Fra tombe antiche e analisi sismiche, a Castelseprio non si finisce mai di scavare
Un approfondimento sulle nuove scoperte degli archeologi presenti a Castelseprio, intenti a scavare nella chiesa di san Giovanni. Ritrovata l’esistenza di una chiesa ancora più antica risalente all’Alto medioevo
Ogni anno arrivano da tutta Italia – e non solo – armati di piccone, trowel, pennellini e soprattutto tanta passione per il loro lavoro. Affrontano le intemperie climatiche e dedicano tutte le loro energie a scavare e osservare i reperti rinvenuti. Non sono supereroi, ma gli archeologi di diverse università italiane che cercano di far luce sul passato del prestigioso sito di Castelseprio, dal 2011 entrato di diritto fra i beni Unesco.
La ricerca e gli studi dei ricercatori stanno mostrando, di anno in anno, il loro forte interesse ad aprire gli scavi alla comunità locale, un modo per rendere chi risiede a Castelseprio e nelle aree limitrofe, consapevole delle ricchezze presenti in loco.
In correlazione a ciò, giovedì 8 settembre si è tenuto un incontro illustrativo, al cospetto delle Autorità, il sindaco sepriese Silvano Martelozzo e Sara Masseroli, della Direzione regionale Musei Lombardia – ente che fa capo al Ministero della Cultura e che segue il parco archeologico – un folto numero di presenti è stato ragguagliato sui risultati finora raggiunti dagli archeologi. «Un evento che fa da corollario alle tante celebrazioni per il decennale dell’inserimento di Castelseprio-Torba fra i beni Unesco – ha ricordato la medievalista, che ha moderato l’incontro – e racconta l’interesse delle Autorità a dare rilievo agli scavi archeologici che oggi, come in passato, testimoniano la rilevanza del sito».
Tanti scavi già dall’800
«La chiesa di San Giovanni è stata scavata già dal 1845 dal Corbellini, per conto dei proprietari, i conti Archinto di Milano, nel 1953-54 Mario Bertolone, fra il ’65 e il ’68 con Deiana – spiega il professor Gian Pietro Brogiolo – Nonostante questi scavi precedenti noi siamo qua per l’ennesima volta perchè ci sono delle questioni ancora aperte che richiedono il nostro intervento: cronologia, rapporti con il battistero, eventuale presenza di una chiesa più antica rispetto a quella sconosciuta. Analizzando quindi le strutture e le tombe ritrovate possiamo individuare le tappe della cronistoria della chiesa conclude il professore, puntando i riflettori sul lavoro che gli archeologi hanno svolto durante questa estate di scavi».
Ritrovate nuove tombe, ancora più antiche
Ad entrare nel dettaglio delle nuove informazioni rinvenute è la professoressa Alexandra Chavarria, dell’Università di Padova.
«Rispetto allo scorso anno abbiamo confermato diverse scoperte degli anni precedenti e siamo arrivati alla comprensione di tutta una serie di nuovi elementi. Ad esempio sono stati individuati più livelli dell’età del bronzo finale in diversi punti dello scavo: a Castelseprio nei precedenti scavi erano stati trovati frammenti di ceramica, fusarole del 1000-1200, ma pensavamo fossero materiali dispersi, forse provenienti da altre aree. Possiamo ora confermare che sotto la chiesa di san Giovanni è invece presente un insediamento precedente la storia finora conosciuta» .
«Abbiamo trovato piccole evidenze di una chiesa antecedente, ribattezzata chiesa uno, e contemporanea al battistero. A riprova di ciò, sono state individuate delle tombe più in basso rispetto a quelle finora conosciute, quindi è probabile che sotto le tombe già analizzate – risalenti al periodo basso medievale – ve ne siano altre più antiche, ancora chiuse, risalenti al periodo altomedievale tardo antico.
Le tombe ritrovate sono appartenenti all’aristocrazia del territorio, clero e cavalieri: lo si comprende dai reperti rinvenuti e dalla conformazione dei sepolcri stessi, intonacati di rosso e costruiti insieme alle murature, previsti quindi nel progetto iniziale dell’epoca».
Indagini ingegneristiche a disposizione degli archeologi
Ad avvalorare questa ricerca, l’inserimento del team di studio della professoressa Maria Rosa Valluzzi, dell’università di Padova, che ha impreziosito il lavoro degli archeologi grazie all’inserimento di competenze ingegneristiche.
«Il nostro scopo è quello di integrare le indagini in corso con uno studio sulla vulnerabilità sismica delle strutture. Anche se questa zona della valle Olona è giudicata poco sismica, questo non significa che nel passato non ci siano stati eventi di notevole entità. Stiamo verificando le sollecitazioni ambientali e utilizzando tecniche similari a “un’ecografia o una tac” che captano le vibrazioni: una verifica attenta della compattezza delle sezioni con una diagnostica strutturale che, attraverso le onde soniche, permettono di capire se c’è un vuoto all’interno delle mura».
Tante università diverse, ma anche i bambini sugli scavi
Diversi strumenti, dunque, ma anche un lavoro esteso ad altre facoltà, con la voglia di condividere il piacere dell’indagine su un sito così importante per l’archeologia. Lo racconta la professoressa Chavarria: sta lavorando al nostro fianco Pere Gelabert, dell’università di Vienna, che si occupa di indagini paleogenetiche sugli scheletri ritrovati nello scavo.
Arrivano da Vienna per studiare il dna negli scheletri di Castelseprio
Inoltre abbiamo coinvolto per la prima volta anche studenti di altre università, come la Cattolica di Milano e gli atenei di Napoli e Torino. Sono venuti anche dei bambini, che abbiamo impiegato in alcune attività come il lavaggio dei cocci, con il professor Brogiolo e il professor Deiana, che ha messo la sua lunga esperienza a disposizione di chi è venuto a darci una mano» chiosa Chavarria, mostrando come l’attenzione verso Castelseprio resta, ogni anno, un’emozione e un’impegno che gli archeologi vogliono condividere con i sepriesi e chiunque arrivi al parco archeologico con curiosità e interesse.
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