Le piante hanno sete e anticipano la caduta delle foglie per “limitare i consumi”
L'arrivo anticipato dell'autunno è spiegato dal professore associato di botanica dell'Università dell'Insubria Cerabolini che solleva il grande problema dell'impoverimento della terra

(Le foto sono state eseguite il 24 agosto scorso sulla strada da Como a Menaggio, tra Brenno e Lenno da Giovanni Di Leo)
La pianta è come una barca a vela: procede grazie al vento che gonfia le vele. Ma se quel vento aumenta, è meglio ridurne l’estensione per evitare di rovesciarsi. Così è la pianta con le sue foglie: dato che è la parte che perde maggior quantità di acqua, in caso di siccità l’albero si tutela riducendo la sua chioma.
Capita, in questi giorni, di vedere le piante perdere le foglie un po’ in anticipo rispetto al ciclo normale. L’autunno è alle porte ma manca ancora qualche settimana perché gli alberi si preparino all’inverno perdendo il fogliame. Il professor Bruno Cerabolini, professore ordinario di botanica all’Università dell’Insubria di Varese, spiega le ragioni di questo insolito comportamento legato proprio alla siccità.
«Gli alberi hanno bisogno delle foglie perchè è qui che avviene la fotosintesi – spiega il docente universitario – ma in carenza prolungata di acqua, si tutelano riducendo la parte dove è maggiore la dispersione. Se notate, gli alberi non stanno perdendo tutte le foglie ma solo una parte, perchè l’altra è essenziale per il processo clorofilliano. Diverso il discorso se l’albero mostra le foglie morte ancora attaccate ai rami: in quel caso è evidente che la sofferenza è stata repentina e forse letale in quanto l’albero non è riuscito a programmare e a gestire la caduta delle sue foglie, interrompendo le connessioni con il resto della pianta».

Il patrimonio arboreo del Varesotto è in sofferenza: «In generale – racconta il professor Cerabolini – ci sono specie arboree, come le querce o i faggi le cui foglie sono più pesanti e consistenti, più costose da costruire, che sono meno propense a privarsene, altre specie, come le robinie o gli aceri con foglie più leggere, spesso con una produzione quasi continua nel corso della stagione, queste si liberano più facilmente delle foglie in caso di crisi idrica prolungata, come negli anni di siccità. Ci sono ulteriori fattori che possono accelerare la sofferenza degli alberi come l’essere cresciuti in esposizione a sud o in ambienti umidi».
A preoccupare il professor Cerabolini sono proprio gli episodi come quelli che si stanno registrando questa estate perchè possono modificare la biodiversità: «La sofferenza di alcune specie rischia di creare “un buco” nella complessità del patrimonio arboreo di un luogo e favorire l’arrivo di specie differenti, più adattabili alle mutate condizioni climatiche. Il terreno, inoltre, sta perdendo parte della sua materia organica, che è poi l’humus che è in grado di trattenere l’umidità del terreno. Si sta assottigliando quella che possiamo considerare la spugna dei nostri terreni: se si riduce, le piogge in arrivo scivoleranno via e non penetreranno, creando danni senza riuscire a dissetare pienamente la vegetazione. Questo è il fattore più preoccupante anche perchè, diminuendo la materia organica del terreno, aumenta la produzione di CO2 nell’ambiente».
I boschi, i giardini, i prati, i campi stanno soffrendo. E le piogge potrebbero non bastare: «Purtroppo si stanno avverando quei problemi di cui si parla da anni. Ora dovremmo fermare un treno in corsa: è difficilissimo, soprattutto se la forza che ci mettiamo è minima»
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