Arrivano da Vienna per studiare il dna negli scheletri di Castelseprio
Pere Gelabert, ricercatore dell’università di Vienna, in questa campagna di scavi ha lavorato al fianco degli studiosi dell’università di Padova per avviare un’indagine paleogenetica sul cimitero di san Giovanni, studiando il dna degli scheletri rinvenuti a Castelseprio
«In passato, fino a vent’anni fa, quando si studiava un cimitero antico gli scheletri non si conservavano: non si conosceva la potenzialità delle informazioni presenti nelle ossa»: è il professor Gian Pietro Brogiolo, dell’università di Padova, a gettare uno sguardo sulla storia dell’archeologia, evidenziando una differenza rilevante sul modus operandi di decenni fa e quello attuale.
La ricerca scientifica tanto ha saputo fare per dotare gli archeologi di nuovi strumenti e nuove collaborazioni proficue con altre discipline, con il fine di disperdere dubbi e trasformarre supposizioni in risposte.
Pere GelabertE’ il caso di una delle grandi novità della campagna di scavi di questa estate: la presenza del ricercatore Pere Gelabert, dell’università di Vienna, che ha proficuamente lavorato al fianco degli studiosi dell’università padovana.
Cosa ha fatto Gelabert di tanto innovativo? Ha avviato l’analisi del dna degli scheletri ritrovati nelle tombe emerse dalla chiesa di san Giovanni a Castelseprio.
«Tutti noi deriviamo da una sola popolazione umana che lasciò il continente africano, abbiamo quindi una singola origine – premette lo studioso di origine spagnola, ma in forze all’ateneo austriaco – Attraverso lo studio del Dna antico è possibile arrivare a diversi obiettivi: comprendere l’imparentamento e la ricostruzione delle famiglie sepellite, recuperare antiche malattie infettive e ricostruire le diete del passato, questo grazie al materiale genetico rimasto nei denti degli scheletri.
Fra tombe antiche e analisi sismiche, a Castelseprio non si finisce mai di scavare
Fino ad oggi la ricerca genetica ha posto la lente d’ingrandimento sulle tombe dei più abbienti, di cui sono disponibili più tracce e reperti: è invece importante focalizzarsi sulle società non privilegiate, perchè la genetica dovrebbe raccontare la popolazione normale, non soltanto le classi più ricche».
La lezione del cimitero di Collegno
Galabert ha poi raccontato della grande lezione di ricerca derivata dagli studi sul cimitero di Collegno. Lì gli scavi per il comprensorio tecnico della metropolitana e quelli per l’ampliamento del cimitero di Collegno hanno portato in luce una necropoli gota, una longobarda e resti delle complesse trasformazioni del villaggio di capanne dell’alto medioevo.
«Dall’analisi del dna degli scheletri rinvenuti è stato possibile comprendere ad esempio come la classe dominante venisse dall’estero (con individui possessori di tombe più ricche) e le classi più umili dall’Italia centrale (con tombe meno ricche)».
L’indagine paleogenetica su Castelseprio
Adesso il focus dell’università viennese sarà focalizzato su Castelseprio e i resti rinvenuti nella chiesa di san Giovanni durante la campagna di scavi. L’obiettivo di questa ricerca paleogenetica sarà capire, ad esempio, cosa si mangiava, quali sono state le cause di morte, com’era composta la società e quali batteri fossero presenti nei corpi di chi ha vissuto in questi luoghi migliaia di anni fa».
La genetica al fianco dell’archeologia, dunque, per arrivare a comprendere sempre più informazioni di quello che è stato il nostro passato.
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