedimenti, anche se questo non ha conseguenze pratiche.
A distanza di un anno dunque le famiglie rimangono in via Lazzaretto ed eventualmente dovrà essere il giudice civile (a Busto Arsizio) a decidere. Nel frattempo le spese sono compensate, quindi ognuna delle due parti – le famiglie sinti e il Comune – pagherà le sue spese.
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